Spada o Rete di Marco Belpoliti

Spada o Rete Spada o Rete Nella cultura umana si fronteggiano due modelli: il reziere ed il gladiatore. Oggi chi vincerà? LA STORIA Marco Belpoliti DUE sono le storie sull'origine della Rete. Nella prima sono i consulenti della Rand Corporation a suggerire al Pentagono nel 1962 un sistema di comunicazione no centrai authority, in funzione di una possibile guerra nucleare. Nella seconda sono i ricercatori di alcune università americane e britanniche che nel 1969, finanziati dall'Arpa, l'agenzia di ricerche del Pentagono, realizzano la prima rete che collega vari centri universitari di ricerca americani: Arpanet. Le date successive di questa vicenda sono: la nascita della posta elettronica nel 1971 a opera di Ray Tomlinson, che impone anche l'uso di @, il latino ad, e il 1982, anno in cui si inizia a parlare di Internet, la rete delle reti, che collega Arpanet alle altre reti. Enrico Pedemonte ha raccontato di recente in Personal media (Bollati Boringhieri, pp. 210, L. 35.000) in modo sintetico ed efficace la storia di un'utopia, quella fondata sulle nuove tecnologie, che ha fatto sì che «i computer da strumento tecnologico si siano trasformati in un fatto umanistico», bucando di fatto la corazza umanistica delle nostre società europee. Sull'argomento torna il recente numero della rivista filosofica «aut aut», «Gettare la rete. Parole e realtà nell'epoca di Internet», a cura di A. M. Morazzoni (n.289-290, pp. 220, L. 28.000) che inizia con queste parole: «Anche quelli che esitano, e magari credono opportuna una piccola difesa personale, non possono negare che con Internet è iniziata un'epoca, dentro la quale ormai siamo tutti, lo si voglia o no. Per tutti è importante saperlo. Ma cosa significa?». La parola chiave di quest'epoca è la parola rete che rimanda a una serie di oggetti, forme, immagini e metafore assai diverse: dalla rete da pesca e caccia, al tessuto, per restare ad alcune delle più antiche attività umane dove la rete è associata ai nodi, ma anche ai pattern architettonici e matematici o alle reti neuronali. Nella filosofia moderna il tema della rete debutta con Leibnitz, il filosofo che per primo parla di reti e connessioni, come ha messo in evidenza Michel Serres alla fine degli Anni Sessanta nei suoi studi sul tema della comunicazione, dell'interferenza e della traduzione nella serie di volumi dedicati a Hermes, il die degli scambi e dei commerci, vera divinità dell'epo¬ ca postmoderna. Se la storia di questa «utopia concreta» ha inizio nel continente americano con l'articolo di Vannevar Busch, As We May Think, ingegnere del Mit ossessionato dal problema di organizzare le informazioni, in cui enuncia il progetto di una macchina individuale per archiviare e personalizzare la conoscenza, per proseguire con Norbert Wiener e la sua nuova scienza, la cibernetica, anche sul versante europeo sono molti i pensatori e gli studiosi che si sono impegnati, a partire dagli Anni Cinquanta, nella ricerca di modelli culturali al di là della classica divisione tra cultura umanistica e cultura scientifica (a uno di loro, Gregory Bateson, «aut aut» ha dedicato un interessante numero monografico). Nell'Enciclopedia Einaudi, vero punto di incontro negli Anni Settanta-Ottanta tra differenti filoni di ricerca, il matematico Pierre Rosenstiehl firma la voce Rete, dove ipotizza l'esistenza di un uomo-rete che risparmia dettagli inutili, che prende in considerazione solo alcune connessioni, quelle utili alla soluzione del suo problema. Questo uomo gioca «con le alternative in cammino, con la commutazione», come dicono i telefonisti. E può ignorare tranquillamente che un volo Parigi-Algeri sorvola il Mediterraneo. Rosenstiehl sottolinea che una rete è prima di tutto costituita da nodi che possono essere oggetti qualunque: luoghi, memorie, centri di smistamento o di corrispondenza, macchine per l'informazione. Se provassimo a riassumere le caratteristiche della Rete descritta da Pedemonte e dal numero di «aut aut», dovremmo dire che la Rete è prima di tutto a-centrata, priva di un centro. I suoi inventori pensavano a messaggi da inviare che fossero suddivisi in pacchetti di dati e che ognuno di questi poteva seguire un percorso qualsiasi, a patto che sapessero mettersi autonomamente in ordine per divenire leggibili alla fine del tragitto. Questo significa che la rete è non-gerarchica, ma ogni nodo equivale all'altro. E' la fine del principio sequenziale o, come scrive Rosenstiehl, nella rete ogni cosa è legata all'altra, anche se mancano nodi che collegano aree adiacenti, il collegamento avviene attraverso lontane connessioni. Per questo il rapporto tra globale e locale è ribaltato a vantaggio del locale: è lo schema tipico in cui le trasformazioni d'insieme sono descritte da trasformazioni locali. Il terzo elemento è la prevalenza dell'elemento orizzontale su quello verticale, della superficie sulla profondità, come spiega Rosalind Krauss in Griglie, saggio sul tema della griglia nell'arte contemporanea a partire dalle opere astratte di Mondrian degli Anni 20 (importante scritto degli Anni 70, tradotto solo di recente nel secondo numero di «Ipso facto»). Il quarto elemento della Rete su cui si insiste molto, anche per evidenti ragioni giuridiche e politiche, è quello della sua extraterritorialità. La Rete non è legata a un territorio o a un luogo, ma ne prescinde: supera anche le organizzazioni territoriali come gli Stati o le Nazioni. L'idea di cyberspazio coniata da William Gibson nel 1984 ha esattamente questo significato. 11 numero di «aut aut» testimonia che questi aspetti non sono più solo il patrimonio di fanatici tecnologi o di informatici incalliti, ma i temi della rete e di Internet sono condivisi da ampi settori di quello che un tempo era definito il mondo umanistico. Del resto negli Anni Sessanta il paleontologo e antropologo André Leroi-Gourhan - autore di uno dei libri più importanti del dopoguerra, «11 gesto e la mano» (Einaudi), dedicato ni rapporto tra la mano e il cervello, ma anche all'arte, all'estetica, all'organizzazione sociale del tempo e dello spazio - metteva bene in luce come sia stata proprio la mano nel corso dell'evoluzione umana a segnare il progresso: dalla mano manipolatrice, in cui gesto e utensile si fondono, alla mano in motilità diretta, che è quella del marinaio che fa nodi o della donna che intreccia fili di lana, alla mano in motilità indiretta, dove la mano svolge la funzione di impulso motore, sino ad arrivare alla mano che dà avvio al processo motore premendo un pulsante o al processo programmato, dove a «lavorare» sono invece le macchine automatiche. Leroi-Gourhan scriveva in un'epoca in cui non esistevano ancora i personal computer, ma la sua idea di taidoumanista è quella di una umanità che esteriorizza progressivamente la propria memoria: dal libro al taccuino e al catalogo, tra il XVI e il XIX secolo, fino alle schede dei grandi elaboratori elettronici della seconda metà del XX. Sono artefatti cognitivi la matita, la carta, le calcolatrici e naturalmente i computer, ma anche i nodi peruviani, i quippu, che servivano per scrivere e calcolare, o i nodi Maori Ila lettura, la logica, la matematica e il linguaggio sono invece per Norman degli artefatti mentali). Più ip generale tutte le cose inventate dall'uomo nel corso della sua evoluzione per potenziare il proprio pensiero sono degli artefatti. Seguendo la storia dell'uomo descritta da Leroi-Gourhan, che abbraccia l'arco di oltre un milione d'anni, o quella più breve di Norman, che risale al massimo a un paio di centinaia d'anni fa, si ha l'impressione che non esistano veri salti, ma solo una lunga continuità. E' proprio cosi? Uno studioso di geometria e colore, Narciso Silvestrini, autore di un solo libro a stampa, ma scritto a mano, amato da Bruno Munari («Colore: codice e norma», Zanichelli! sostiene che nella cultura umana vi sono due modelli che si fronteggiano, modelli esemplificati dai combattenti del circo romano: il reziario, dotato di rete, e il gladiatore, munito di spada. Uno cattura avvolgendo, l'altro colpisce recidendo e penetrando. Questi sono anche i due modi della esplorazione geografica, ciucila che segue i profili delle coste e le circumnaviga, la portoghese, e quella che invece risale i fiumi e penetra nel cuore del paese, crucila inglese; o ancora della conoscenza del colore: Goethe, per il quale il colore si dispone sulla circonferenza, e Newton, che pensa il colore come un fenomeno diametrale. Quali; dei due modelli finirà per prevalere? Difficile dirlo, ma certo l'idea di rete è più vicina a una cultura che avvolge che non a una cultura che recide, pur con tutti i rischi di standardizzazione e omologazione che essa comporta. uelli che esitano, e magari credoo opportuna una piccola difesa ersonale, non possono negare he con Internet è iniziata un'epoa, dentro la quale ormai siamo tti, lo si voglia o no. Per tutti è mportante saperlo. Ma cosa signica?». La parola chiave di que'epoca è la parola rete che rimana a una serie di oggetti, forme, mmagini e metafore assai divere: dalla rete da pesca e caccia, al ssuto, per restare ad alcune del più antiche attività umane dove rete è associata ai nodi, ma nche ai pattern architettonici e matematici o alle reti neuronali. Nella filosofia moderna il tema ella rete debutta con Leibnitz, il losofo che per primo parla di reti connessioni, come ha messo in videnza Michel Serres alla fine egli Anni Sessanta nei suoi studi ul tema della comunicazione, delinterferenza e della traduzione ella serie di volumi dedicati a ermes, il die degli scambi e dei ommerci, vera divinità dell'epo¬ ta da Pedemonte e dal numero di «aut aut», dovremmo dire che la Rete è prima di tutto a-centrata, priva di un centro. I suoi inventori pensavano a messaggi da inviare che fossero suddivisi in pacchetti temi della rete e di Internet sono condivisi da ampi settori di quello che un tempo era definito il mondo umanistico. Del resto negli Anni Sessanta il paleontologo artefatti. Seguendo la storia l'uomo descritta da Leroi-Grhan, che abbraccia l'arco di un milione d'anni, o quellabreve di Norman, che risalmassimo a un paio di centid'anni fa, si ha l'impressionenon esistano veri salti, ma una lunga continuità. E' procosi? Uno studioso di geometcolore, Narciso Silvestrini, audi un solo libro a stampa, scritto a mano, amato da BrMunari («Colore: codice e normZanichelli! sostiene che nellatura umana vi sono due moli che si fronteggiano, moesemplificati dai comtenti del circo rono: il reziario, dto di rete, e ildiatore, munispada. Uno cara avvolgel'altro colprecdo e penedo. Questi sono ai due modi della esplorne geografica, ciucila che seprofili delle coste e le circumga, la portoghese, e quellainvece risale i fiumi e penetrcuore del paese, crucila ingleancora della conoscenza del re: Goethe, per il quale il coldispone sulla circonferenzNewton, che pensa il colore un fenomeno diametrale. Qdei due modelli finirà per prere? Difficile dirlo, ma certo di rete è più vicina acultura che avvolge che una cultura che recidecon tutti i riscstandardizzazione e oi h

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