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Gelo, agguato dal barbiere Ucciso fratello di tre pentiti Sotto il fuoco dei sicari è caduta un'altra persona Gelo, agguato dal barbiere Ucciso fratello di tre pentiti GELA Il pastore Emanuele Trubia, 27 anni, fratello di tre pentiti della mafia gelose, è stato assassinato con un amico, Salvatore Sultano, di 23 anni, pochi istanti dopo essere entrato in una sala da barba. Un'esecuzione in piena regola, con una rivoltella 38 special e una pistola automatica. Due i killer, che hanno agito con il viso scoperto, nella loro missione di morte, che non ha lasciato scampo alle vittime. Terrorizzato e ancora sotto choc, il barbiere, Fabio Pizzardi, è stato subito scortato in caserma. Qui i carabinieri lo hanno interrogato a lungo. Trubia e Sultano sono giunti a piedi verso le 16,30 nella sala da barba in via Pignateiii nel centrale quartiere San Giacomo. Un «ciao» veloce a Pizzardi e non hanno fatto neppure in tempo a sedersi che già gli assassini esplodevano un colpo dopo l'altro da un paio di passi di distanza, prima di fuggire tra le urla di raccapriccio aei passanti. «Fermi tuttil», ha urlato uno dei due, facendosi largo tra la gente. Un delitto spietato, che fa risprofondare Gela nel cupo clima di terrore che per lunghi anni non ha abbandonato i suoi 85 mila abitanti, 18 mila dei quali disoccupati fra i quali alla mafia non riesce affatto difficile reclutare la sua manovalanza pronta a tutto. Gli inquirenti ovviamente hanno subito messo in relazione l'agguato con la decisione di collaborare con la giustizia e di voltare la faccia a Cosa nostra, presa prima da Salvatore Trubia (sei anni fa) e più di recente dai suoi fratelli, Orazio e Giuseppe. In particolare Salvatore ha rivelato l'organigramma della cosca facente capo a Giuseppe «Piddu» Madonia, che fu catturato anni fa dopo sette anni di latitanza in una villa vicino a Vicenza, (a.r.)