« La sua rivista muore con lui »
« La sua rivista muore con lui » « La sua rivista muore con lui » Tra i redattori di «George» sgomenti Andrea di Robilanl iriviatoaNEWYORK Al numero 1633 di Broadway, il grande palazzo di vetro nero dove il mensile «George» ha il suo quartier generale, i passanti si soffermano a ricordare John Kennedy junior, che fondò la rivista quattro anni fa. Anche qui, come di fronte alla sua casa a Tribeca, sulla spiaggia di Martha's Vineyard, al cimitero di Arlington, la gente lascia biglietti e mazzi di fiorì. Ma il santuario sorto spontaneamente davanti all'edificio qui a Broadway finisce anche per acquistare, inevitabilmente, un significato in più. Come se la fine prematura di John Kennedy junior prefigurasse anche la fine di «George» - la rivista che stava tenacemente ma anche disperatamente cercando di tenere in vita. In attesa che la sorella Caroline e la Hachette-Filipacchi, ognuno con il 50 per cento della società editrice, decidano se chiudere subito e limitare i danni oppure tentare quel rilancio per il quale John si stava battendo da mesi, un'atmosfera da veglia è calata al 41esimo piano, dove i redattori di «George» • si aggirano con aria sperduta. Le prospettive non sono affatto buone. Lunedì è arrivato in edicola l'ultimo numero della rivista • un numero debole, che difficilmente avrebbe fermato il calo delle vendite (è probabile, dicono alcuni analisti, che le vendite di questo mese si rivelino più alte del solito a causa della pubblicità generata dalla tragedia). «Temo che la rivista sia morta con John», ammette un dirìgente della Hachette-Filipacchi. John Kennedy voleva che la rivista camminasse da sola. Sapeva che il suo nome avrebbe aiutato a vederla nascere. «Ma dopo i primi numeri vedrete che ce la farà», disse nel 1995. E invece era rimasta indissolubilmente legata a lui. Tanto che alcuni si chiedevano, senza ironia, se non sarebbe stato meglio chiamarla semplicemente «John» anziché «George», in riferimento al primo presidente degli Stati Uniti. ' Era orgoglioso del primato che aveva raggiunto: 405 mila copie, «Siamo la rivista politica più diffusa in America», disse recentemente. «Non mi sembra un risultato da poco». Ed effettivamente era riuscito «a rendere la politica più sexy», con un mix di Washington, New York e Hollywood. Ma ì numeri dicono anche un'altra cosa. Negli ultimi sei mesi del 1998 la vendita in edicola era crollata del 28 per cento. E nei primi sei mesi di quest'anno la pubblicità era calata di un terzo. E questo trend si era consolidato in un perìodo generalmente favorevole all'editoria. Hachette-Filipacchi era poco convinta ad andare avanti. Ma John Kennedy non voleva mollare (pare tra l'altro che uno dei motivi per cui aveva deciso di non candidarsi al Senato nel Duemila fosse proprio l'impegno a tempo pieno nella rivista). Nelle ultime settimane aveva avvicinato la banca d'investimenti Goldman Sachs alla ricerca di nuovi partner. C'erano stati contatti anche con il gruppo Condé Nast e la Kohlberg, Kravis e Roberts, società specializzata nei finanziamenti per l'acquisto di pacchetti azionari (leveraged buyouts). Ed era circolata l'ipotesi di fondere la rivista con «Brill's Contenti», un mensile patinato che fa le pulci ai giornalisti un pò come «George» le fa ai politici. Con la scomparsa di Kennedy si dovrà ricominciare da zero. «Per adesso non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione», dice Paolo Cesana, responsabile per le vendite in Europa. «L'unica cosa certa è che John aveva già definito i numeri di settembre, ottobre e novembre, e quei numeri usciranno. Per il resto non sappiamo nulla». Coppia glamour e cosmopolita John e Carolyn erano ospiti ambiti di tutti gli eventi mondani
Persone citate: Filipacchi, John Kennedy, Kennedy, Kravis, Paolo Cesana
Luoghi citati: Arlington, Europa, Hollywood, New York, Stati Uniti, Washington
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