Vittorio Emanuele: Italia razzista di Pierangelo Sapegno

Vittorio Emanuele: Italia razzista Conferenza stampa a Parigi del principe: se Strasburgo ci dà ragione, Roma sarà spiazzata Vittorio Emanuele: Italia razzista «Soloper i Savoia esistono ancora le frontiere» Pierangelo Sapegno inviato a PARIGI Possiamo dire: i Savoia cambiano linea? Vittorio Emanuele: «No, perché?». Algido sorriso. Le lettere di Umberto II, fotocopie, carte seppiate, ricordi, 53 anni che vanno e che vengono. L'Italia che ritorna, l'Italia che si ferma. E perché ricorrere a Strasburgo, perché rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell'uomo? Stesso sorriso: «Dopo 53 anni d'esilio, ci sembra di aver aspettato tanto». Ma al governo oggi non c'è più Prodi e il presidente della Repubblica è Ciampi che votò contro di voi due anni fa: solo coincidenze? «Ma no, non c'entra niente». Il sorriso non c'è più. Come aveva annunciato in conferenza stampa: «E' un'azione dolorosa e ho molto riflettuto prima di compierla. Sono stato costretto». E' cominciata così, Hotel Le Bristol, cuore di Parigi, cielo del Nord sopra di noi, «oh, come ci manca il Sud» sussurra Emanuele Filiberto: ore 10,30, i Savoia puntualissimi come svizzeri, Marina Doria a destra, in mezzo Emanuele Filiberto e poi Vittorio Emanuele. Annunciano e spiegano il ricorso alla Corte Europea: se Strasburgo dice sì, «l'Italia è spiazzata». Non servirebbe cambiare la Costituzione? «Esatto. La XIII disposizione decadrebbe automaticamente». Nel luglio parigino è rimasta questa speranza in casa Savoia. La legislatura comincia a correre via. Il disegno di legge s'è impantanato: «Ci dicono che hanno tante cose da fare». E negli anni che scivolano dietro «l'unica cosa che non cambia è il nostro esilio». Così, loro non lo ammettono, ma hanno finito per soccombere alle insistenze di tale onorevole An, Enzo Trantino da Catania, che sgomitava da un pezzo per imboccare la strada polemica e ribollente che porta a Strasburgo. Speranza che smuore, mentre non c'è nemmeno più Scalfaro sullo scranno del Quirinale a garantire qualcosa, «l'unico Presidente1 che ci ha scritto una intera lettera di suo pugno». Vada così allora, «dopo 53 anni di esilio e dopo gli innumerevoli disegni di legge presentati e mai conclusi». La via è ancora legale, sottolineano i Savoia. Solo che stavolta si va all'attacco. Vittorio Emanuele: «Lo Stato democra tico ci ha reso perseguitati politic privandoci dei diritti più elementa ri e ci assimila a condizioni da tribù primitive». Il principe ricorda che De Gasperi aveva promesso a re Umberto solo pochi mesi d'esilio. Stupore degli astanti. La prova? Una lettera da Umberto, 17 giugno 1946, a Falcone Lucifero, ministro della Real Casa: «Eccoci in Portogallo. Ripenso alle ultime ore di Roma, a quando mi fu detto che allontanandomi per poco dalla città, tutto sarebbe stato più semplice». Secondo Sergio Boschiero, segretario della Federazione Monarchica, forse non era nemmeno un «trucco», come lo definiva il re: «De Gasperi teneva per Umberto, lo disse all'onorevole Siles, sindaco di Reggio Calabria: speriamo che vinca la monarchia, perché Umberto è una brava persona». Però, il tempo è passato e i pochi mesi sono diventati 53 anni. «Ogni volta sembra imminente il rimpatrio ma, poi, puntualmente salta su qualcuno che si oppone», dice Vittorio Emanuele. Così ribadisce, per l'occasione: uno, «con- danno fermamente e senza attenuanti le leggi razziali; sono contro ogni forma di razzismo e mi inchino alle vittime dell'Olocausto»; due, «eventuali responsabilità di mio nonno non possono essere addebitate a me o a mio figlio: per noi non è ancora arrivato Schengen, siamo gli unici europei per i quali esistono ancora le frontiere. Questo è razzismo puro e discriminazione su basi genetiche contro di noi»; tre, «per quanto riguarda il giuramento di fedel¬ tà alla Repubblica, credo che possa bastare la nostra dichiarazione di lealtà, verso lo Stato italiano e le sue leggi che io e mio figlio ribadiamo solennemente in questa sede»; e quattro, «per quel che riguarda la polemica degli archivi, non vi è più alcun documento da consegnare». Sorrisi da conferenza. Stanno racchiusi come in un'ampolla, mentre Emanuele Filiberto assicura che non ci sono blitz alle porte: «Perché purtroppo vogliamo ri¬ spettare la legge italiana. Dico purtroppo perché non dovrei, visto che loro non ci hanno rispettato» . Che cosa pensa della Repubblica?, chiedono a Vittorio Emanuele, che vorrebbe tanto parlare della Svizzera: «La Repubblica è crucila che è. E' lì. E mi auguro ogni volta che c'è un nuovo Presidente, che la nostra figura sia sempreportatapiùsu». Ha mandato a Ciampi le congratidazioni? «Sì come sempre». Che ne pensate di Ciampi? Emanuele: «Speriamo che diventando Presidente abbia cambialo idea». Vittorio Emanuele: «Che sia sopra le parti». La conferenza finisce, e com'è Imitalo il nostro Sud: a Parigi sembra iettembre. Un giornalista straniero chiede quasi incredulo a Emanuele Filiberto; ma perché volete tanto tornare? Non state bene in Svizzera? «Perché sono italiano», risponde Emanuele Filiberto. E' un fatto romantico? «Forse. Io ricevo 300 lettere al giorno dall'Italia. Molte mi parlano del mio Paese. E' vero, alcune sono di insulti». Di che tipo? «Gli scemi ci sono dappertutto» Perché è juventino? «Anche». Lei sogna di essere il re d'Italia? «Non ho mai sognato di essere re. Sogno di poter tornare in Italia, questo sì». Ma l'ideale monarchico oggi che valore ha? «Dipende. Credo che la forma monarchica possa anche rappresentare l'unità del popolo. Penso a una monarchia costituzionale come in Spagna, che sta andando molto bene con un re fantastico». Ultimo saluto prima di riapparire molto parigino, in jeans e scarpe da basket: «Ritengo normale essere il 20 agosto del 2000 a Roma per il Giubileo». Non abbiamo capito se era una promessa. «E1 un'azione dolorosa ricorrere alla Corte Europea, ma dopo 53 anni di esilio ci sembra di aver aspettato tanto» «Lo Stato democratico ci ha reso perseguitati politici, privandoci dei diritti elementari, e ci assimila ai primitivi» SA.H. ffllV IVI! MllDRlOiM.WIll I 1>1 Vittorio Emanuele durante la conferenza stampa tenuta iet i all'Hotel Le Bristol, nel cuore di Parigi, insieme con il figlio Emanuele Filiberto e la moglie Marina di Savoia: "Ogni volta sembra imminente il nostro rimpatrio, ma poi, puntualmente, qualcuno si oppone»