I generali avvertono Khatami di Mimmo Candito

I generali avvertono Khatami I generali avvertono Khatami Lettera alpresidente: basta tolleranza reportage Mimmo Candito Inviato a TEHERAN Ieri i generali dei Pasdaran hanno fatto sapere d'essere Stufi, "Basta» hanno detto con impazienza, loro che sono i duri dei duri. «Basta con questi studenti e questa tolleranza, o sarà troppo tardi». Tira aria brutta, in un Paese, quando dalle caserme si sente il rumore delle sciabole. Quando poi quel Paese - com'è oggi l'Iran (leve sopravvivere nella provvisorietà permanente che i processi rivoluzionari impongono alle istituzioni, allora ogni malumore dei militari disegna già l'ombra del colpo di Stato. Tecnicamente, rpii ancora restiamo a qualche buon metro dal golpe; ma questa drammatica invasione di campo sta soffocando lo spazio della politica, e ha già ucciso la divisione dei poteri. Dalla minaccia a, poi, i carriarmati in strada, il percorso nella storia non è stato mai lungo. Torna a riproporsi in Iran il destino tragico di tutto le rivoluzioni di questo secolo, che da Pietrogrado all'Avana e ora a Teheran (ma aspettiamo pure l'echino) - denunciano l'incapacità di assorbire la crisi dei processi di modernizzazione della società, e s'incagliano fino all'inevitabile suicidio (piando raggiungono la tappa (iella evoluzione riformista. La «strategia della tensione» che ha fatto già li cadaveri eccellenti e intossica il clima politico di questa città va piazzando ora nuovi ostacoli sul cammino del presidente Khatami, eletto su un programma di profonde riforme; e arriva anche il monito degli studenti contestatori che avevano chiesto una più rapida perestrojka islamica: «Attenzione - hanno detto ieri - noi potremmo anche essere l'ultima generazione che sceglie la strada del negoziato con il potere. Dopo di noi, potrebbe arrivare il diluvio». Khatami, come un tempo Gorbaciov, sente la tenaglia delle contraddi /.ioni stringergli i passi, ridili" gli ogni spazio di manovra. Nessuno sa ora la continuazione di questa storia. In una rivoluzioni.', i confini tra il potere dei militari e quello della politica non è mai molto netto. E che un pugno di generali entri nel confronto politico come l'elefante nella cristalleria potrebbe anche apparire, alla fine, un malanno fisiologico a quella indeterminatezza dei ruoli. l'ero qui si è andati ben al di la della fisiologia di una rivoluzione, e per due ragioni che incidono dram magicamente sulla prospettiva di questo «pronunciamento». La prima è che i Pasdaran sono l'immagine stessa del khomcinismo, la sua identità mistica ( ribello, la sua purezza ideologica. Se loro scendono in campo, con quelle barbe nere, la bandiera della militanza, l'orgoglio di un compito ultimo di «guardiani» che lo stesso ayatollah gli aveva delegato, allora chiunque gli si motta contro rischia di restarne schiacciato. «Onorevole presidente Khatami - hanno scritto i 24 generali - milioni di persone che hanno sofferto per far trionfare la nostra rivoluzione osservano oggi con occhi preoccupati e stupefatti il silenzio, la trascuratezza, e la faciloneria, di rappresentanti istituzionali che occupano il posto grazie al sangue di migliaia e migliaia di martiri». Sono parole offensive, durissime, uno schiaffo in faccia ad un presidente che oggi può stare sulla sua poltrona grazie a loro, i l'asdaran, e alle loro battaglie estreme nello acque di Khohrrnmshar e nelle forre di Mehran. Ma c'è di peggio. La lettera dei generali rivoltosi, che era confidenziale, classificata come «documento segreto», è sta la pubblicata dal giornale «Kayhan» (Universo), che non è un giornale come lutti gli altri: più o meno come per 1 «Osservatore Romano» e il suo rapporto con il Vaticano, anche per Kayhan il direttore viene scelto e nominato esplicitamente dalla Guida Suprema, l'ayatollah Khamenei. Ma Khamenei è l'avversario (simbolico, però poi non tanto simbolico) dei progetti riformisti di Khatami, e allora davvero se si arriva a queste trappole spregiudicate la lotta per il potere che viene combattuta a Teheran somiglia crudelmente alle guerre che tra religione e potere - traversa¬ rono senza alcuna pietà i secoli bui del Medioevo, fin dentro i corridoi oscuri dei Borgia. Khamenei non è un papa, ma anche i corridoi degli antichi palazzi dei Safavidi a Teheran hanno ombre dove non è prudente avventurarsi. Ad aggiungere qualità e peso alla minaccia («Presidente, tu devi agire oggi, subito, perché domani sarà troppo tardi. E il pentimento di domani non servirebbe a salvarti»), basta andare in fondo alle 4 fitte pagine della lettera dei ribelli, e leggere i nomi dei firmatari: Ali Shmadian, Jafar Assadi, Mohammed Baqeri, Aziz Jafari, Gholamreza Jalaìi, e via via tutti i comandanti delle potenti forze armate dei Pasdaran, esercito, marina, aviazione, servizi informativi, formazione Basij, il vice capo di Stato Maggiore, la 41.ma divisione Sarallah, la 25.ma divisione Nasr, la 27.ma divisione Rasul ul Allah. Questo vuol dire che la lettera esprime il potere di tutte le formazioni direttamente operative dei Pasdaran, non i burocrati ma quasi un milione di soldati con l'anima e lo spirito del miliziano. Manca, in fondo all'ultima pagina, soltan¬ to la firma del comandante in capo, Raljym Safawi; però il giorno in cui leggeremo anche quel nome, allora il colpo di Stato sarà già consumato. C'è oggi una consapevolezza di tutti che si è davvero a pochi passi dall'avvitamento di una spirale irrecuperabile. Gli stessi studenti, che ieri nella loro prima conferenza stampa hanno riportato in superficie certe antiche pratiche della Sorbonne o di Palazzo Nuovo, hanno voluto non tirarsi indietro, di fronte all'improvviso aggravamento della crisi. «Anche noi abbiamo paura di un colpo di Stato», ha detto il loro leader, Ali Afshari. «Ormai ci sono tutti gli elementi del golpe: si vuole creare uno stato di tensione militare, una situazione di emergenza che cancelli il voto di febbraio». A febbraio, le elezioni politiche dovrebbero far nascere, presumibilmente, un Parlamento riformista, opposto a quello conservatore di oggi. «Cerchiamo tutti di non fare diventare quelle urne la bara della libertà», ha detto Ali, nella piccola aula soffocante, affollata di giornalisti. Era un messaggio accorato al mondo. Il giornale più vicino a Khamenei pubblica un documento riservato dove ventiquattro alti ufficiali deplorano il clima di incertezza in cui i riformisti avrebbero fatto cadere l'Iran «Ricordatevi, dovete tutto ai martiri della rivoluzione» I PRETORIANI SC^ Una manifestazione nel centro di Teheran di pasdaran fedeli alla guida suprema della rivoluzione islamica, l'ayatollah Khamenei Il leader degli studenti, Ali Afshari, al centro nella fotografia durante la conferenza stampa di ieri, ha denunciato il rischio di un colpo di Stato IIla udddinav«Ra

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