«Ma D'Alema ora decida»
«Ma D'Alema ora decida» «Ma D'Alema ora decida» Benedirli (Assolombarda): fischiamo di perdere il treno Claudia Arletti «Di sicuro, Ciampi sta contribuendo a rasserenare il clima. Ora vedremo come si comporterà il governo davanti alle barricate tirate su dal sindacato...». Cosi Benito Benedini, 64 anni, imprenditore del settore chimico e metalmeccanico e presidente dell'Assolombarda, commenta l'ultima iniziativa del capo dello Stato, che ha convocato le parti sociali e, ieri, ha incontrato sia Pietro Larizza sia Sergio D'Antoni. La tensione tra esecutivo e sindacati sembra essersi allentata. Lei pensa che l'intervento del presidente produrrà effetti concreti? «Mi è accaduto di incontrare molte volte, in passato, Ciampi, quando era presidente del Consiglio e, in tempi più recenti, ministro dell'Economia: trovo la sua iniziativa giusta, positiva e utile, perché lui è stato protagonista della politica di risanamento che ci ha portato, da subito, nell'euro; gode di un grande prestigio internazionale e tutti gli riconoscono sensibilità e rettitudine...». E quindi? Cosa accadrà? «Quindi, sia sul piano formale sia sul piano sostanziale, il fatto che il presidente ora voglia vedere i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, mi sembra importante; per di più, conoscendo Ciampi, non penso in alcun modo che ciò rappresenti uno scavalcamento del governo, come invece qualcuno ha scritto. Con lui, come si è visto, il metodo della concertazione ha sempre dato buoni frutti e, dunque, non sorprende che lo ritenga ancora valido». Anche D'Antoni, lasciando il Quirinale, ieri ha detto con soddisfazione che il presidente ha lanciato un forte appello per il rilancio della concertazione... «D'Antoni? Noi imprenditori pensiamo che questo metodo possa continuare a dare risultati, ma a un patto: che non diventi uno strumento fine a se stesso. Dopo che ci si è seduti intorno a un tavolo, ciascuno deve assumerei le proprie responsabilità. Lo stesso Ciampi ha distinto più volte tra consociativismo e concertazione». Domani il governo Incontrerà i sindacati, sul tappeto c'è la questione previdenziale. «Be', non abbiamo mai detto che il sindacato non debba essere consultato. Però chiediamo che, dopo avere parlato con tutti, il governo sappia alla fine scegliere in piena autonomia e nell'interesse del Paese, senza piegarsi di fronte agli interessi corporativi. Quindi, in sede di manovra economica noi ci aspettiamo quelle riforme irrinviabili che vengono adombrate nel Dpef. Il desiderio di crescita e la spinta allo sviluppo oggi sono frenati dall'eccessiva pressione fiscale, e non mi mi riferisco tanto alle tasse quanto piuttosto ai contributi. I bubboni infatti sono due: le pensioni pubbliche e la sanità». Ma le sembra che questi obiettivi siano davvero a portata di mano? D'Antoni ha già detto che, se si toccano le pensioni, lo scontro sarà durissimo. «I sindacati stanno facendo le barricate. Loro dicono, a priori: questa roba non si tocca. Io rispondo che bisogna proseguire con il dialogo, ma se poi non se ne viene fuori, il governo ha il dovere di prendere decisioni. Il rischio di mancare l'ultimo treno per lo sviluppo è altissimo, non possiamo permettercelo». Un'ultima domanda. Lei dice che il governo deve decidere in autonomia, senza obbedire agli interessi, corporativi, di alcuno. Fossa lo invita a non ascoltare le lobby. Se ne potrebbe dedurre che sia Confindustria sia 1 sindacati non hanno a cuore gli interessi del Paese... «Ma no, è esattamente il contrario, noi pensiamo al Paese, eccome. Per noi vale questa equazione: sviluppo - investment i = occupazione. Avvertiamo fortemente la responsabilità sociale, fin troppo. Però ci devono essere anche date le anni - le armi al Paese, non a noi - per potere competere alla pari con gli altri».
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