Mito o grande illusione? In Italia ci sono due partiti

Mito o grande illusione? In Italia ci sono due partiti Mito o grande illusione? In Italia ci sono due partiti Mario Baudino E' stata In fine di un sogno, il definitivo tramonto d'un mito politico che sembrava poter sempre risorgere magicamente dalle sue ceneri, o solo una tragedia personale amplificata dai massmedia, trasformata nell'ultimo atto d'una saga in bilico tra romanzo e tolenovela? La disgrazia di John Kennedy junior, ai comandi del suo acreo da turismo in condizioni precurie di sicurezza, ha riproposto al mondo uno psicodramma, condito anche in Italiu di retoriche e cattive letterature, con grande spreco di stilisti piangenti, «gorghi del destino», «belli e dannati» o personificazioni della «morte con le sue dita ossute», dove jet set e politica sembrano confondersi in modo inestricabile. Ma quanta politica c'ò davvero in quella morte? Tanta, risponde Gianfranco Pasquino. La fine di John Kennedy junior ò significativo da questo punto vista, dice il politologo bolognese, «perché tutti sapevano che era l'erede designato». L'uomo destinato a raccogliere il testimone. «Ho consciuto Robert Kennedy nel '65, quando ero studente in America, e ricordo la sua personalità magnetica, la sua capacità di tenere la scena. Insomma, l'uomo c'era, eccome». C'era l'uomo, e c'era la famiglia, anche, insiste Pasquino, se va intesa come una «famiglia allargata», dove inserire i grandi intellettuali liberal come Galbraith o Schlesinger, «intellettuali capaci di governare», capaci, per usare un termine molto italiano, dì «impegno». «Questa è la vera sostanza del kennedismo, la voglia di cambiar le cose, la politica come presenza irrinunciabile. E non credo che finisca con John Kennedy junior. Bisogna vedere come sono i nipoti di Bob. Non escluderei che li incontreremo ancora». E' morto l'erede del sogno, ma quel sogno è ancora vivo, sostiene Pasquino. Vivo sì, ma come operazione di «grande retorica politica», ribatte Sergio Romano. E invita a guardare al bilancio della presidenza di John Fitzgerald Kennedy, ai suoi mille giorni segnato «da tre o quattro frasi di grande effetto magari dette al momento giusto». Romano crede «poco» alla «tribù politica», pochissimo alla spiegazione corrente secondo la quale il mitico presidente degli Usa ebbe poco tempo. «Come senatore ne ebbe parecchio, ma si distinse solo per una campagna contro la Francia al tempo delle guerra d'Algeria. Il che non è molto coerente con la successiva decisione di mandare i soldati in Vietnam». Non dunque sinistra liberal e riserva di passione politica per il partito democratico, ma operazione di marketing politico: è questa la vera storia della Camelot kennediana? Massimo Teodori preferisce spostare l'attenzione, anzi separare nettamente la morte del giovane «erede» dal mito politico kennediano. Secondo lui, che oltre a un lunga militanza politica - finita nel '92 - è docente di storia americana, il mito politico era già definitivamente tramontato negli anni '70. «Io ho sempre sostenuto che John Fitzgerald aveva messo in moto speranze e sentimenti più che non realizzazioni effettive. E comunque il mito poi itici > sta tutto tra il '60 e il '68. Poi è vita mondana, jet-set, avventure personali. Ted Kennedy stesso, il senatore e l'attuale capo-famiglia, non può essere considerato come un "faro"». Ma a questa eredità si è rifatto esplicitamente Clinton. «Pur essendo l'antiKennedy per eccellenza: si è imposto venendo dall'estrema 1«riferia e fuori da ogni estabiishement, si è fatto da solo, e con i denti. Usa il mito dei Kennedy per se stesso». Questo significherreebbe però che in qualche modo è ancora vivo. «Ma non più come mito politioco. Si è girato in un mito mass-mediatico». Insommma, in mistificazione. E non troppo paradossalmente, è questa un giudizio su cui conviene anche Ferdinando Adornato, direttore e fondatore del settimanale «Liberal». Un titolo «kennediano», parrebbe. «Ma non lo è. Era l'unico modo per far risuonare nel titolo di un giornale le parole libertà e liberismo. Credo che il mito dei Kennedy non esista più da tempo, e ci siano troppi gufi intorno alla famiglia. Forse la famosa "maledizione" è proprio questa». E al di là delle battute... «Il sogno kennediano è finito con la morte di John Fitzgerald. E non è stato neanche un sogno, ma una realtà importante. La mia generazione lo ha vissuto intensamente, eravamo adolescenti. Tutti restano attaccati alla loro adolescenza. Forse in questi giorni abbiamo coinvolto nella nostra nostalgia, nel grande teatro dei mass-media, qualcuno che non aveva una diretta attinenza con essa». Il guardiacoste al largo di Martha's Vineyard ora lavora in stretta collaborazione con gli inquirenti del National transportation safety board per recuperare i corpi delle vittime. A lato iì presidente Bill Clinton che con un toccante discorso alla nazione ha ricordato John F.Kennedy jr.

Luoghi citati: Algeria, America, Francia, Italia, Usa, Vietnam