«Sarebbe diventato un politico»

«Sarebbe diventato un politico» «Sarebbe diventato un politico» Lo storico Schlesinger: la sua vera vocazione WASHINGTON «Fino a dove sarebbe potuto arrivare?». Comincia così il breve saggio commemorativo che Arthur Schlesinger, lo storico più vicino alla famiglia dei Kennedy, dedica a John Kennedy junior nel numero di Time che esce oggi in edicola. E nel quale parla per la prima volta di un sicuro destino di leader politico soffocato ancora una volta dalla tragedia. Scrive Schlesinger che il grande pubblico ha sempre avuto una tendenza a vedere John Kennedy junior come John John - il nomignolo affibbiatogli dai giornali¬ sti quando era bambino ma che usato oggi ad oltranza evoca l'immegine di un uomo frivolo e superficiale. «Lui non sopportava quel nomignolo e non era certo un uomo che rincorreva una vita di piaceri». Lo stereotipo è noto: John Kennedy junior era il «bellone» dei rotocalchi, il «peso-piuma», e non cercava neppure di contrastare questa immagine. «Ma era una posa - insiste lo storico - un atteggiamento con il quale cercava di proteggere se stesso. In realtà era una persona profondamente onesta con un forte senso del destino e della respc'sabilità». Nell'ombra, rivela Schlesinger, John Kennedy junior lavorava per il bene dei deboli, degli anziani, dei disabili tramite varie organizzazioni. «L'istinto lo portava a fare del bene di nascosto per non dare l'impressione che lo facesse por pubblicità». Lo storico, che fu assistente del Presidente Kennedy e scrisse una biografia di Robert Kennedy, descrive John Kennedy junior come un ragazzo intelligente, maturo, espressivo, convincente e naturalmente attraente. «Ma non ancora pienamente se stesso. Del resto i Kennedy fioriscono sempre tardi nella vita». Certo, aveva deciso di diventare editore. Fondò il mensile George cinque anni fa e si occupava della rivista con grande attenzione per i dettagli. I suoi giornalisti, i suoi collaboratori lo adoravano. Ma, dice Schlesinger, «si aveva la netta impressione che per lui fosse solo una fase di transizione». Verso che cosa? «Dava la sensazione di volersi avvicinare piano piano alla politica. In fondo anche suo padre aveva cominciato nel giornalismo: non è una cattiva introduzione al labirinto della politica americana. Jfk junior era troppo sensibile allo stato del nostro Paese, soprattutto alle disparità che esistono nella ricchezza e nelle opportunità, per vivere il resto della sua vita da spettatore». Jfk junior, conclude Schlesinger, «era un uomo cauto, che si faceva strada metodicamente. Ma credo che si sentisse in presenza di una chiara opportunità oltre ad un'evidente responsabilità dinastica. Era destinato, di questo mi ero andato convincendo, a diventare un leader politico». Così si chiude la riflessione di Schlesinger, e non è chiaro se sia il frutto dell'af fetto di un vecchio amico di famiglia o piuttosto la tentazione dello storico, [a. d. r.)

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