Sul filo della Memoria

Sul filo della Memoria Sul filo della Memoria TORINO IN GUERRA Un fiume di gente in corso Vittorio per fuggire i bombardamenti LA guerra!...Quale indelebile ricordo per chi, come me, l'ba vissuta in ogni sua fase, pur restando a casa! Eppure i giovani non ne sanno quasi più nulla e gli uomini che furono al fronte allora, o peggio nei campi di prigionia, sono ormai vecchi e non hanno più voglia di parlarne. Per molti anni dopo il '45 mi recai ai raduni degli Alpini nelle varie città d'Italia: quando sfilavano i reduci della Julia col nastro nero sulla bandiera, scoppiavano battimani, singhiozzi, lanci di fiori; talvolta invece li accoglieva un silenzio perfetto, un allineamento sacro dei cuori che onoravano nei sopravvissuti i loro morti. Io vissi a Torino i cinque anni di guerra senza mai sfollare, tranne una notte. Ero così giovane e luminosa da riuscire ad emergere, subito rinfrancata, dalla fragile cantina dove ci precipitavamo col cuore in gola ai suoni delle sirene. «Anche questo è passato - esclamavo con un sospiro -. Che bello essere ancora vivi!». Ma poi, uscendo la mattini, talvolta vedevo inorridita estitnTe i morti dalle macerie, le case squarciate...Allora sentivo chiaramente di essere anch'io esposta alla stessa sorte e mi scendevano lacrime di compassione per le persone colpite e per me, che ne condividevo il destino. Tuttavia, prima o poi, il giovanile ottimismo trionfava: la guerra doveva senza dubbio finire presto, pensavo. Nei primi due anni a Torino avevamo avuto molti segnali di allarme, molti spaventi, però solo due bombardamenti. Ma nel novembre 1942 si era cominciato a tremare per Genova. Le fortezze volanti avevano preso a solcare il nostro cielo e le sirene ci strappavano dal letto ogni notte. Ma quando si scatenò la furia sulla nostra città, la prima notte con bombe dirompenti, la seconda con gli spezzoni incendiari e vedemmo ardere tutta la zona delle ville adiacenti a casa nostra, ci guardammo l'un l'altro senza più parole, legati da un unico pensiero: «Ora tocca a noi. Dio mio, non separarci!»... La mia famiglia, dopo la morte della nonna, si era trasferita da Scrive Carlo Guerraz, classe 1910, giornalista professionista dal 1948, da tempo in pensione. Finì la carriera come segretario di redazione alla Gazzetta del Popolo. «La foto è della III elementare di Aosta che mi fu affidata nell'anno scolastico 1934-35, mentre frequentavo il Magistero di Torino. Io sono al centro, in divisa, come era obbligo allora. Fu un'esperienza indimenticabile che però non ebbe seguito, poiché nell'agosto del 1935 venni richiamato alle armi e quindi spedito in Africa Orientale. Guerra e prigionia nei campi inglesi. Il 3 ottobre del 1942, mentre sono prigioniero in Kenya, e da un anno non avevo posta da casa, ricevo con doppia sorpresa l'unico pacco giuntomi dall'Italia durante tutta la prigionia proprio dai miei ex allievi di Aosta: un pacco contenente giornali di avventure, Verne e Salgari, un conforto indimenticabile che mi torna alla memoria oggi. Nel Capodanno del 1947 venni rimpatriato, mancavo da casa da 12 anni. Appena arrivati a Porta Nuova, nella confusione dei tanti rimpatriati, una donna mi chiede: «Scusi, loro vengono corso Duca di Genova a corso Vittorio Emanuele; così assistemmo, la mattina successiva a quei tragici bombardamenti, ad un indimenticabile esodo. Affacciati al balcone di corso Vittorio, osservammo file ininterrotte di gente con sacchi e valigie, bambini al petto o sulle spalle, che riempiva l'intero corso; un fiume umano che giungeva dall'estrema periferia e si dirigeva compatto verso la stazione di Porta Nuova. Paesetti e campagne si popolarono di sfollati. Ma noi restammo. Vivemmo così altri anni fra speranze e paure: ai bombardamenti si aggiunsero i mitragliamenti dei treni, gli inutili spari della nostra contraerea, l'oscuramento e il coprifuoco, uniti alla fame, al freddo, talvolta alla lenta vendita degli ori di fami- glia per un po' di cibo fuori tessera (borsa nera) e alle tristi notizie dai diversi fronti. Poi venne il periodo dei volantini che di tanto in tanto piovevano dal cielo. Contenevano poche parole: «Avvisiamo la popolazione che Torino stanotte verrà distrutta dai bombardamenti». Gli avversari cercavano anche con questo mezzo di diffondere ulteriore scoraggiamento fra la gente. Nulla però riusciva a spaventare mio padre, il quale rifiutava financo l'illusione della discesa in cantina: teneva per sé tanti segreti limitandosi a interpretare in chiave pessimistica ogni notizia falsamente trionfalistica diffusa dai nostri bollettini di guerra. Io invece, quella volta, facendo mie le voci allarmanti e i foschi presagi, fui presa dal panico e convinsi la mamma, per una notte soltanto, a sfollare con me. Trascorremmo ore nel parapiglia della stazione prima che disponessero le poche carrozze per Chieri, la nostra meta. Raggiungemmo a fatica due posti sul carro merci corredato da panche di legno mentre si faceva buio. A Chieri era vissuto un fratello della nonna materna che aveva fondato, contemporaneamente ad altri, le famose tessiture che portarono ricchezza ed evoluzione a quell'antico paese. A Chieri abitava tutta la sua discendenza diretta, cioè le diverse zie e cugine di mia madre, tutte persone del 1800. Avevamo sccirse occasioni di frequentarci, anche perché le distanze, allora, parevano inolio più grandi. Al nostro arrivo i parenti ci accolsero con eccitazione e gioia, si chiamarono l'un l'altro e fu tutto un chiacchierio fino a tarda sera. La guerra pareva lontana; eppure nell'accogliente letto che ci offrirono, il sonno non veniva, pensavamo al papà, alla casa... Ma nessun aereo solcò il cielo di Torino, quella notte, neppure il minimo preallarme risuonò! La mattina presto, sfinite dalla stanchezza, abbracciate da tutti con una certa commozione, lasciammo i parenti e fummo ancora una volta pigiate nel carro merci. E poi, finalmente, eccoci a casa, dopo l'unica notte da sfollati!... svolto durante i lunghi anni di prigionia col giornale radio clandestino. Tramite un rete di piccole trasmittenti, con rischi e sotterfugi, raccoglievo infatti le notizie dai campi e le diffondevo via etere Di seguito l'elenco completo dei 47 scolari della famosa III A elementare di Aosta del maestro Guerraz: Barmasse Giuliano, Baster Natale, Bellani Lamberto, Bellini Alfeo, Bondi Emanuele, Borbey Albino, Bracco Camillo, Buratti Benito, Busato Benito, Canonico Odoviglio, Caregaro Remo, Carrara Raffaele, Castiglion Giovanni Battista, Certan Mario, Cerotti Elvio, Colognesi Neride, Corna Cesare, Dalmonte Orlando, Danna Ciro, Dante Luigi, Dosso Luigi, Padelli Ferruccio, Frassy Livio, Gay Albino, Gagliandi Felice, Ghignone Pierino, Grisetti Amerio, Magnin Edoardo, Mazzocco Pietro, Meggiolaro Pietro, Miazzo Ferruccio, Milani Giovanni, Minardi Danilo, Moia Francesco, Munier Angelo, Mussone Carlo, Negretto Cipriano, Olivo Pompeo, Pasti Gino, Pellichero Marcello, Pezza Tullio, Rama Francesco, Rughini, Salussola Carlo, Sinico Luciano, Tadiello Gino, Zambon Pietro». a cura dì Renato Scagliola Gemma Bianchi Carpinteri, autrice (lei testo, fotografata nel centro di Torino