Spaventa passeri, totem post industriali
Spaventa passeri, totem post industriali FOTOGRAFIA Spaventa passeri, totem post industriali QUALCHE decennio fa, ogni più piccolo pezzo di terra ne aveva uno. Li si costruiva con cura e dedizione, li si imbolliva con la paglia, facendo attenzione a riempire adeguatamente lo forine degli abiti che indossavano. Gli si dipingevano gli occhi, il naso e la bocca, gli si annodavano i lacci delle scarpe, avevano collane di piccoli specchi, e uno strascico di sonagli che tintinnavano sinistramente alla prima bava di vento. Loro, i predatori di chicchi e semi, fossero passeri, cardellini, quaglie o colombi, ne erano davvero terrorizzati. Si tenevano allu larga, con soddisfazione di chi aveva impiegato del tempo a costruire con cura quoi silenziosi guardiani delle messi. Gli spaventapasseri Anni '90 invece, fotografati da Alberto Bortoluzzi per la casa editrice che porta il suo nome sono totem postindustriali. Pendono da forche issate su avanzi di puli della luce, hanno teste di manichini dismessi, cappelli di organza reduci du cerimonie cittadine, abbozzi di facce in tela di sacco, lattine di fagioli arrugginite come sonagli: Non hanno specchi, forse non ci sono più allodole da abbagliare, ma parrucche in nylon e piume di selvaggina incollate a bastoni di fortuna. Le foto di Bortoluzzi, classe 1961, geologo convertitosi alla fotografia, ritraggono un'Italia agreste e desolata, nonostante aualche foglia di vite, di mais e i insalata in primo piano. La campagna italiana di fine secolo, in questi bianchi e neri nuvolosi e controluce, è fatta di terra appena fresata, ed è abitata da figure anoressiche che indossano grembiuli, giacche militari, ampi impermeabili (chi li usa più, oggigiorno?), appesi a braccia lunghissime. Come biasimare i giovani che non hanno più voglia di lavorare la terra dal momento che il paesaggio è così asfittico? Chi può avere ancora voglia di trasformare una manciata di terra in un frutto gustoso? E in nome di che cosa? Sembrerebbe non esserci più scampo per il sogno e invece una foto, scattata in Emilia nel 1997, tradisce, forse, il retroterra culturale del fotografo e quello inconsapevole di chi lo ha costruito: dalle spalle larghe di un gessato spunta una sciarpa in cotone a coste morbida e lunga. La testa cilindrica è sormontata da una scodella di metallo che culmina con una piccola elica: è la versione nostrana, contemporanea dell'Uomo di Latta del Mago di Oz, ancora alla ricerca del suo cuore. Alberto Bortoluzzi, Spaventapasseri Bortoluzzi editore, 1.75.000 l l | Uno degli spaventapasseri fotografati da Alberto Bortoluzzi Chiara Simonetti
Persone citate: Alberto Bortoluzzi, Bortoluzzi, Chiara Simonetti, Spaventapasseri Bortoluzzi
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