Il Roccaverano unico caprino storico

Il Roccaverano unico caprino storico Il Roccaverano unico caprino storico Il solo italiano degno di confrontarsi con i celebri chèvres d'oltralpe si produce sulle colline aspre della Langa Astigiana Carlo Petrini FORSE non tutti sanno che l'unico caprino storico d'Italia, il Roccaverano - l'unico italiano degno di confrontarsi con i celebri chèvres d'oltralpe - si produce sulle colline aspre e in gran parte incolte della cosiddetta Langa astigiana. Si tratta di un territorio a cavallo delle province di Asti, Alessandria e Cuneo dove la coltura delle nocciole e la pastorizio rappresentano le sole avare risorse economiche in campo agricolo. Come sia nata questa tradizione dell'allevamento caprino non ò chiaro: qualcuno sostiene che siano state le invasioni saracene a lasciare su questi bricchi i primi greggi di capre. Altri segnalano che già ì Liguri-Celti producevano formaggette nel territorio di Roccaverano: formaggette che tuttavia verosimilmente erano di latte ovino. E' certo, comunque, che in questa zona la produzione di robiole è antica di secoli, profondamente legata alle specificità dei pascoli, ricchi di erbe aromatiche, ma su declivi impervi o affacciati a rocche vertiginose. Da secoli il for¬ maggio di Roccaverano è di solo latte caprino e il sistema di produzione, quello che si basa sulla coagulazione acida, è esattamente quello che si applica per i caprini morbidi. Con il passare del tempo, si è cominciato ad aggiungere latte vaccino a quello caprino: il latte di mucca si ricava da allevamenti facili, è molto meno costoso, è abbondante; una mucca produce 30-40 litri di latte, da una capra, quando va bene, se ne ricava un litro, un litro e mezzo. Inoltre, qualche decina di anni fa, è nato un caseificio o ha imposto un disciplinare di produzione che è eufemistico definire suicida: il Roccaverano secondo questo disciplinare, si può fare con I'85% di latte vaccino e con la percentuale rimanente mdifferentenionte di latte ovino o caprino. Così si è verificato il paradosso di una robiolo nata storicamente da solo latte di capra, che può non contenerne neppure un goccio. Per fortuna un gruppo di allevatori assennati ha capito che bisognava tornure alle tradizioni, producondo formaggio di solo latte caprino e solo con latte non pastorizzato. Ora questi allevatori, ccordina- ti da due giovani ed entusiasti selezionatori, Giandomenico Negro e Walter Porro, in una concitata assemblea del consorzio, sono riusciti a modificare il disciplinare articolandolo in una doppia denominazione. Chi vuole continuare a fare Roccaverano con latte pastorizzato e con latte misto, godrà della Dop attuale, chi vuole produrre secondo tradizione, si fregerà della Denominazione Roccaverano Classico. Scelta di buon senso, fondamentale per garantire i consumatori e per assicurare una prospettiva di sviluppo alla zona. Con formaggette imitabili dall'industria non si fa strada: l'unica via percorribile è quella di mantenere nel modo più rigido e valorizzare la tipicità del Roccaverano storico. E chi ha più filo farà più tela. Ebbene, pare che su questa scelta si sia scatenato un dibattito che ci sembra decisamente insensato: la scelta dei produttori «storici* va nella direzione giusta e mi sento di appoggiarla fino in fondo: anzi, penso che possa costituire un esempio per molti altri formaggi italiani in crisi di identità e di qualità. Benvenuto «Roccaverano classico»! Paola Gho

Persone citate: Carlo Petrini, Giandomenico Negro, Paola Gho, Walter Porro