Strani fantasmi radicai chic metafora di un mondo capovolto

Strani fantasmi radicai chic metafora di un mondo capovolto Strani fantasmi radicai chic metafora di un mondo capovolto RECENSIONE Giorgio Calcagno AVVENGONO molte cose insolite, nei racconti di Vittoria Ronchey. Personaggi che si duplicano, ragazze che escono dal proprio corpo trasformandosi in alberi, quadri che cambiano colore e addirittura soggetto. E' ovvio, osserverà chi non ha letto il libro, sono storie di fantasmi. E invece no, non è ovvio per niente. L'insolito, qui, non sprigiona dai fantasmi: che in ogni caso sono subliminali, mimetici, non hanno nulla in comune con gli ingombranti fantocci di una tradizione ormai degradata in caricatura. L'insolito di queste dodici storie è nella naturalezza con cui si scivola dal mondo delle idee chiare e distinte alla nebulosa dell'incognito, dalla fermezza del reale alla precarietà dell'ipotetico, su un piano inclinato dove i nostri abituali punti di riferimento sembravano dissolversi. E' tutto logico, nel RECENGioCalc SIONE gio gno disegno, condotto su rapporti lineari di causa-effetto; e tutto capovolto, nell'esito, che scardina quei rapporti, senza alterarne, paradossalmente, la linearità. Si è forse fuori dal razionale, ma non si cade mai in un irrazionale che all'autrice, probabilmente, ripugna. Guardiamogli ambienti. Sono biblioteche di cattedratici, caveau per raffinati collezionisti d'arte, rifugi alpini per coppie iper-intellettuali e magari un po' snob. La prima impressione è che l'autrice abbia voluto scrivere una satira, tanto più velenosa quanto più dissimulata, sul radicai chic. Molti di questi personaggi si proclamano progressisti a condizione di sentirsi sempre un gradino sopra gli altri, diffidenti da ogni forma di egualitarismo. Nella truppa - che sarebbe poi il popolo - non si confonderanno mai. Ma i fantasmi ci sono proprio: inapparenti, difficilmente personalizzabili, metafore di un mistero che sembra incombere - o sovrastare? - anche quando si insinua più silenzio- ' so nelle pieghe del quotidiano. Si pensi ai due racconti chiave, il primo e l'ultimo, speculari fra loro: che non a caso hanno per protagonisti due esperti d'arte, un giovane e un vecchio, eros e tànatos, amore e morte. Il racconto conclusivo, «Morte di un collezionista», si richiama al «Ritratto di Dorian Gray», che aggiorna con un fondamentale spostamento di segno. Mentre il personaggio si mantiene aitante, sono ì quadri che invecchiano per lui, indicandogli la prossima fine. Il racconto d'esordio, «Demian», affida l'allusione letteraria al nome di un bel tenebroso che appare e scompare; di origine e come potrebbe non essere? argentina. Il rimando d'obbligo è a «L'altra morte» di Borges, dove c'è un Damiàn altrettanto enigmatico, che muore combattendo due volte, da vile e da coraggioso, in due date lontane fra loro. Il racconto della Ronchey, che si dipana negli alti salotti romani, è del tutto diverso; ma sembra condividerne lo spirito, che Borges confessa di avere ripreso dal suo modello originario, Pier Damiani: «Ho indovinato e registrato un processo non accessibile agli uomini, uno scandalo della ragione». Nei racconti di Vittoria Ronchey ragazze che diventano alberi e quadri che cambiano colore Vittoria Ronchey, Dodici storie di fantasmi Longanesi, pp. 268, L28.000 RACCONTI

Persone citate: Borges, Dorian Gray, Giorgio Calcagno, Longanesi, Pier Damiani, Ronchey, Vittoria Ronchey