Metti Guazzaloca nel «Quarto Stato»

Metti Guazzaloca nel «Quarto Stato» Metti Guazzaloca nel «Quarto Stato» Pelizza da Volpedo oggi inserirebbe nel suo quadro il macellaio di Bologna ritratto magari quando, quindicenne, inizia l'apprendistato SNOBISMO di sinistra? Qualcuno negli ultimi tempi continua a parlarne. Non solo: addirittura si sta diffondendo l'idea che la rivoluziono (o l'innovazione, come la si chiama di questi tempi, riproponendola in rassicurante formato bonsai), rappresenti una cosa troppo seria per lasciare che se ne occupi il popolo. Certo, dalla parte del popolo bisogna che qualcuno ci stia: ma prendendo posto sottovento e alla distanza giusta. Cosi, da non doverne assaporare troppo il stintore di dozzinale quotidianità. Eppure, nella lontana Russia, pare che a Lenin, almeno a parole, l'idea di affidare il governo dello Stato rivoluzionario ad una cuoco non dispiacesse più di tanto. Poi, per vari motivi, non se ne fa niente smentendo l'ironica e sprezzante previsione con cui, oltre un sècolo prima, il governatore della Mosca zarista Rostopcin aveva commentato il fallimentare esito dell'elitarie e utopistico moto decabrista del 1825: «Solitamente sono i cuochi che fanno le rivoluzioni perché vogliono diventare gentiluomini, Da noi, invece, i gentiluomini fanno una rivoluzione perché voglio diventare cuochi o ciabattini». Comunque se l'idea di una cuoca al vortice dello Stato suscitava l'approvazione di Lenin l'approdo di un macellaio sullo scranno di sindaco di Bologna non accendi; di analogo entusiasmo la sinistra italiana. Non solo perché irrimediabilmente lontana da «Stato e rivoluzione» o perché il neo-sindaco Guazzaloca rappresenti uno schieramento concorrenziale ma - spiegano alcuni - perché la sinistra italiana é soprattutto malata di inguaribile snobismo. Quello stesso snobismo giocoso e ironico che, ad un militante dandy, aveva suggereito di replicare con suicida leggerezza all'imposizione dei suoi interlocutori («Compagno, parliamo del partito...») con una battuta («Basta con le nostalgie. Parliamo del tornato!») fatta npi>osta per gelare un congresso affollato di (Oporaiotù e funzionariotti già propensi ad espellerlo. Altri tempi, naturalmente. Tutta l'Italia passa le serate ipnotizzata da Mike Bongiorno e dalla sua trasmissione di ijuiz, la prima mai trasmessa nel nostro Paese. Tutti davanti alla Tv, tranne uno, Togliatti, «Togliatti ricorda in un suo libro di memoria Mario Spallone, una delle persone più vicine allora al leader del PCI era uno dei pochissimi, penso, o forse l'unico, che non sopportasse "Lascia o raddoppia?"; la "leonessa" di Pordenone non lo interessò mai». A differenza di tanti militanti della sini.stra. Poi, la situazione si complica - i contadini diventano operai, alcune città metropoli, si forma un DA LEGGERE M. Proust Dalla parte di Swann Milano 1985 M. Spallone Seguendo Togliatti Napoli 1993 Lenin Stato e rivoluzione Roma 1946 M. Tronti Operai e capitale Torino 1965 ceto medio sempre più vasto - e Mario Tronti, autore di «Operai e Capitale» cerca di spiegare il tutto al popolo: «La situazione di oggi è forse premarxista ma con la differenza che la situazione teorica è forse preleninista». Con l'accendersi della contestazione studentesca e operaia sembra che il confine tra snobismo e comune sentire delle masso sia più avvertibile visto che passa attraverso i menù del Festival dell'Unità: «Dal Festival - scrive da qualche patto Giampiero Muggini nel 1972 a projwsito di un militante dell'ultra-sinist.ra - è tornato indignato, perché lui i gli gnocchi non li mangia mai: nei salotti che frequenta si mangia solo riso, alla maniera del giovane Mao e dei suoi straordinari compagni Liu Shao-Chi e Lui Piao». Ne passa, intanto, di acqua sotto i ponti e non mancano, anche, cortei che percorrono le strade. Se Pelizza da Volpedo dovesse procedere ad un replay del suo «Quarto Stato» a quasi ottant'anni da quando gli usci dal pennello ci metterebbe - come scrive nel '79 un lettore di Linus «tutto il muvmento del '77, quello del '68, le radio, le femministe in colonna e in divisa, i fatti e gli strafatti di provincia, i peggio licea¬ li, i più loschi alcolizzati, figicini in incognito, esibizionisti in bicicletta e veri falsi punk emiliani incatenati e incattiviti, i peggio spacciatori e i meglio intossicati, gli arancioni e quelli vestiti con i tabarri alla Passatore...». E' un'Italia in cammino, suddivisa ormai nelle tante tribù della sinistra: ognuna con i suoi vezzi e le proprie snobberie che, in nome di chissà quale inconsapevole innamoramento per chi o per che cosa, rinsaldano il senso di appartenenza a un clan e distinguono dagli altri. Proprio come accade a Swann che, avendo perso la testa per Odette (la donna che poi scoprirà non essere mai stato il suo tipo), proclama agli amici di un tempo che lo invitano ad antiche frequentazioni: «Je préfère cent fois les Verdurin». Solo perché in quella casa incontra lasuaOdette. Se da Proust si torna nell'Italia di oggi c'è da essere sicuri che quel populista strappalacrime di Pelizza da Volpedo dovrebbe procedere ad un ulteriore vasto repulisti nel suo quarto stato in marcia verso l'avvenire. Inserendo nuove entrate che, c'è da stare sicuri, inquieterebbero non poco. Perché nel quadro - oltre al macellarone di Bologna, magari ritratto quando quindicenne sta ini¬ ziando il suo apprendistato in bottega, ignaro di accendere così la futura snobistica commiserazione di un esponente della sinistra («poverino, il Guazzaloca ha dovuto lavorare prestissimo...») prenderebbero posto altre sconcertanti figure. Vi potrebbe comparire, per esempio, anche l'idraulico di Cuneo. Quello che recentemente ha scompigliato l'ordinato svolgersi dei pensieri di Antonio Giolitti confessando, al nipote del grande statista liberale, di avere un sogno personale fatto di una montagna di quattrini anziché orrore - di ideali politicamente corretti con opportuno corredo di case, biblioteche e frequentazioni sobrie ed essenziali al punto giusto. Ovviamente il giochetto potrebbe continuare accostando al macellarone e all'idraulico tutte le nuove figure professionali e gli ibridi sociali impastati nei nuovi territori del postfordismo e dei «distretti industriali». Profili che al loro improvviso stagliarsi accendono snobistico distacco e generalizzata invisibilità. Tanto che, quasi sempre, è inutile cercare di intravederli o afferrarli attraverso la narrativa e la politica. Ancora ospitate, spesso nelle tante case Verdurin dislocate nel sinistro coté di questo strano Paese. DA LEGGERE M. Proust Dalla parte di Swann Milano 1985 M. Spallone Seguendo Togliatti Napoli 1993 Lenin Stato e rivoluzione Roma 1946 M. Tronti Operai e capitale Torino 1965 «Il Quarto Stato»: oggi potrebbe entrarci anche l'idraulico di Cuneo che ha sconvolto Antonio Gioliti! confessandogli di avere un sogno fatto di una montagna di quattrini