Simenon d'estate

Simenon d'estate Simenon d'estate La madre di Elsa è morta ed il padre è chiuso in prigione per contrabbando d'alcol. Ma, dopo essersi sfamati, Giacomo già la ama e le trova un etto in cui dormire Il PUNTATA RIASSUNTO Elsa O'Neil e Giacomo Arbaud si incontrano, affamati e gelati, nella New York Anni 30 in coda per una zuppa da dividere tra poveri UN GENTILUOMO TRAI BANDITI INSIEME a lei ilgiovinotto divorò due scodello di zuppa. Intanto il policeman che era tornalo nella via. si affaccio alla poita e domandò: - Si può incominciare? La vecchia signora con una rapida occhiata si assicurò che tutto fosse pronto: ■ Aprite pure! E la sfilata incomincio, Giacomo od Elsa avevano avuto il tempo di assicurarsi un buon posto e per duo volte ancora la vecchia signora venne a portare loro nuove razioni di zuppa. In principio, il giovinotto si vergognava di far scorgere di essere affamato e- mangiava lentamente, ma quando si accorse che la sua compagna inghiottiva avidamente la propria zuppa anch'egli fece altrettanto. - Fa bone, oh? Lo ragazza sorrise 0 porse ad un inserviente la scodella vuota perche gliela riempisse. - Non no potevo proprio più confessò. - Tutto girava attorno a me... A poco a poco perdevo tutte le sensazioni... Non ho sentito più nulla... Non e mai successo a voi? - Se avessi dovuto attendere ancora un'ora sarei certamente Svenuto anch'io. In condizioni normali io ho sempre un appetito formidabili.'... Pensate dunque... - Da quando?... La domando sembrava incomprendibile, ma Arbaud capì, don molta semplicità rispose: - Da ieri sera... Ho mangiato una salsiccia... Avevo aiutato a spazzare una sala da ballo in un quartiere popolare... - E vi hanno ricompensato con una salsiccia?... All'aglio... lo che non lo posso soffrire.., I due giovani aveva ritrovato la loro gaiezza e si guardarono con franca simpatia. - E voi? - lo ho mangiato il mio ultimo panino ieri a mezzogiorno... Onesta mattina dovevo essere assunta come dattilografa in un ufficio.., Ma il padrone è ammalalo e mi ha latto dire di ritornale domani o dopodomani... - Alluni, voi avete un impiego? - Certamente. II giovinotto ebbe un piccolo fischio di ammirazione e di invidia. ■ Voi siete disoccupato? Egli alzò, lo spalle. - Si... Ma troverò... Sunto che troverò un buon impiego epresto... Intanto continuava la stilata dei poveri affamati, cho guardavano con invidia la còppie alla quale era permesso rimanere così u lungo al caldo dello stanzone. - Sarebbe opportuno andarsene. Mi pure che abbiamo l'aria di abusare... - Dove andate voi? -E voi? Un sorriso e insieme dichiararono: - Vedremo! Si faceva rapidamente notte. Nella strada la fila era scomparsa come per incanto; di essa non rimaneva che tre o quattro mendicanti, che si allontanavano verso qualche misterioso rifugio, un pilastro del ponte, un asilo notturno, un vecchio portono abbandonato. - Siete francese? - Parigino. - Cosa siete venuto a fare in America? Senza ridere, senza nemmeno sorridere egli affermò: - A trovare la fortuna! Questa risposta era così inattesa che lu ragazza scoppiò a ridere. Questa risata seccò al giovinotto. - Vi stupisce? - No. scusatemi... Non ò stata colpa mia!... Abbiamo cosi poco l'aspetto di persone che hanno trovato la fortuna. - lì voi? - Mia madre è morta e mio padre ù in prigione. - In prigione? - Sii Poiché la l'attoria non gli rendeva quasi niente, a causa del trust che rovina i piccoli coltivatori, egli si era messo a fare il contrabbando d'alcol, Si è fatto scoprire e prendere... Ce ne avrà per quattro anni... - li voi siete rimasta sola? - Completamente solai - Non avete fratelli, né sorelle? - Un fratello, Curtius, che aiutava mio padre noi contrabbando... Ma egli non si è ancora lasciato prenderò.., Deve essere a bordo di un «yacht» che trasporta del «whisky». Cosi parlando, i due giovani si erano avvicinali al quartiere centrale della città. Adesso erano avvolti da una vibrante atmosfera creata da migliaia di lampadine elettriche che disegnavano sui muri ed in cielo delle frasi brevi, ingiungendo ni passante di servirei di quullu tale pasta dentifricia, di quel tale sapone, di quel tal rasoio. La folla li sospingeva; un fracasso enorme saliva dalla città in pieno movimento. - Dove andate a dormire? - Non so - rispose Arbaud. - Ieri notte ho dormito duo ore in una limousine che stazionava in faccia ad un «club» di notte... Ma voi? - E' solo da stamattina che non ho più camera. - Avete soldi? - Unu lira. Arbaud si grattò la testa rimarcando con voce triste: - Se le storie che ci siamo raccontate fossero state vere! Vi ricordato? Gli articoli a quaranta dollari... -Edi miei a trenta!... - Sapete che a causa di voi, sono stato sul punlo di non andare a prendere posto nella fila del dispensario? - Anch'io; ero seccata dalla vostra presenza e stavo per andure a l'are un mezzo giro. - Confessate che il mio trucco del giornalismo è stata un'ispirazione! - Soltanto che adesso è necessario trovare qualcosa di meno fantasioso, se non vogliamo camminare tuttala notte... In quel momento Giacomo Arbaud vide un gruppo di persone ferme davanti ad un negozio: una dozzina di uomini ciascuno dei quali portava sulla schiena un grosso apparecchio, una specie di scatola di metallo, sulla quale era incisa unu lettera gigantesca. Nell'interno dell'apparecchio alcune lampade elettriche davano un rilievo luminoso alla lettera che spiccava nitidissima. Un uomo di piccola statura che parlava con marcato accento italiano, si agitava, gridava, ordinando il gruppo. - Allora non vena? - Vi abbiamo detto che è stato schiacciato da un'automobile all'angolo della Westond Avonue. - Ma non si può fare la reclame senzu il T... E' necessario trovare qualcuno che faccia UT... - Aspettate un istante! - disse rapidamente Arbaud ad Elsa. Non vi muovete... Il giovanotto si avvicinò all'ita- liano. - Quanto mi date? - Siete disposto a fare il T?... - Quanto? - Un dollaro. - Pagamento anticipato... - Ah! no: non sono così sciocco! Ve lo darò domani mattina quando tornerete con l'apparecchio... Dopo una breve discussione i due uomini finirono col trovarsi d'accordo. Arbaud ricevette mezzo dollaro d'acconto e si pose l'apparecchio sulla schiena. - Adesso, infila... Primal'A... poi il V... Ma no, non voi, l'U... Arbaud approfitto di un istante che l'italiano era entrato nel negozio per correre da Elsa. Le mise in mano la moneta avuta in conto e le dette l'indirizzo di una modesta pensione che conosceva. - Domani mattina verrò a trovarvi... -Ma... - Zitta!... Mi chiamano... Sentite?... L'ometto urla cercando il T ed ilTsono io! Rapidamente il giovanotto andò a prendere il suo posto nella fila che, finalmente composta, formava con le lettere luminose che ciascun uomo portava sulla schiena, il nome di una pasta per le calzature. L'apparecchio pesava assai e per di più bisognava camminare con una cadenza regolare e intrufolarsi fra la folla senza disperdersi. Arbaud si volse e vide Elsa, immobile sul marciapiede, che lo guardava allontanarsi con aria sognai ric. Lo fece un piccolo cenno d'addio con la mano e continuò la sua strada con il T sulle spalle. LA PENSIONE DELLA SIGNORA BENNET Greenwich-Village è come un'oasi sorta nel mezzo di New York: non un'oasi di verde ma bensì un'oasi di vecchie abitazioni a due o tre piani con piccoli cortili e minuscoli giardini .Greenwich-Village è il più vecchio Quartiere della città, soffocato oggidì dai giganteschi grattacieli che lo hanno circondato. E' un'infima agglomerazione di catapecchie che gli americani sentimentali hanno voluto conservare per un religioso rispetto verso le loro antichità. Ma forse, più che per un rispetto per le origini della città, gli americani non hanno distrutto Greenwich-Village per poter dire: - Ecco come vivevano i nostri antenali! In queste miserabili abitazioni, senza stanza da bagno, senza ascensori né montacarichi, abitavano i nostri avi venuti dalla vecchia Europa. Ecco invece come viviamo noi: case di quaranta piani, ascensore espresso, ascensore omnibus, ufficio postale, infermeria, «restaurant» ecc. ecc. Comunque sia, Greenwich-Village è sempre là, annidato nel cuore della città, abitato da pittori, musicisti e artisti di ogni sorta. E' in una parola il Montparnasse americano. In questo minuscolo Montparnasse la pensione della signora Bennet si distingue per lo spirito «bohémien» che vi regna. La signora Bennet e una dignitosa vedova inglese con dei capelli bianchi tirati sulle tempie e vestita con un decente abito nero ornato di trine. Suo marito era un «clown» famoso ed ella ha serbato intatta una grande affezione per gli artisti in genere. E' nella sua pensione che vengono ad alloggiare le persone più disparate e strane: l'uomo serpente del circo Hegenreck, la donna barbuta, il musicista povero ed il pittore che giura che i suoi quadri varranno, un giorno, cinquanta, centomila dollari, ma che per vendicarsi dell'indifferenza attuale del pubblico preferisce distruggerli. Le camere sono povere ma pulite e tutta la casa è giorno e notte invasa da un forte odore di cipolle arrosolate, l'unico vizio della signora Bennet. Nel salone, al pianterreno, c'è un pianoforte sul quale ciascun pensionato musicista ha il diritto di suonare un'ora al giorno. Tutti i sabati la signora Bennet passa da una camera all'altra con i conti; questa usanza fa accadere fra pensionanti e padrona scene epiche. E' cosa rara trovare qualcuno che paga, quasi tutti domandano un rinvio alla prossima settimana. Alcuni poi, di rinvio in rinvio perdono tutto il loro credito e allora si accendono calorose discussioni e la signora Bennet finisce col ridiscendere con in mano degli abiti vecchi, un clarinetto o un tamburo, un orologio di nickel o altri oggetti che le sono stati dati come acconti sul pagamento. Il buon umore ed il più schietto cameratismo regnano nella pensione: la signora Bennet è però severissima sul buon costume e sulla pulizia dei suoi pensionanti. Uomini e donne non possono incontrarsi che nel salone sotto il suo sguardo severo. Fanno eccezione le coppie regolari ma, se talvolta è capitato qualche inganno al gioco, la signo ra Bennet esige senza tante discussioni il certificato di matrimonio. E' a questa pensione che Giacomo aveva indirizzato Elsa: il giovanotto vi aveva alloggiato per varie settimane ed aveva pagato l'ultimo conto con l'aiuto della valigia; poi se ne era andato senza un soldo in tasca e senza speranza di ritorno. La signora Bennet gli era molto affezionata quantunque egli non fosse un artista nello stretto senso della parola. Arbaud, a Parigi, era stato giornalista. Egli le aveva mostrato degli articoli apparsi, con la sua firma, sui più grandi quotidiani parigini. Così, quando, l'indomani mattina, egli arrivò stanco sfinito, con le spalle segate dalle cinghie dell'apparecchio che aveva portato in giro tutta la notte, fu accolto con grande gioia ed affettuosità. - Dove l'avete alloggiata la ragazza che vi ho mandata ieri sera? - domandò. - Al 22... La stessa camera che abitavate voi... E' già più di un'ora che si è alzata... Giacomo fece per dirigersi verso la scala ma la signora Bennet lo richiamò indietro: - Non posso lasciarvi salire su, signor Giacomo. A meno che non... siate sposati... Sospirando il giovanotto si diresse allora verso il salone. - Vi prego di avvertirla che sono qui... - Volentieri... Non siete mica in collera... Capirete... Una ragazza sola... Bisogna che salvaguardi la reputazione della casa da qualsiasi diceria. Ci sono tante persone cattive nel mondo... Il salone era una piccola stanza oscura con delle tende rosse di cotone; alcuni fiori artificiali coperti di polvere si affacciavano timidamente all'orlo sbocconcellato di due vasi di terra cotta. Alle pareti diversi ritratti in costume da pista del fu marito della signora Bennet. Giacomo Arbaud si sedette in faccia alla stufa intanto che la signora Bennet saliva al secondo piano ad avvertire Elsa dell'arrivo del giovane. Il calore della stanza, la poltrona troppo soffice, l'attesa che si prolungava un po' troppo ed in ?;ran parte la stanchezza fisica acero inconsciamente appisolare il giovane. Improvvisamente trasalì, destato dalla sensazione di una persona che lo guardava.Aprì gli occhi e vide Elsa che gli sorrideva tentando di celare la propria commozione. - Ho dormito?... E' molto che dormo? (Continua) C1929Estate of Georges Simenon ali rights reserved Per gentile concessione diAdelphi Edizioni Ho mangiato il mio ultimo panino ieri a mezzogiorno Questa mattina dovevo essere assunta come dattilografaGiovanotto, non posso lasciarvi salire nella camera 22 a meno che non siate sposati Devo evitare qualsiasi diceria

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