Palermo Le mille luci del Seicento di Marco Vallora

Palermo Le mille luci del Seicento Palermo Le mille luci del Seicento LA MOSTRA DELLA SETTIMANA Marco Vallora NON tutti conoscono l'etimologia di Palermo, «pan-ormus», città-tutto-porto, squadernata sul mare come una fémmina seducente e curve rubensiane, anatomicamente ti|x?rta ad ogni contai to con il mondo e ad ogni possibile attracco culturale. Città «viva, questa Palermo Europea» come scrive il direttore della Galleria Regionale della Sicilia Vincenzo Abbate, questa Palermo secentesca e multietnica, trasformata in un «attracco continuo di frazzate LA MDESETTMarcoCAPOLAVORI DI VAN DYCK E TRICREANO A SAN GIORGIO DEI IL CLIMA DELLA CITTA' NELL'Ee galere forestiere, di carico di grano e scarico di merci varie» (tra cui, non cosi sporadicamente, anche celebri opere d'arte che venivano dalle capitali dello stile internazionale). A questa Palermo in cui m ogni rione i dialetti svariavano, dai fiammingo al genovese, dai fiorentino allo spagnolo, è dedicata l'interessante mostra che si chiama, non a caso, «Porto di Mare», con tutte le allusioni che questa formula un po' malandrina può evocare. Una sorta di Grand Hotel dello Stile, in cui può entrare all'iinprovvi- STRA LA MANA allora so, dalla porta principale, l'invidiato Van Dyck, che lascia a Palermo qualche misericordioso capolavoro, ma che al contempo incontra nella bussola d'entrata il giovano Novelli. Sarà lui a portare anche al Nord il sublime 6 gelido idioma locale di Ribera lo spagnolo, mentre altri grandi fiamminghi come Stornerò Geronimo Geraldi, venuto da Anversa nonostante il suo cognome italiano, accendono di bagliori caravaggeschi o di nordici rubini la nottegià iper-stellata di Sicilia. E MINORI DA TEMPO INVISIBILI ENOVESI PER «PORTO DI MARE» OCA DELLA CONTRORIFORMA «Pittura a Palermo tra memoria e recupero» sottolinea l'utile catalogo Electa Napoli, ricco ili ricerche, di suggerimenti attributivi e di novità d'archivio. E appunto di una mostra di servizio-critico, ina fruibile anche dal grande pubblico, si tratta: adunata ragionevole di tele spesso minori, ma prelevate da chiesi: ove enino precluse allo sguardo o spostate da musei minori, come quelli di Termine Imerese o il Pepoli di Trapani, o lrattenuti nei depositi di Palazzo Abatellis ed «invisibili» per non toccare il miracoloso equilibrio della messa in scena di Scarpa. Lui inoltre calcolati restauri «secondo il concetto brandiano di riconoscimento», cioè di svelamento stilistico di alcuni intrecci imprescindibili, dimostrano l'interesse storicoculturale, di queste opere a cavallo di un periodo politicamente delicato qua! è quello che si conclude con la fine del mandato siciliano del duca di Albuquerque, viceré, sino al 1G70. Un momento in cui le acide e serpentinate ligure intellettuali del tardo manierismo alla Marco Pino si convertono nelle figure più campeggiami e «verosimili» dell' «arte senza tempo», che Zeri collego alla Controriforma. Momento in cui tutte le istanze estetiche sono come sottomesse al messaggio religioso. Lo spettatore di lede deve potersi irnmeile simare, entrare in gioco. Magari specchiandosi in quel Mose-contadino che al cospetto di Dio si massaggia le cioce usurate, o in ciucila deliziosa Sacra Famiglia del Salerno, in cui un Gesù Bambino inconsapevole si prova hi corona di spine (masi l'osse un giocattolo, tra un gran frullare d'angeli e la Madonna elle tiene i simboli della Passione in un cesi i no da lavoro, quasi fossero fusi e utensili da ricamo. Porto di Mare. 1*^70 1670. Palei ino. San Giorgio dei Genovesi Tutti i giorni orario 15-24 Fino al 31 ottobre CAPOLAVORI DI VAN DYCK E TELE MINORI DA TEMPO INVISIBILI RICREANO A SAN GIORGIO DEI GENOVESI PER «PORTO DI MARE» IL CLIMA DELLA CITTA' NELL'EPOCA DELLA CONTRORIFORMA «Ganimede» di manierista emiliano, probabilmente Girolamo Mazzola Bedoli, seconda metà del XVI sec.