«Italia, non estradare Song Zhicai»
«Italia, non estradare Song Zhicai» Appello della moglie al governo, il cinese è detenuto a Regina Coeli «Italia, non estradare Song Zhicai» Accusato di truffa, lo attende la pena di morte ROMA «Spero che il governo italiano intervenga al più presto per la liberazione di mio marito Song Zhicai e spero che ne protegga la vita, perchè se torna in Cina verrà certamente ucciso». E' l'appello lanciato da Li Yachen al governo italiano perchè non venga decisa l'estradizione del suo compagno, in carcere a Regina Coeli da novembre per un mandato di cattura intemazionale con l'accusa di truffa. «L'ultima volta che ho visto mio marito era il 22 giugno scorso perchè poi sono entrata in ospedale per partorire - ha proseguito Li - Song Zhicai non è certo nella sua forma migliore, è molto preoccupato, ma fiducioso nel governo e nella giustizia italiani». In una conferenza stampa organizzata da «Nessuno tocchi Caino», che si sta interessando del caso. Li ha sottolineato che il marito ha deciso di venire in Italia «proprio perchè sapeva quanto siano tenuti in gran conto in questo Paese i diritti umani e la Libertà dell'uomo». «Mio figlio ha bisogno di suo padre e io non posso ancora lavorare», ha aggiunto Li. Una richiesta di aiuti lanciata di fronte ai deputati Enzo Tarantino e Enzo Fraga la e il senatore Pietro Milio, primo firmatario di un'interrogazione parlamentare presentata al ministro di Giustizia Oliviero Diliberto e ministro degli Esteri Lamberto Dini per scongiurare l'est radi zione di Song Zhicai. Alla conferenza stampa è intervenuto anche l'avvocato difensore di Song, Claudio Giannelli, il quale ha spiegato che la Corte d'Appello di Roma il 15 luglio prossimo deve valutare la documentazione pervenuta dalla Cina e decidere sull'estradizione di Song, tenendo certamente conto che se estradato rischia la pena di morte. L'avvocato ha tenuto poi a sottolineare che la documenta¬ zione cinese è poco chiara tanto che non si è riusciti a determinare quale sia l'articolo del codice penale imputato a Song. «Prima era il 192 per il quale il massimo della pena doveva essere 20 anni di reclusione. Ma con l'aggravante, che in questo caso persiste data l'ingente somma della truffa, è prevista la pena di morte ha detto l'avvocato - poi vi è stata una rettifica dato che il reato era stato commesso prima dell'entrata in vigore del nuovo codice: a Song è stato allora imputato l'arti colo 152 del vecchio codice che prevede l'ergastolo». La nebulosità di questo caso è stata sottolineata anche da Sergio D'Elia, segretario generale di «Nessuno tocchi Caino». «L'inaffidabilità politica delle autorità cinesi è il dato fondamentale di questo caso • ha dichiarato D'Elia -. D ministro per la Giustizia deve dire no: abbiamo detto no a Pietro Venezia dobbiamo fare altrettanto per Song». [AdnKronos]
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