Il Cavaliere e il Professore, oggi amici

Il Cavaliere e il Professore, oggi amici BIPOLARISMO ALL'ITALIANA A GEOMETRIA VARIABILE Il Cavaliere e il Professore, oggi amici Dopo anni d'insulti è scoppiata la collaborazione la storia Filippo Ceccaroili JjB li, le delizio del bipolari^^smo italiano a geometria H variabile... Adesso sembra quasi che Prodi e Berlusconi si stiano mettendo d'accordo allo spalle non solo di D'Alema, ma di milioni e milioni di italiani fino a ieri indotti a ritenerli più cho antagonisti, incompatibili, inconciliabili, alternativi. Viene da pensare all'impressiono che suscitò in Norberto Bobbio la visiono di un programma televisivo che alternava le apparizioni in pubblico dei due leader: «L'uno conversava pacatamente con coloro che l'ascoltavano, rispondendo allo loro domando, l'altro celebrava con lunghi discorsi, interrotti da fragorosi applausi e da grida di approvazione, il proprio trionfo. Era la scuola della politica contrapposta alla politica come spettacolo». E invece adesso eccotoli lì, il Profossore e il Cavaliere. Entrambi hanno scoperto l'inutilità del «muro contro muro» e le virtù dogli accordi, pur nelle rispettive differenze, eccetera. Meglio tardi che mai? In realtà si resta male quando saltano delle cortezze e il copione cho assegnava le parti del teatrino sembra scritto di colpo da un'altra mano. Finora, che poi vuol dire più o meno negli ultimi tre-quattro anni, il triangolo aveva previsto l'inciucio tra Berlusconi e D'Alema ai danni di Prodi. Su questa dinamica s'è ormai venuta ad ammonticchiare un'ampia letteratura. La stessa pur irresoluta smania di riforme istituzionali aveva il senso preciso di scavare un tunnel tra Botteghe Oscure e Arcore, ta¬ gliando fuori Palazzo Chigi, dov'era Prodi. Quest'ultimo si difendeva lavorando di Fini e di Veltroni, soprattutto. Berlusconi urla e si agita tanto -_ avvertiva il presidente del Consiglio ma poi ritirerà fuori la grande coalizione. Lo schema in effetti era quello, nella sua comprensibile e simmetrica inconfessabilità. Ci fu un momento, per intendersi, in cui il Cavaliere, già bramoso di bicamerale, arrivò a sostenere che «con questa Finanziaria il governo dolio sinistre chiede pieni poteri come Mussolini nel 1926». Prodi creava un regime, difendeva i giudici, era bugiardo. Nella manifestazione di Roma, novembre 1996, Berlusconi indicò sei punti precisi in cui Prodi, lui in persona, aveva mentito «sapendo di mentire». D'Alema invece era ragionevole e perfino simpatico, tanto da rivelarsi ottimo commensale a casa Letta, davanti alla crostata della signora Maddalena. Chissà se ora la sorpresina europea - confezionabile pure ad uso domestico - rischia di ribaltare definitivamente il modulo. Anche senza implicazioni concrete - al solito - il colloquio di Bruxelles è comunque un segno. Di questo genere di astratti riconoscimenti, c'è anche da diro, vive la politica (e un po' anche il teatrino), con la sua vana circolarità e i suoi inesorabili trasformismi. Mai dire mai, in ogni caso. E tuttavia il comodo assioma del politicismo italiano non ce la fa ad oscurare la più sgraziata e vantaggiosa trasformazione del nemico di ieri in un possibile alleato por domani. Fin troppo eloquente il passato. Quando Prodi decise di candidarsi, Berlusconi disse solo: «Evviva!». E non era una gentilezza, né un messaggio cavalleresco, ma una sprezzante manifestazione di superiorità. Prodi gliela ricambiò dopo aver vinto le elezioni, con una battuta di dubbio gusto: «Prego la Madonna perché mi conservi Berlusconi come avversario». Il fatto che sia stato parzialmente esaudito consente oggi di ricordare che per lunghi mesi la strategia comunicativa del Cavaliere è consistita nel negare, semplicemente, cho il Professore fosse il legittimo capo della coalizione avversaria. Prodi era, piuttosto, una «foglia di fico», una «maschera», un «si mi 1 - li 'aderii, un «simpatico ciclista», «metà Balanzone e metà Fra Giocondo» (quest'ultima analogia, per amor di copy-ri ght, l'aveva mutuata da Funeri), Insomma, Prodi lui non lo vedeva proprio, né perdeva tempo a incontrarlo: «Io mi incontro con chi comanda», cioè D'Alema. E protestava: «Non capisco perché mi mettono sullo stesso piano». La strategia di Prodi, com'è ovvio, fu quella di far intendere che Berlusconi in realtà aveva paura. Però, tenendoci anche risultare bonario, non lo prendeva quasi mai di petto. Con una certa generica eleganza accennò ai «venditori ambulanti di prosperità» [Peddlers of Prosperity era il titolo di un saggio dell'economista americano Krugman); si limitò a dargli del «liberista incompetente» e poi, ma solo alla fine della campagna elettorale, disse che i programmi Fininvest erano pieno di sesso e violenza. Al che Berlusconi, che nel frattempo era arrivato all'i utile idiota», dovette replicare con una graziosa parolina: «Stronzate». Di questo e di altro è fatta dunque la politica. E di solito, bisogna aggiungere per onestà, l'estate non aiuta. Il leader di Forza Italia accusò l'allora presidente del Consiglio di «chiedere con la sua Finanziaria pieni poteri come aveva fatto Mussolini nel 1926» Poi disse che era un «utile idiota»

Luoghi citati: Arcore, Bruxelles, Roma