Il Polo la spunta sul «giusto processo» di Antonella Rampino

Il Polo la spunta sul «giusto processo» La maggioranza dà il via libera anche all'elezione diretta a turno unico dei presidenti di Regione Il Polo la spunta sul «giusto processo» E l'Asinelio accusa la Quercia di fare «retromarcia» Antonella Rampino ROMA Due a zero per il Polo, che incassa dalla maggioranza il via libera all'elezione diretta a turno unico dei presidenti di regione, e soprattutto il cosiddetto «giusto processo». Il risultato è che il treno delle riforme istituzionali riparte, ma si apre una nuova querelle con i Democratici di Prodi e Di Pietro, che accusano Botteghe Oscure di aver fatto retromarcia. Ma più che di dietrofront, si è trattato di una messa a punto, prima di entrare in zona Cesarini. Scadeva infatti il 23 luglio il termine ultimo per votare in Aula la riforma del «processo giusto», e si rischiava oltretutto che venisse impallinata proprio dalla maggioranza: così ieri tutti dal Guardasigilli. In un paio d'ore, s'è trovato l'accordo, Diliberto ha «sedato» personalmente le ansie dei Verdi, ma, così è la vita, non quelle del partito al quale egli stesso appartiene, tanto che per i Comunisti italiani Grimaldi ha tuonato «quel testo è impresentabile». La riforma che punta a distinguere tra il giudice che fa le indagini preliminari e quello davanti al quale si discutono le udienze preliminari, e che dovrebbe essere com'è in tutti i paesi a democrazia compiuta una «parte terza», ovvero il reale garante della fase delle indagini, era stata rinviata di sei mesi su richiesta dello stesso Guardasigilli. Rinvio che ha riguardato solo i processi penali (per quelli civili è entrata regolarmente in vigore il 2 giugno), permettendo così al Polo di gridare, all'epoca, che la maggioranza non voleva riformare la giustizia. Ieri, come una grande novità è stata accolta la decisione di andare invece avanti, votando il testo in Aula già la prossima settimana, e rimandando ad apposito disegno costituzionale la fissazione dei principi, imparzialità del giudice e ragionevole durata dei processi. In realtà, il vigore e l'accelerazione impressa a una delle riforme istituzionali più importanti è una delle indicazioni forti che vengono dal Quirinale. Carlo Azeglio Ciampi ha sollecitato in questa direzione il ministro delle Riforme Maccanico con lunghi colloqui. E così, anche sull'elezione diretta dei presidenti delle Regioni: la maggioranza aveva deciso a suo tempo, facendo infuriare Berlusconi e Fini, che il sistema dovesse essere a doppio turno. Ieri, c'è stato il dietrofront: «Il nostro obiettivo è avere prima delle vacanze estive la norma costituzionale sull'elezione diretta dei presidenti delle regioni» ha detto Maccanico. E, a proporre l'innesco della retromarcia, è stato proprio dal diessino Antonio Soda, che fu lo sherpa di D'Alema in Bicamerale: turno unico. A razzo, Botteghe Oscure si è allineata al nuovo corso delle riforme: Folena, che è il braccio destro di Veltroni, ha giudicato «una buona norma garantista» quella sul giudice unico, «anche se occorre proseguire la battaglia perché di fronte alla giustizia si possano difendere tutti e non solo i potenti», ha aggiunto malizioso. E ha definito «polemiche di panna montata» l'ipotesi di un dietrofront dei diessini sulle riforme. Perché poi le modifiche istituzionali la maggio- ranza non può farle da sola, per evidenti ragioni di deontologia politica. E dunque quella «retromarcia» è in realtà una lenta marcia di avvicinamento all'opposizione. Se n'è accorto Giuliano Urbani, che ieri sera mormorava «chissà, forse questa è davvero la volta buona...». Lo stesso Urbani di cui, sarà un caso, ma proprio ieri mattina si poteva leggere un'intervista sull'Unità. Ma ieri sera, un po' di suspence si è creata nel Palazzo in attesa che, a un convegno di MicroMega, dicesse la sua Walter Veltroni, che è pur sempre l'azionista di maggioranza relativa del governo, e che aveva rimproverato tempo fa il ministro Maccanico di non essersi dato abbastanza da fare. Perché Veltroni ha annunciato di avere allo studio una proposta di legge elettorale, e perché si sa che è stalo uno dei paladini del doppio turno. Quel doppio turno che Berlusconi e Fini considerano come il fumo negli occhi. Ma poi, è andato tutto bene: Veltroni si è limitato a dire, tirando per la giacca Maccanico, che il tempo per la riforma elettorale è al massimo di 6 mesi. SPA

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