L'ADOZIONE DALLA PARTE DEI BAMBINI di Leonardo Zega

L'ADOZIONE DALLA PARTE DEI BAMBINI LEGGE DA RIPENSARE L'ADOZIONE DALLA PARTE DEI BAMBINI Leonardo Zega LA sentenza della Corte Costituzionale, che abbatte la barriera dei quarant'ahni di distanza tra aspiranti genitori e bambini adottando, anziché ulteriori risse, dovrebbe suscitare una riflessione che coinvolga legislatori, giudici e cittadini: per ripensare la legge, ma soprattutto per (ripensare» l'adozione. So, per lunga esperienza di dialogo con padri e madri in attesa di un «tìglio», quanto i>ossa essere difficile e persino doloroso il percorso che va dal sogno alla sua realizzazione. Generosp e sensibili come sono, queste persone soffrono i passaggi legali - quelli inevitabili e ancor più quelli accessori, dovuti a lentezze e ottusità burocratiche - come un'insopportàbile offesa . Un magistrato attento e responsabile come Livia Pomodoro, presidente del Tribunale dei Minori di Milano, ha piti volte confessato il suo sconcerto sia per le reazioni di alcuni postulanti anche di fronte a indagini di routine, sia per la tendenza della pubblica opinione a schierarsi pregiudizialmente «contro» i giudici. Chi non ricorda, ad esempio, il caso della piccola filippina Serena Cinz, clie all'inizio degli Anni 90 suscitò discussioni a non finire allo quali partecipò anche una scrittrice mite e misurata come Natalia Gmzburg, con un saggiopamphlet, Serena Cruz » hi vera giustìzia, particolarmente duro con i giudici di allora? Pur considerando la peculiarità del caso preso ora in esame dalla Consulta, non è solo Livia Pomodoro a chiedere al Parlamento di aggiornare la legge senza però ricadere nel «mercato selvaggio dei neonati» (Quelli già grandicelli, cho avrebbero più bisogno di essere accolti con generosità, sono ahimè i meno appetiti). Li difficoltà maggiore sta, a mio avviso, nella comprensione e nell'accettazione di un principio così ovvio da non avere bisogno di argomentazioni: l'adozione e un rimedio residuale estremo e si giustifica soltanto ponendosi totalmente dalla parte dei bambini. Tutte le altro motivazioni - desiderio del tiglio che non si e potuto avere, vuoto affettivo ila colmare, capacità educativa e risorse economiche disponibili - pur essendo legittime, non devono essere prevalenti. Non esiste un «diritto» :il figlio, naturale o adottivo che sui; esiste invere un dovere, per cosi dire planetario, di aiutare e tutelare l'infanzia più debole e più esposta al rischio di abbandono, con modi e forme che non scardinino però il contesto originario, la famiglia in primissimo luogo. Sempre e ovunque ciò sia possibile. Non è dunque la distanza di anni a fare la differenza; o meglio, .mche la distanza anagrafica trova il suo limite invalicabile nelle concrete esigenze dell'adottando. Non si può dire sbrigativamente: siamo soli, abbiamo tanto amore da donare, che cosa conta l'età? D'altro canto, le leggi su questa delicata materia devono lasciare un inargine di manovra sufficiente alla «prudenza del giudice», si che si possano fare le eccezioni senza distruggere le regole. La vicenda dei coniugi Miceli, che ha provocato la sentenza della Corte, e in questo senso esemplare.

Persone citate: Livia Pomodoro, Miceli, Natalia Gmzburg, Serena Cinz, Serena Cruz

Luoghi citati: Milano