Per dimenticare Netanyahu

Per dimenticare Netanyahu Pragmatismo, piccoli passi, sincerità reciproca: ecco la nuova formula del negoziato Per dimenticare Netanyahu Fiamma Nirensteirt GERUSALEMME CHI volesse comprendere com'è andato ieri il primo incontro di Stato tra Arafat e Barak, avrebbe dovuto scrutare il linguaggio del corpo dei due leader, più che ascoltare le loro parole. Nel momento in cui Barak, contrariamente a quello che faceva Netanyahu, si è fatto incontro ad Arafat che scendeva dalla sua limuosinc davanti alle scale; e nell'attimo in cui l'ha sostenuto come un padre quand'era quasi in vetta alla rampa; è nella risata comune quando Arafat ha spostato l'aiutante che gli fungeva da traduttore dalla sinistra, dove gli impediva la vista di Barak, a destra. Il risultato dell'incontro è nell'iterata comparazione che Arafat ha fatto tra Rabin e il nuovo primo ministro; sta nel dono del vecchio titolo «partner e amico» con cui sempre Arafat chiama Shimon Peres e con cui chiamava Rabin. Insomma, l'incontro ha certamente confermato che la ripresa del dialogo c'è, che l'onore e la fiducia, la coppia senza la quale non si possono fare inviti a cena in onore della pace, è di nuovo disponibile in Medio Oriente. C'è chi ha detto che si trattava dunque di un incontro d'attesa, perché il Grande Partner Bill Clinton attende ancora a Washington la visita del premier israeliano dal sorriso di gatto e che quindi fino ad allora non c'è giuoco. Ma non è stato proprio così: si era detto che Barak voleva mettere da parte l'accordo di Wye Plantation per proporre l'immediato inizio dei colloqui per lo statuto finale dei rapti M Aft id porti. Ma Arafat, evidentemente, appena si sono incontrati gli ha posto in veto a questa ipotesi: ne andava del suo onore. Lui ha firmato l'accordo, lui lo vuole vedere realizzato. Barak tentennava, perché le varie erosioni territoriali prima di trattare l'intero pacchetto certamente non gli convengono. Ma la soluzione è stata trovata: Barak ha capito al volo e ha annunciato senza battere ciglio che Wye sarà realizzato con il conseguente ritiro territoriale. Ma ambedue le parti hanno subito ribadito che questo avverrà contestualmente all'apertura dei colloqui sullo stato definitivo. Quindi, tutti e due contenti. Non solo: da ambo le parti la dichiarazione di guerra al terrorismo è stata durissima: in altri termini, questo significa che Arafat promette a Barak, in cambio del ritiro, una guerra senza quartiere ad Hamas. Non è finito: alla popolazione palestinese dell'Autonomia importa abbastanza, sì dei Territori, ma ancora di più di quei benefici concreti, piuttosto pochi fino ad ora, che la pace può portare con sé. Per questo i due hanno fatto una lista che riguarda il ritorno dei prigionieri, il porto ill l ih di Gaza, e mille altre cose pratiche realizzabili in tempo breve. Ovvero le cose più facili, o almeno le meno difficili che Bibi rendeva impossibili; Barak invece le considera fattibili. Compresa quella inevitabile con cui Netanyahu seguitava a combattere come contro un immenso mulino a vento ideologico: la nascita dello Stato palestinese. Barak, realisticamente, sa che è inevitabile e anzi imminente, e più volte ha ripetuto nei giorni passati che deve nascere ma non per questo portare pericoli per la sicurezza di Israele. Arafat sa che in questo il suo interlocutore è più che serio; anche ieri il nuovo primo ministro israeliano ha ripetuto al mondo intero di essere un uomo di sicurezza, che tutta la vita ha combattuto per questo, d che tale resterà. Sa dunque bene che la realizzazione dell'accordo di Wye, con i suoi due sgombri dell'esercito, il passaggio a Sud-Ovest da Gaza al West Bank, il grande porto a Gaza, comportano accordi antiterrorismo di ferro. Ma d'altra pam;, Barak h,t subito dato conto di aver capito che la parola non mantenuta è uno sgarro imperdonabile nel mondo arabo, una mancanza di rispetto. Per questo ha pagato Ih tassu della riconferma dell'accordo di Wye; per questo adesso si avvia tranquillamente verso il Re Abdullali di Giordania, prossimo incontro, e seguita a condurre la diplomazia segreta con la Siria. Tutto il Medio Oriente non fa che guardarlo, e riguardarlo, e rigirarl da tutte le parti, e farlo risuonare per vedere se il suo metallo è autentico: intanto Arafat'esce ad incontrare Mubarak, e cresce la sensazione fondamentale che si possono fare affari con questo generale dalla faccia di placido felino domestico. Ma attenzione, il mondo arabo ha anche subito capito quello che forse ancora il mondo dove accettare: neppure un centimetro verrà ceduto da Barak per compiacenza, per debolezza, o per opportunismo. Nello shuch, il mercato orientale, specie quello di Gerusalemme, la regola è ben nota: prendi in giro l'ingenuo, ma non tentare di fregare chi ci capisce quanto te. Il mondo arabo esamina il nuovo interlocutore e pare soddisfatto