Belgio, governo senza dc di Manacorda
Belgio, governo senza dc Al premier Verhofstadt il compito di riscattale il Paese dai troppi scandali Belgio, governo senza dc Dopo oltre 40 anni una coalizione laica Francosco Manacorda corrispondente da BRUXELLES Questa mattina il Belgio si sveglia con un nuovo governo federale, il primo senza democristiani da oltre quarant'anni. Nella serata di ieri infatti si sono concluse le trattative tra l'«informatore» incaricato di formare il governo, il liberale Guy Verhofstadt, e i sei partiti che danno vita alla coalizione viola-verde a livello federale. Successivamente Verhofstadt si è recato dal re Alberto lì per sottoporgli la lista dei ministri che lo stesso sovrano ha esaminato ed approvato. Il sovrano ha dunque nominato ufficialmente i ministri dando notizia al Paese della scelta con un comunicato ufficiale. La coalizione a sei - in realtà si tratta di soli tre partiti, liberali, socialisti e verdi, ma ogni schieramento è poi diviso in un partito vallone e uno fiammingo - è un'inedito per la politica belga, sia per la presenza del liberale Verhofstadt come primo ministro (durante questo secolo solo una volta un liberale ha retto il governo, e per sei mesi), sia soprattutto per l'arrivo al potere degli ecologisti. Non è stata una scelta facile, quella dei verdi: usciti trionfatori dalle elezioni politiche del 13 giugno hanno dibattuto a lungo se accettare o meno, e a quali condizioni, l'ingresso nella coalizione di governo. Poi, sabato, il loro congresso ha dato il via libera all'entrata nell'esecutivo federale. Tra i punti su cui la nuova coalizione si è impegnata nel suo programma, c è anche quello - richiesto proprio dai verdi - di un'uscita progressiva del Belgio dall'ut.ilizzo dell'energia nucleare, chiudendo le centrali che abbiano più di quarant'anni. Ancora, liberali, socialisti e verdi promettono al Belgio la riduzione del debito pubblico, che oggi è al 113 per cento del PiL in termini percentuali secondo in Europa solo a quello dell'Italia, e la riduzione dei contributi versati dai datori di lavoro per rilanciare l'economia e l'occupazione. Ma più in generale a Verhofstadt e ai suoi ministri spetterà il difficile compito di rispondere al messaggio chiarissimo che le urne hanno consegnato il mese scorso alla classe politica belga. Lo scandalo dei mangimi alla diossina è stato l'ultimo di una serie di casi, di cui il più celebre è quello che riguarda il pedofilo Marc Doutroux, che hanno seguito lo stesso copione: controlli amministrativi insufficienti e frammentati (anche grazie alla divisione del Belgio in tre regioni e tre comunità linguistiche), e incapacità della classe politica di rispondere rapidamente alla crisi se non addirittura il tentativo da Earte delle autorità di «insabiare» i problemi. Il nuovo primo ministro Guy Verhofstadt. a sinistra, con il presidente del partito socialista francofono, < Philippe Busquin
Persone citate: Alberto, Guy Verhofstadt, Philippe Busquin, Verhofstadt
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