Todt: «Tradito dai freni posteriori» di Pierangelo Sapegno

Todt: «Tradito dai freni posteriori» DIECI MINUTI D'INFERNO NEI BOX DELLA FERRARI DOPO L'INCIDENTE DI SCHUMACHER Todt: «Tradito dai freni posteriori» E Irvine rivela: al traguardo non sapevo la verità reportage Pierangelo Sapegno inviato a SILVERSTONE ESSUNO ha mai pensato che la cosa più grave di tutte fosse successa. Subito dopo che la sua Ferrari s'era accartocciata contro le barriere in fondo allo spiazzo della curva Stowe, Michael Schumacher s'è sollevato sulle braccia per uscire dall'abitacolo. E' stato come un segnale. Jean Todt è arrivato sul posto. Pino Gozzo, l'addetto alla logistica della Ferrari, è corso fuori dai box verso il Medicai Center del circuito. Sfuggiva i giornalisti che lo incrociavano: «Non so niente, speriamo bene». Dicono che non ci sia stato un collegamento via radio, niente. Per capire che cosa fosse davvero capitato e valutare la gravità dell'incidente, hanno dovuto aspettare di vederlo in faccia. Hanno posato Schumacher vicino alla fiancata sinistra della Ferrari. Lui ha alzato un braccio, quando l'hanno sdraiato sulla barella, quasi a dire che era vivo. Uno dei commissari del circuito s'è voltato verso il fotografo Alberto Crippa per allontanarlo dalla macchina e gli ha fatto segno «che a Michael venivano giù le lacrime dal dolore». Schumi urlava: «Mi fa male, mi fa un male cane». A un certo punto mentre lo spostavano sulla barella ha alzato ancora la voce: «Fate piano...». I commissari hanno coperto la macchina con una pezza verde mela, prima di issarla sul carro attrezzi per portarla ai box. Quando l'hanno vista, qualcuno dei meccanici s'è messo le mani nei capelli: «Che legnata che ha preso. Per fortuna che la scocca ha resistito, se no chissà come finiva». Gianni Petterlini, detto Attila, il capomeccanico della macchina di Schumi, ha dovuto salire sulla punta disfatta della F399 per controbilanciare il peso del retrotreno mentre la scaricavano. L'hanno chiusa nel box di destra. Era questa l'immagine di Silverstone: le tute rosse dei meccanici seduti a semicerchio in attesa dei pit-stop che sbirciavano la gara in televisione e scuotevano la testa. C'era uno strano silenzio. E nessuno faceva il tifo. Petterlini teneva la testa bassa. Il Mondiale non era più lì. In quel momento, era cominciato il giorno più lungo di questa nuova stagione nera. Ma davanti al Medicai Center, le facce mogie degli uomini Ferrari trovavano per assurdo un po' di sorriso all'arrivo di Schumacher. Avevano temuto il peggio. Michael ora sembrava meno piegato dal dolore. La gara è ripartita. Manca solo Todt al muretto a dirigere la corsa. Gli altri sono tornati al loro posto: Luca Baldisseri, Stefano Domenicali, Ross Brawn e Ignazio Lunetta. Per i giornalisti arriva solo uno scarno comunicato, firmato Jean Todt: «Michael Schumacher ha avuto un incidente al primo giro a causa di un problema ai freni posteriori, stiamo investigando sul perché. Michael ha una frattura di tibia e perone alla gamba destra. Verrà operato nell'Ospedale di Northampton». Quando la corsa finisce, gli uomini Ferrari hanno la consegna del silenzio. Eddie Irvine, in conferenza stampa, si fa una gaffe: «Schumacher? Sì, ho visto Pincidente. Io oggi ho cercato di sostituirlo come meglio potevo, domenica prossima quando lui tornerà in macchina, io mi rimetterò tranquillamente al mio posto». I giornalisti increduli, gli rifanno la domanda, gli chiedono come si sente ad avere tutta la responsabilità della prima guida, e lui ripete tranquillamente: «Nessun problema. Per una volta si può fare. Domenica prossima Schumacher tornerà più forte di prima». Quando finisce la conferenza, qualcuno gli deve far presente come stanno veramente le cose. Arriva un altro comunicato. Firmato Eddie Irvine: «Mi scuso per i miei commenti sull'incidente di Michael, perché sino al¬ la fine della conferenza stampa non sapevo che aveva subito delle fratture alla gamba. Spero che possa recuperare molto rapidamentre e lo aspetto nella sua auto vicino a me». Jean Todt resta fino alle nove e mezzo di sera, in ospedale, a Northampton, vicino a Schumacher. Viene via senza dire una parola. Con lui c'è anche Babir Singh, il fisioterapista di Michael. A Silverstone, nel motorhome della Ferrari, fanno capire che oggi potrebbero portare il pilota tedesco in Francia, a Parigi, dal professore Gerard Saillant. Nei box, continuano a studiare quel che resta della macchina di Schumi. Una scatola nera l'ha presa la Fia. Dalla telemetria, risulta che Michael è arrivato a 97 all'ora contro le barriere. Dice Claudio Berrò, ufficio stampa: «Per farvi capire, i test si fanno a 50 all'ora. E' stato davvero un impatto fortissimo». A chi gli chiede del Mondiale, lui risponde così: «Non si può pensare al campionato in una giornata come questa». Anche Ralf, il fratello più giovane di Michael, parla a voce bassa: «Oggi è stata dura correre sapendo quel che era successo. Però dovevo farlo e l'ho fatto». A fianco, la Ferrari di Schumacher pochi istanti prima di schiantarsi contro le protezioni: un impatto avvenuto a quasi 100 chilometri orari. A destra. Michael viene adagiato accanto alla vettura semidistrutta in attesa del trasporto in barella verso l'ambulanza che lo porterà al centro medico dell'autodromo dove verrà fatta la prima diagnosi * '1 m % *

Luoghi citati: Francia, Parigi, Silverstone