«Il mio viaggio in Papamobile» di Jas Gawronski

«Il mio viaggio in Papamobile» L'ONORE RISERVATO AD ALEKSANDER KWASNIEWSKI «Il mio viaggio in Papamobile» Il presidente polacco: perché l'invito di Wojtyla intervista Jas Gawronski ■ mmoginatevi un Vaticano col - ■ locato non a Roma ma in m Polonia. Da lì un Papa di nazionalità italiana parte per un lungo viaggio nel suo Paese natio. Al termine della sua missione, i più importanti politici italiani, ex democristiani ed ex comunisti, sono schierati all'aeroporto di Ciampino per rendergli omaggio, ringraziarlo della visita e salutarlo. Il Santo Padre arriva con il suo papumobile e invece di scendere e salutare tutti i dignitari com'era previsto dal protocollo manda il suo segretario personale a chiedere a D'Alema di salire sulla sua macchina bianca. E' la prima volta nella storia dei Papi che un onore del genere vieni; riservato ad un «estraneo», un laico. Il nostro presidente del Consiglio non fa nemmeno in tempo a riprendersi dalla sorpresa che il segretario invita a salire anche sua moglie: è forse la prima donna ad aver nini messo piede su un papamobile, Gli altri politici, soprattutto quelli che (K;r le loro origini cristiane e la loro militanza anticomunista pensavano di aver diritto ad un eventuale trattamento di favore, rimangono di stucco. Per molte settimane dopo la partenza del Papa, in Italia si continua a discutere sulle ragioni e sul significato di quel gesto insolito e sulle sue conseguenze sulla scena politica italiana. Le interpretazioni sono le più diverso;, ma su una cosa tutti concordano: D'Alema resterà al potere ancora per molto tempo. Il racconto può apparire insolito, ma è più o meno quollo che è successo in Polonia al termine della visita che il Papa ha effettuato noi suo Paese il mese scorso. Come conseguenza Aleksander Kwasniewski, l'ex comunistu eletto presidente della Polonia dopo aver sconfitto Lech Walesa, appare certissimo della sua rielezione l'anno prossimo. A dire il vero ne era sicuro già prima: il paradosso della giovane democrazia polacca, formata da una stragrande maggioranza di credenti, è che il politico più popolare risulta proprio il giovane presidente della Polonia che non fa mistero delle sue convinzioni ateistiche e che nei giorni del 1989 quando a Varsavia il comunismo trattava la sua resa guidava la delegazione del regime uscente. Oggi il suo tasso di popolarità raggiunge il 78 per cento o continua a crescere, fenomeno insolito per chi è al potere oramai da quattro anni. «Ouando ho visto il segretario del Papa monsignor Dziwisz invitarmi e poi farmi cenno di salire sul papamobile ho pensato al peggio, che forse il Papa non si sentiva bene e che bisognava aiutarlo a scendere», racconta Aleksander Kwasniewski seduto nel suo ufficio al palazzo presidenziale che si apre sulla più bella strada di Varsavia, la Krakowskie Przedmiescie. «Una volta u bordo il Papa mi è apparso sorridente e allegro, il cardinale Sodano mi ha tirato per la giacca per invitarmi a sedere vicino a lui e ho capito che dovevo rimanere, e poi ho visto salire persino mia moglie! Non riuscivo a riprendermi dalla sorpresa, non mi sarei mai immaginato un simile onore: per me il papamobile era un "sacrum", un luogo inviolabile dagli estranei. Intanto, mentre la maccliina girava per l'aeroporto, il Pana salutava la folla ed il cardinale Sodano mi descriveva le caratteristiche tecniche del papamobile, dicendomi che ce ne sono due versioni, una della Fiat l'altra della Mercedes». Ma come spiega ilpresidente Kwasniewski il gesto del Papa? «Ho una mia teoria. Io ho una specie di tacito accordo con il Vaticano per cui quando il Papa viene in Polonia faccio avere in anticipo ai suoi assistenti i miei discorsi in modo che ne siano al corrente, possano essere tranquilli ed eventualmente preparati a reagire: la diplomazia vaticana è potente ma ha una sua inerzia. Il giorno della partenza del Papa, la mattina, io stavo ancora lavorando al discorso che avrei pronunciato il pomeriggio, l'ho preparato io da solo perché volevo includervi degli accenti personali, e loro hanno telefonato per sapere se come al solito avrebbero avuto il testo in anteprima. Li ho rassicurati in proposito, e forse quando il Papa ha letto le mie parole ha deciso di gratificarmi di quell'insolito invito: perché le mie parole, i miei concetti ricalcavano quelli che il Papa aveva predicato durante tutto il suo viaggio, soprattutto la necessità che i polacchi rimangano uniti. E infatti quando poi ho letto il mio discorso il Papa mi ha fatto i complimenti, con una frase in italiano che ora non ricordo». Ma indubbiamente il gesto del Papa scuote gli equilibri politici in Polonia. Al posto suo il presidente Kwasniewski l'avrebbe fatto? «Sì, in Polonia l'avrei fatto. E la sua patria, sa che ci sono dei Eroblemi, delle divisioni, forse a anche la sensazione di non poter pilotare e controllare la Polonia ancora per molto. E allora vuole riunificare, vuole l'equilibrio. Ed io credo che la mia persona, la mia presidenza, il tipo di rapporto che abbiamo fra di noi gli abbia dato la sensazione dell'equilibrio. Quando è venuto in visita qui al palazzo siamo stati insieme nella cappella, mia moglie, mia figlia, mio suocero ed io, ed è stato un momento commovente. Monsignor Dziwisz ha intonato un celebre canto polacco, "Boze cos Polske". Era un momento intimo, ma anche al di fuori di quella cappella i polacchi hanno capito che rispetto molto il Papa, la sua personalità ed il suo ruolo in tutti gli avvenimenti che hanno portalo al successo della Polonia di oggi. La fede poi è una questione personale. Durante il viaggio del Papa io c'ero dove dovevo esserci, ma non ho mai voluto fare del presenzialismo inutile, e credo che i polacchi apprezzino questo mio atteggiamento». Ma quello del Papa rimane un gesto politico. Per convincersene sarebbe bastato vedere la faccia del capo della maggioranza di centrodestra al governo quando Kwasniewski è salito sul papamobile! «No, non è un gesto politico. Il Papa mi ha trattato come capo di Stato, non come ex membro del partito comunista polacco». «Quando all'aeroporto mi è stato chiesto di salire non riuscivo a riavermi dallo stupore» «I concetti del mio discorso di quel giorno erano gli stessi che lui aveva predicato» Giovanni Paolo II con Aleksander Kwasniewski, all'aeroporto di Varsavia, prima del rientro in Italia