QUEI CELTI DA CUI VENIAMO di Mario Baudino

QUEI CELTI DA CUI VENIAMO STORIA QUEI CELTI DA CUI VENIAMO la vita dei lauri e degli altri popoli in un documentato affresco IL primo assedio di Torino che la storia ricordi è del 217 avanti Cristo. La città si chiamava Taurasia, dal nome dei galli Tauri che l'avevano fondata sulle rive del Po in un luogo che probabilmente era un centro cerimoniale e commerciale da età molto più arcaiche. E a differenza di quasi tutte le altre popolazioni celtiche dell'Italia settentrionale, i Tauri chiusero le porte in faccia al condottiero cartaginese in marcia verso Roma, costringedolo ad assediarli e, peraltro, sottometterli. Il motivo era molto locale: i Tauri erano in cattivi rapporti con i galli Insubri, installati dal Ticino verso la pianura padana, alleati di Annibale. Essere celti non voleva certo dire sentirsi «nazione». Anzi, lo sport preferito di questi nostri neppur troppo lontani antenati era, in genere, il combattersi furiosamente a vicenda. Sono notizie e spigolature che prendiamo da «I celti in Italia», di Venceslas Kruta e Valerio M. Manfredi, appena pubblicato da Mondadori (pp. 000, L. 00.000). Kruta, che insegna alla Sorbona, è uno dei massimi specialisti in materia (curò anche la mostra veneziana di Palazzo Grassi nel '91). Manfredi è, oltre allo scrittore che tutti conoscono, autore di best seller come la trilogia di «Alexandros», un archeologo avventuroso che ha scavato dal Sinai al Nord Europa. Il risultato della collaborazione è un magnifico affresco, molto documentato, su questi popoli che costruivano gioielli bellissimi, co¬ me i «torques», le collane d'argento che portavano i nobili e i guerrieri, ma non palazzi e città nel senso romano del termine. Avevano uno stretto rapporto con la natura, un'agricoltura già molto sviluppata, una cultura raffinata e un vero culto del coraggio personale e della battaglia, dove in modo forse rituale si presentavano nudi, a piedi o sui loro carri da combattimento, i capelli e i baffoni impastati di gesso, un aspetto terribile e il famoso «furor» che li rendeva apparentemente inviabili. Secondo lo storico romano Tito Livio reggevano però male il caldo e la fatica, e così dopo un lungo confronto finirono per essere sconfitti e sottomessi dai romani. Prima nella «Gallia Cisalpina», il Nord Italia, poi nella Gallia vera e propria, da Gitili^ Cesare. Da noi hanno lasciato iscrizioni, e soprattutto un retaggio culturale importante. Hanno dato alla cultura romana, dopo essersi integrati perfettamente con essa, poeti come Virgilio o Catullo. Il libro ricostruisce la loro storia dai primi insediamenti, la cosiddetta cultura di Golasecca, nel VIV secolo a. C, che ha come centro proprio le due sponde del Ticino, fino, attraverso successive invasioni e migrazioni, non sempre necessariamente violente e sanguinose, alla definitiva sconfitta dei Boi, all'inizio del II secolo a. C. Non è certo la fine dei celti: é solo l'inizio di un'altra storia. Mario Baudino

Persone citate: Gallia, Kruta, Mondadori, Tito Livio, Valerio M. Manfredi, Venceslas Kruta

Luoghi citati: Golasecca, Italia, Nord Europa, Roma, Torino