MESTIERI DI STRADA

MESTIERI DI STRADA della Mi emona m Renato Scagliola MESTIERI DI STRADA 1richiami dei molitta, deiparapiovè e i lustrascarpe di Castelmagno ITTTzTIO'AnnTcìnquanta: 1 se(;ni della guerra da poco terminata che ha distrutto case, strade, ferrovie convivono a Torino, come in buona parte d'Italia, con quelli di una incipiente ricostruzione che riportando la vita, ridanno coraggio agli uomini, a quelli che vogliono dimenticare i bombardamenti, le corse nel rifugio, il tamtam di Radio Londra e... la farne. Ma non basta ricostruire le case, occorre il lavoro, far ripartire le fabbriche e far riprendere le attività; occorre riabituare la gente ad uscire ogni mattina per andare a riaprire il negozio, andare al mercato, all'ufficio o in officina... Le strade di Torino non sono certo quelle di oggi, ma soprattutto non c'è il rumore assordante a cui ci si e abituati nel tempo: qualche bicicletta cigolante nella nebbia mattutina verso Mirafiori: qualche carretto con le ruote gommate; i grossi carri di Gondrand gialli e blu trainati da cavalli monumentali per i trasporti e pochi sferraglianti «tramvai», quelli col fischietto tirato dal manovratore, senza porte, dietro ai quali si arrampicano a grappoli i ragazzini usciti da scuola per l'ultima birichinata del mattino: cartella di cartone a tracolla; sillabario, quaderno con copertina nera, astuccio con penna e pennini e matita «Presbitero», di quello che ha matite per capelli Da queste strade quasi silenziose, in rapporto ad oggi, ecco levarsi sempre piii sicuro, un grido ricorrente e coraggioso di chi deve ingegnarsi a guadagnare qualcosa in attesa del «posto fisso». Il richiamo di uno diventa il richiamo di molti: per le strade, nei cortili delle case di ringhiera, nelle piazze le «donne di casa», ancora con gli occhi gonfi di pianto per i dolori della guerra, si affacciano ai balconi e finestre. «Portamantelle... tre per cento lire... tutto l'assortimento...» grida uno in strada dall'accento non tutto piemontese, che sta girando con una cinquantina di portamantelli in leg.nogrezzo infilati in un manico di scopa; e un altro gli ribatte di lì a poco «Parapiuvè... paracqua... paracqua.., parapiuvè... aggiusto ombrelli, madame metto a posto stecchi:, manici e tela». Il terzo pili caratteristico urla di sotto alla falda di un cappellaccio nero ... «Mulitta... mulitta... forbici, coltelli, lame affilo tutto per poche lire» ... e la sua cantilena si confonde con il cigolio del carrettino. Ha le «braie da mulitta...», sono sempre vestiti così gli arrotini, ossia pantaloni di velluto a coste marroni con il dietro liso dall'uso e dalla mania di passarci su il coltello appena affilato e bagnato nell'acqua per raffreddare. «C'è il ghiaccio... lagiassa, la giassa...un quarto di pane, mezzo...forza madame, passo oggi e poi fra tre giorni...Forza se no il butirro si squaglia...». Ma non è ancora passato quello del ghiaccio che arriva lo strasè: triciclo e bicicletta, sporco in modo da mimetizzarsi con il suo carico urla «Feramiù... strasè... feramiù... strasè... compro stracci, ferro, bottiglie... pago bene e subito!». Il loro grido forte si spande ovunque e viene inteso anche ai piani alti dell'intero quartiere, dai balconi la solita frase «Mi aspetti, scendo! Monsii devo aggiustare l'ombrello...» «Subit madamin...». E l'artigiano apriva la sua bottega, anzi il suo carrettino nel cortile di un caseggiato o all'angolo di una strada e iniziava la sua paziente opera manna- ~Iè" con' maestria, "t ragazzini attorno, che giocano a palla, fanno un andirivieni fantastico per seguire l'opera e valutare il tutto, con divertimento e a volte disappunto dell'omino. Chi oggi si sognerebbe di far aggiustare un ombrello... si buttano anche quelli firmati; allora tutto doveva durare. Il mulitta si ferma all'accorrere di ogni donna che abbia in mano un aggeggio da affilare... la mola azionata con gamba e piede gira, scintille e grida gioiose attorno, la lama luccicante, un tuffo nella ciotola d'acqua, una passata sui pantaloni «da mulitta, là dove non batte il sole...» ed ecco pronto ... dieci lire, «grassie Madama». L'arrivo degli artigiani ambulanti era anche una occasione di incontro, di cicaleccio o di scambio di speranze e delusioni; di informazioni date e carpite per la soppravvivenza; tutto lì attorno alla «bottega vagante» dove avvenivano i primi contatti, non senza diffidenza tra i settentrionali e i primi «napuli» (detto ora con rispetto) arrivati da quel meridione lontano. Si parla in dialetto torinese o piemontese, segno inequivocabile di riconoscimento nei crocicchi, e si cimenta anche chi prima o poi, si tradisce con il «piemontese di Montecallè», come si usa dire. Gli artigiani della strada tuttavia hanno il loro trionfo nei lustrascarpe presenti soprattutto in centro, a Porta Nuova (quasi tutti originari di Castelmagno, Cn) davanti ai grandi alberghi e ristoranti. Quel deschetto con il poggiapiede, qualcuno ha il sedile per il cliente, le spazzole con setole più o meno morbide, la velocità e la maestria con cui lucidano punta e tacco sono impensabili per chi non li abbia visti. Lustrascarpe, mulitta, straccivendolo, aggiustatore di ombrelli... «operatori artigianali del secondo dopoguerra» ... animatori di strade e cortili, gloriosi operai la cui attività si è persa nel giro di una trentina di anni. Eppure usiamo ancora forbici e coltelli, buttiamo sempre gli stracci e quando piove continuiamo a usare l'ombrello ... ma non so se le scarpe si lucidano come allora ... da quanto tempo non compero lucido da scarpe e non sento pubblicità alla televisione. Due marche: Brill e Marga ... la punta delle scarpe luccica, anzi irradia faville. Nella foto l'arrotino Mori ino (hierìo

Persone citate: Brill, Marga, Renato Scagliola

Luoghi citati: Castelmagno, Cn, Italia, Londra, Torino