Un Edipo re che si veste come Armani di Masolino D'amico

Un Edipo re che si veste come Armani LA RECENSIONI Sofocle a Taormina Un Edipo re che si veste come Armani Masolino d'Amico TAORMINA EDIPO Re» appartiene, con «La Mandragola», «La locandiera», «La traviala», «Romeo e Giulietta» e pochi altri, a quella dozzina di capolavori teatrali che funzionano sempre, ossia che non hanno bisogno di nessun marchingegno speciale per arrivare al pubblico, tanto perfettamente il meccanismo narrativo li sostiene; e l'allestimento della tragedia di Sofocle con cui si è inaugurata Taormina Arte lo conferma. L'importante ó ascoltare, e qui quasi tutto il testo è porto con lodevole chiarezza, in una affidabile versione di Elena Bono. Ancora una volta si impone la suspense del più antico giallo della letteratura occidentale, con la trovata, ripresa da Agatha Christie quasi duemilacinquecento anni dopo, di scoprire che il colpevole è proprio l'inquisitore. Suo malgrado, ascoltando una serie di testimonianze sapientemente orchestrate, questi apprende di essere proprio lui il parricida e l'incestuoso la cui presenza a Tebe non può più essere tollerata dagli dèi. Il regista Andrea Di Bari, una volta assicuratosi il rispetto dei turni da parte dei parlanti, ha accettato la pletorica eterogeneità degli spettacoli estivi tradizionali. Lo scenografo André Benaim ha concepito un casto omaggio al luogo, una piccola cavea bianchissima fronteggiante quella grandiosa del Teatro Greco, areopago con lunghe passerelle candide che la collegano al retroscena; immaginale una mezza rosa dei venti orizzontale. Ma la semplicità è subito smentita dal sound, ultramplificato grazie ai microfoni appiccicati alla fronte dei personaggi, antipaticaticamente nel caso del protagonista, che è a capo nudo. Secondo inconveniente, i costumi di Elena Mannini: fastosissimi, ingombranti, aurei - pesanti stoffe luccicanti, ricadenti in mille pieghe - addirittura un po' ridicoli nel caso di Giocasta, evocanti più che una corte dal lusso barbarico, il Kitsch del Lido di Parigi negli anni cinquanta. Eccezione ingiustificata, Edipo, chi; pur essendo il re è vestito come Armani, maglietta, pantaloni e scarpe neri, salvo adeguarsi anche lui ai mantelloni dorati degli altri dopo essersi accecato, quando rientra in scena con degli spaghetti oro e rossi appiccicati alle orbite a stravagante simulazione del sangue. Terzo inconveniente, il coro. Che è in tenuta bizantina, siede a mo' di giudici nel piccolo aeropago, e invece di parlare intelligibilmente, canta, interrompendo l'aziono e senza far capire una parola, le arie che Andrea Gabrieli compose per l'inaugurazione dell'Olimpico di Vicenza, nel 15B5. A Irene Papas basta la forza della sua maschera mediterranea per trionfare sull'incongrua «mise», Giorgio Albertazzi e composto e concentrato, gli altri (Carlo Reali, Andrea Bosic, Mico Cundari, i giovani Luca Lazzareschi e Vincenzo Bocciarelli) rispettano i turni.

Luoghi citati: Lido Di Parigi, Taormina, Vicenza