Nato-Mosca: accordo di Giulietto Chiesa

Nato-Mosca: accordo Nato-Mosca: accordo «Iparà possono partire» Ma mancano i dettagli Giulietto Chiesa corrispondente da MOSCA «Niente più ostacoli» alla dislocazione del contingente russo della Kfor in Kosovo. Semaforo verde, ieri a Mosca, dopo una mezza giornata di consultazioni tra gli esperti dello Shape, l'alto comando militare della Nato, e lo stato maggiore russo, per la partenza dei primi due aerei Iliushin-76 che dovrebbero portare un centinaio di paracadutisti russi ad aggiungersi ai 200 che vi arrivarono via terra, di sopresa, dalla Bosnia. Ieri volti sorridenti e strette di mano. I russi si affrettavano a precisare che gli aerei «potrebbero partire» già stamani e che si trovano in «stato di preavviso di tre ore», cioè già carichi di tutte le apparecchiature di sostegno. Ci vorrebbe solo il tempo occorrente per caricare gli uomini. Il condizionale è però d'obbligo. Ieri, in giornata, sia le autorità militari ungheresi che quelle bulgare e rumene, avevano comunicato di essere pronte a concedere il corridoio aereo, «soltanto in base a precise indicazioni dei comandi Nato», che stabiliscano chi fa porte della Kfor e chi no. Sul contenuto degli accordi non hanno fatto parola né gli esperti Noto, né quelli russi. E si spiega: il negoziato non è affatto terminato. Continuerà «tra i rappresentanti del ministero russo della difesa e i gruppi di contatto che saranno prossimamente costituiti in seno agli stati maggiori dell'Alleanza». Significa che, in sostanza, a Mosca ci si è di nuovo «messi d'accordo di essere d'accordo», per poi risolvere il contenzioso, più avanti, in atmosfere meno torride. In effetti la crisi stava minacciando di diventare seria, tra colpi e ritorsioni, vendette e malumori. Ma resta il problema della collocazione delle truppe russe. Fino a che rimangono attorno all'aeroporto di Pristina la faccenda non si complica, siano essi duecento o trecento. Ma stanno arrivando almeno 1300 uomini, che ieri salivano a bordo di tm grossi trasposti militari a 15 chilometri dal porto del Mar Nero di Tuapse. Il percorso è già noto nelle sue linee generali: porto greco do definire, spostomento via terra della colonna in territorio greco e poi macedone, infine ingresso in Kosovo attraverso la zona americana. Dove si acquartiereranno? E che accadrebbe alla prima sparatoria tra albanesi dell'Esercito di Liberazione del Kosovo ( UCK) e paracadutisti russi? Il problema più grosso, a quanto si è potuto capire, è stato di definire una zona che consenta agli altri contingenti della Kfor di «proteggere» in qualche modo il contingente russo da possibili provocazioni. La preoccupazione degli occidentali è molto alta. Un qualsiasi incidente, del tipo di quelli già accaduti tra britannici e serbi o albanesi, che coinvolgesse i militari russi potrebbe avere ripercussioni politiche molto gravi. D'altro canto i comandi Nato non nascondono di avere interrogativi sul livello di preparazione tecnica e psicologica dei militari russi. La guerra di Cecenia non ho portato allori olla fama dell'ex Armata Rossa. E poi a Bruxelles e a Washington sono già stati scottati dall'accoglienza trionfale che i serbi di Pristina riservarono al contingente guidato dal generale Zavarzin. Non saranno troppo poco imparziali questi «fratelli ortodossi» venuti dal freddo? Non si metteranno a proteggere i criminali serbi? Non spareranno sugli albanesi alla prima occasione? I russi, a loro volta, diffidano del trattamento che si vorrebbe loro riservare. Non vogliono fare i sorvegliati speciali. L'ideo di proteggerli da provocazioni la interpretano come un trucco per tenerli in quarantena, in una specie di riserva indiana dove non potranno vedere nessuno. E il comando unificato, se ci sarà, dovrà essere paritario. Su questo i russi ancora hanno tenuto duro. Per cui si tratta solo di attendere il prossimo diverbio.

Persone citate: Iliushin

Luoghi citati: Bruxelles, Cecenia, Kosovo, Mosca, Washington