D'Alema: ditemi come si fa Corro anch'io alle Primarie

D'Alema: ditemi come si fa Corro anch'io alle Primarie LA MÒSSA A SORPRESA DEL PRESIDENTE D'Alema: ditemi come si fa Corro anch'io alle Primarie retroscena Augusto Mlnzollni ROMA ALLA fine è stato lo stesso Massimo D'Alema a porre il problema dei problemi in quel vertice superaffollato, dove più di una quindicina di persone, a vario titolo, soprattutto, ex segretari come Franco Marini, ex leader come Lamberto Dini e rappresentanti di ex partiti come quello messo in piedi da Francesco Cossiga, hanno parlato del futuro dell'attuale governo e della sua coalizione. Il premier lo ha fatto li, perché nel prossimo incontro, quello che vedrà riuniti nella sede di Carta 14 giugno (l'associazione voluta da Achille Occhetto) i capi di partito per fondare l'ulivo Due, lui non ci sarà («io debbo pensare a governare» ha detto il nostro per smentire nel suo stile l'immagine di una esclusione). E il problema dei problemi ovviamente è il solito e riguarda la leadership del centro-sinistra, la stessa questione che ha provocato una rottura insanabile tra D'Alema e Prodi e che nei prossimi mesi sarà foriera di nuovi duelli, di nuove competizioni, di nuovi od». Il premier l'ha posta spazzando subito il campo dalla stranezza di una coalizione che per parlare del presente si riunisce con lui e per parlare del futuro senza di lui. «Sono d'accordo a tenere le due cose distinte - ha osservato - ma c'è un parallelo tra l'azione del governo e quella della maggioranza, anzi si può dire che la coalizione di governo e la coalizione politica sono la stessa cosa». Poi messi da parte gli alambicchi e i sofismi della politica che tonto piacciono al centro-sinistra, D'Alema è arrivato al sodo: «Mi dicono che non c'è una coincidenza tra il guidare il governo ed essere il capo della coalizione. Primarie o non primarie vi prego quando vi riunirete di stabilire alcune regole su come si definisce il capo della coalizione se per concorso, per titoli o per esame. In ogni caso vi posso dire fin d'ora che io parteciperò a quel concorso». Dietro quel ruolo - leader della coalizione - si cela quello, ben più concreto, di candidato del centrosinistra per Palazzo Chigi nelle prossime elezioni politiche. E se D'Alema, come ha ricordato ieri, ci punta come conseguenza naturale della sua attuale premiership, nella coalizione, o meglio nell'Ulivo Due, non sono pochi quelli che vorrebbero qualcun altro a cominciare dal capofila di questa scuola di pensiero, Prodi. Così se l'idea di fondare un Ulivo Due aveva tra i suoi obiettivi quello anche di liberarsi dell'ingombrante D'Alema, ieri l'interessato ha fatto capire che non basterà per raggiungere lo scopo. Non per nulla adesso è lo stesso premier a caldeggiare l'adozione di un simbolo unico del centro-sinistra per le prossime elezioni o la creazione di strutture organizzative unitarie. Ed è sempre lui a premere per portare nel nuovo soggetto i pezzi della sua maggio¬ ronza che non accettavano l'ortodossia ulivista del Professore: dai cossighiani ai mastellata D'Alema vuole, infatti, che l'Ulivo Due sia fatto a somiglianza della maggioranza che sostiene il governo in Parlamento e di cui lui impersona il punto d'equilibrio. Così, a conti fatti, a chi persegue il disegno di farlo fuori rimane un'unica strada, la solita, quella della crisi di governo, la stessa usata da D'Alema per liberare l'Ulivo - questa volta l'Ulivo Uno dalla leadership di Prodi. Su questo argomento, cioè di una fine ravvicinata del governo D'Alema, il vertice di ieri ha però dato una risposta opposta: come era nelle previsioni della vigilia gli undici partiti della maggioranza hanno riaffermato la loro volontà di appoggiare il governo fino alle elezioni politiche. Una presa di posizione pleonastica visto che nessuno nella politica italiana (Fausto Bertinotti a parte) ha mai voluto rompere le righe prima di sapere dove si andrà a parare. Ecco perché se il dibattito parlamentare che si apre oggi alla Camera doveva fotografare le reali intenzioni di questa variegata maggioranza, rischia di essere inutile. Da sempre nel parlamento italiano ci sono partiti, gruppi, deputati che danno la fiducia ad un governo eppoi la tolgono, con la massima disinvoltura, due mesi dopo. Senza contare che a chi vorrà rompere non mancheranno né gli argomenti, né i pretesti: molti dei problemi che sono sul tappetò, infatti, il vertice di ieri non li ha risolti, a partire da quello fatidico delle pensioni su cui il centro-sinistra continua ad essere diviso tra chi non vuole rompere con il sindacato (Veltroni, Cossutta, Mastella) e chi, invece, giudica la riforma dello Stato sociale una scelta prioritaria su qualunque valutazione di opportunità. D'Alema anche ieri se ne è rimasto nel mezzo, non ha scelto nessuna delle due opzioni. Ha spiegato che la riforma delle pensioni va fatta prima del 2001. «E' un argomento - è arrivato a dire - di cui prima ci liberiamo e meglio è». Poi, però, quando Veltroni gli ha ricordato che «bisogna stare attenti al rapporto con il sindacato, perché per aver sottovalutato questo dato il centro-sinistra ha perso Bologna», il premier ha mitigato il suo decisionismo: «Forse in quell'occasione non ho calcolato bene l'effetto annuncio, ma non è mai stata mia intenzione rompere con le parti sociali». Se sulle pensioni si è rimasti al punto di partenza, anche sulla parità scolastica post-dc come Buttiglione hanno litigato di nuovo con post-socialisti come Boselli. E diverse opinioni sono emerse anche sulla riforma elettorale che ha in testa D'Alema (premierato e doppio turno di collegio). Tanto più che, visti i discorsi che si fanno nella maggioranza, è difficile che su questo punto si crei un clima di collaborazione con l'opposizione. Ieri Veltroni ha rilanciato i temi del conflitto d'interesse e della par condicio. «Bisogna farsene carico a livello parlamentare», ha annunciato. Un proclama che è piaciuto anche a Clemente Mastella («con Berlusconi che si è comprato pure l'Avellino calcio la lotta per me è diventata impari») che, però, da buon de ha aggiunto una saggia annotazione: «Ma fatemi capire, voghamo le riforme e la legge elettorale, ma se rampiano col Cavaliere come le facciamo?». Insomma, se questa è la situazione si può prevedere che dopo il dibattito parlamentare dei prossimi due giorni la maggioranza sarà almeno in apparenza più unita, ma sotto il cielo del centro-sinistra la confusione continuerà a regnare. ra bene tenere distinti Palazzo Chigi e leadership Ma procediamo insieme» «Il capo della coalizione sarà scelto per concorso titoli o esami? Fatemi sapere e io provvedere»» V Il presidente del Consiglio Massimo D'Alema con il segretario dei democratici di sinistra Walter Veltroni in una foto d'archivio

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