Dallo scontento politico allo scontento privato

Dallo scontento politico allo scontento privato LETTERE Dallo scontento politico allo scontento privato ili Per una volta, lasciamo da parte lo scontento politico, diamo spazio allo scontento privato. Come va? Evidentemente, ce n'è per tutti. lo.d.b.l «Agli spiccioli Gont. Sig. Del Buono, sono anziano e infermo, le ho tutte. Ma, insomma, con un po' di buona volontà, sino a due mesi fa me l'ero cavata. Mi era bastato aver poche pretese e non rompere le scatole agli altri. Famigliari mioi compresi. Ma due mesi fa al pianterreno della casa vecchia di mio padre dove abito s'è aperto un asilo privato. I primi giorni veder nelle mie rare uscite tanti bei bambini mi aveva persino commosso. Ma dopo i primi giorni qualcosa ha cominciato a preoccuparmi. I bambini, oltre a tante doti, hanno una voce, e gridano. Ininterrottamente, selvaggiamente, furiosamente, per sopraffarsi, già reciprocamente nemici. Mi rendo conto di correre il rischio di fare, anzi di star già facendo un discorso molto impopolare, ma sono agli spiccioli. Voglio credere che non sia bieco egoismo, ma la mia resistenza si va affievolendo, e può darsi che ormai io vaneggi. Tuttavia in certi momenti in cui gli strilli dei bambini superano qualsiasi diapason mi attacco a un ricordo che mi pare inverosimile di me bambino, ma non mi ricordo così vociante. Sono ormai in cimi mi i o, come fanno tanti vecchi, falsifico il mio passato per condannare l'altrui presente? Ricordo mio padre a spasso per strada che mi raccomandava di non alzare la voce, «Chi grida è ignorante», ripeteva. Sono cresciuto bisbigliando. Ho sempre cercato di non alzare la voce, di essere educato. «L'unica ricchezza che abbiamo», diceva mio padre. Non so cosa sia valsa a lui. A ine ò valsa questo inferno, in cui sorveglianti sorde e sfaticate lasciano i bambini insultarsi, mettersi le mani addosso. Mi pare di aver sbagliato tutto. Se provo ad alzare la voce io per elevare un minimo di protesta sento solo un gorgoglio in bocca, un afono singulto. Demetrio Amidei, Roma All'origine Carissimo signor Oreste del Buono, mi permetta la confidenza perché sono una signora di 49 anni che segue la sua rubrica da tantissimo. Volevo parlarle della depressione, malattia infida e terribile, da cui sono stata colpita a ottobre del '96 e sono tuttora in cura... Ho letto tanto su questo male oscuro, mi sono informata, ho perso delle amiche (ne ho ritrovate altre!, sono stata sull'orlo del suicidio, ma sempre mi ha fermato l'immagine di mio figlio (23 anni) che con occhi imploranti mi diceva: «Mamma, non suicidarti, papà ne morirebbe!». Oggi sono sulla via della guarigione e volevo chiederle se può dare (a chi lo richiedesse) il mio nome e indirizzo, perché solo chi ha attraversato questo mio tunnel può forse cercare di capire gli altri. Rosy Pangia, Torino Allo scoperto Spett. Oreste del Buono, la star della band dei Boyzone, Stephen Gately, è finalmente uscita allo scoperto rivelando la propria omosessualità al mondo intero. Pur avendo spezzato il cuore a migliaia di teenagers, ha pensato bene, Mr. Gately, di rifiutare quel ruolo di macho che i media ?li avevano affibbiato e di dare ennesimo esempio di civiltà. Ce ne fossero anche in Italia di personalità, più o meno note, che la pensassero come lui e lo imitassero! Vediamo se, a seguito di queste «rivelazioni», anche il mondo della cultura e dello spettacolo italiani si comporteranno con coerenza. Si potrebbe, così, facilitare il processo di accettazione da parte dell'opinione pubblica di una realtà che, anche se esistente e ben radicata, incontra ancora ostacoli e pregiudizi. Roberto Azzolina, Roma All'arte, all'arte Caro Del Buono, tempo addietro Giovanni Raboni ha scritto che «l'arte è, per sua inderogabile natura, il luogo dell'implicito, della dislocazione, della non sovrapponibilità tra enunciato e senso, una forma di comunicazione altamente specifica all'interno e per effetto della quale ogni parola e ogni immagine esprimono (debbono esprimere) altro e più di ciò che apparentemente "indicano": convinzione dalla quale discende (non può non discendere) l'ipotesi che la libertà di dire e mostrare tutto, la mancanza di qualsiasi limite o freno, o, appunto, "censura" siano potentemente nocivi alla salute dell'arte perché inducono a ignorare, a trascurare, a non coltivare alcuni dei suoi strumenti essenziali... Che è poi, a pensarci bene, quello che può succedere in poesia con un eccesso di liberta metrica: se non hai costrizioni di sorta, se non sei pungolato dalla ricerca della rima o dell'accento giusto, rischi di dire solo le prime cose che ti vengono in mente, cioè esteticamente - niente...». La mia convinzione è che l'arte sia elevazione dell'ordinario: l'invisibile ai più appare così visibile (percettibile e godibile) a ciascuno. Il ruolo dell'artista dovrebbe essere quello di intrattenere la moltitudine su certe cose - anche apparentemente quisquilie - che lui soltanto ha saputo scoprire, inventare o creare, e che adesso vuol trasmettere a tutti. Insomma, l'arte congiunge l'impossibile con l'acquisizione del difficile per diventare poi accessibile a molta gente. Per esempio, la poesia: misura esatta del proprio verso, la poesia è quell'universale rifrangersi d'interpretazioni a partire da un ritmo rigorosamente coerente. Chi scrive poesia in modo metricamente superficiale o addirittura impalpabile non fa quasi mai poesia, al più prosa poetica. Ma è un'altra cosa. E siccome la gente «comune» ha imparato a scuola a distinguere la poesia dalla prosa (o prosa poetica), quando va a comprare un libro di poesie e poi legge prosa si sente presa in giro. Sì, perché se può esprimere disgusto per una brutta poesia, cosa può esprimere di fronte a un testo che poesia non è? Dunque, l'arte (l'artista) non Euò contravvenire all'inderogaile precetto di lealtà artistica, diversamente percepita nel caos e vi ci fa precipitare la gente «comune». Quando invece è proprio dal caos che l'arte (l'artista) dovrebbe muoversi per giungere all'ordine. Fabio Sicari Bergamo Al Gr Rai Egr. Sig. Del Buono, da qualche tempo prediligo la comunicazione e l'informazione radiofonica rispetto a quella televisiva. Ritengo infatti che la radio sia un mezzo più cordiale, ancora a misura d'uomo e, generalmente, dal carattere non eccessivamente frenetico. Tuttavia le chiedo: come mai la sigla di chiusura dei Gr Rai contiene la seguente espressione: «La Rai vi ha trasmesso...»? Le assicuro, Sig. del Buono, che non riesco a comprendere la presenza di tale pronome, né tanto meno il motivo del suo inserimento nel contesto: se la Rai è un servizio pubblico, il «vi» non dovrebbe essere espresso implicitamente nell'atto stesso della trasmissione? Si sa che «servizio» significa «prestare la propria opera a beneficio del prossimo»: perché allora la ne cessità di «strombazzarlo» e ripeterlo ogni giorno? Sarcasti camente lo considero un esplici to e sottile invito al ringrazia mento rivolto agli ascoltatori... Lettera firmata Pietra Ligure (Sv) Al telefono Caro O.d.B., so benissimo che esistono cose infinitamente più gravi, tuttavia attraverso di te vorrei protestare per due cose piccole ma intensamente fastidiose, che riguardano il telefono. Prima cosa: trovo molto scocciante e snervante il fatto che adesso in molti spot pubblicitari televisivi si senta risuonare il trillo del telefono. Per un attimo ti sembra che a suonare sia il telefono di casa, ti metti in moto per rispondere, poi capisci che non è così, ti senti scema e ti arrabbi. Capisco che i pubblicitari lo fanno apposta, proprio allo scopo di richiamare l'attenzione suscitando incertezza e ansia: ma la trovo una villanata e anche una minima violenza. Seconda cosa: lo zelo Telecom è eccessivo e mal riposto, se capita di non riuscire a comporre un numero senza sentir arrivare di corsa l'annuncio «è occupato» (grazie, l'avevo capito da me) oppure l'annuncio a casaccio «il numero da lei chiamato è inesistente» (non è vero). Ci si sente a disagio, braccati e colpevolizzati da annunci che sono sbagliati oppure inutili: non si potrebbe lasciar perdere? E non si potrebbe evitare di precisare (sempre da parte Telecom) che la chiamata al numero 182 che serve a segnalare i guasti è gratuita? Come altro potrebbe essere? Patrizia Vallese, Roma Meglio non chiederselo. Sono capacissimi di farsela pagare. lo.d.b.l

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Pietra Ligure, Roma, Torino