Lenin, una mummia j per amico di Cesare Martinetti

Lenin, una mummia j per amico Il corpo del leader è ancora nel mausoleo sulla Piazza Rossa. Un libro rivela i retroscena dell'imbalsamazione Lenin, una mummia j per amico Cesare Martinetti w I TJNEDI 4 ottobre 1993, alle 10 del mattino, mentre i cannoni di li Boris Eltsin regolava_ ' no i conti con 1 ultimo soviet supremo sopravvissuto all'Urss e da giorni asserragliato alla Casa Bianca, il professor Serghei Debov - come ogni lunedì - scendeva gli scalini del mausoleo sulla piazza Rossa per dare una sistematina alla mummia di Vladimir Il'ic e compiere il rito più paradossale della storia del mondo dopo la caduta del muro di Berlino. A meno di un chilometro i carrarmati della nuova Russia spegnevano l'ultima rivolta. A poche decine di metri dall'ufficio del presidente, il capo del segretissimo istituto di Stato che da settant'anni custodiva il simulacro dell'Urss nel corpo mummificato di Lenin ne perpetuava la venerazione pagana, simbolica e cabalistica. Poche ore più tardi - la Casa Bianca ormai in fiamme e combusti, a centinaia, i resistenti sovietici - Boris Eltsin firmava il più inutile dei suoi innumerevoli e inutili ukaz: via la mummia dalla piazza Rossa. Sono passati sei anni e la mummia è ancora lì. Il professor Debov è andato in pensione, ma di tanto in tanto passa a salutare Vladimir Il'ic. E tutti quelli che hanno provato a dire che il vecchio Lenin doveva finalmente raggiungere la madre nella pace del cimitero di San Pietroburgo (come lui stesso desiderava) sono stati zittiti e minacciati. A cominciare dal presidente, per finire al patriarca Aleksij, qualche settimana fa. E' passata l'Urss, è arrivato un capitalismo vorticoso e selvaggio, le tempeste sul rublo si sono rincorse, McDonalds ha moltiplicato i suoi ristoranti, l'Aeroflot è stata privatizzata, la grande cattedrale del Redentore abbattuta da Stalin è stata ricostruita. Ma la mummia di Lenin è sempre lì. Rosea, impalpabile, apparentemente immateriale sotto i faretti del mausoleo. Visitata - ormai più dai turisti che dai russi. Ma è lì e lì resterà. La storia di quell'imbalsamazione si può ora leggere in un libro piccolo e straordinario [All'ombra del mausoleo, Bompiani) scritto da Il'ja Zbarskij, figlio di Boris, l'imbalsamatore di Lenin, amico e maestro di Debov, l'ultimo conservatore. Storia politica, scientifica, grottesca, macabra, paradossale e persino comica. Un compendio dell'immaginario russo e sovietico: la superstizione più oscurantista che si sposa alla più positivista delle fedi nella scienza - la scienza sovietica, quella a cui negli anni Trenta Stalin avrebbe chiesto persino di invertire il corso dei fiumi siberiani - per congelare la morte e così sacralizzare l'alito rivoluzionario nel corpo incorrotto del fondatore dei soviet. Fu Stalin (Lenin vivo e la sua successione tutt'altro che definita) a porre per primo la questione. Zbarskij ci rida nel suo libro i colori di quel dibattito, metafora di quel che sarebbe successo al vertice dell'Urss. Stalin: «La scienza moderna è in grado di conservare a lungo il suo corpo perchè la nostra coscienza possa abituarsi all'idea che lui non è più tra di noi». Trockij: «A chi suppone che la scienza abbia i mezzi per conservare il corpo di Vladimir Il'ic, vorrei dire che non ha capito assolutamente nulla della dialettica marxista». Bucharin: «Trasformare le spoglie di Lenin in reliquia rappresenterebbe un insulto alla sua memoria». Nadezda Krupskaja, vedova di Lenin: «Non lasciate che la vostra pena si trasformi in culto esteriore della personalità di Vladimir Il'ic. Non costruite palazzi o monumenti in suo onore, ma asili, giardini d'infanzia, case, scuole, ospedali». Feliks Dzerzinskij, capo della Gpu, la polizia politica: «I re sono imbalsamati perchè sono dei re: la questione non è decidere se si deve o meno preservare il corpo di Vladimir Il'ic. Ma ottenere questo risultato». Trockij e Bucharin finirono la loro esistenza qualche anno più tardi sotto il piombo di Stalin, il dibattito finì invece cinque giorni dopo il decesso, il 26 gennaio 1924 e la lyravda annunciò così la decisione del Polilburo: «In accordo con i desideri espressi da numerosi operai e contadini, il presidium del Soviet supremo ha deciso di preservare il corpo di Lenin». Fu istituita la «commissione di Immortalizzazione» della salma, presieduta da Dzerdzinskij. Al capezzale dell'infermo i maggiori scienziati sovietici: Zbarskij, Abrikossov, Vorobiov. Congelare o immergere il sacro corpo in un liquido balsamico? Erano passati due mesi dalla morte e il cadavere (intorno al quale si svolgevano interminabili dibattiti politicoscientifici) non stava affatto bene: «Il naso appariva annerilo, le cavità intorno agli occhi erose, la mano sinistra stava assumendo un colorito grigioverdastro, i padiglioni auricolari erano completamente raggrinziti, macchie scure erano comparse sulle gambe e sul cranio dove era stato forato per estrarne il cervello, oggetto di ricerca in un istituto incaricato di studiare il "carattere geniale" del padre della Rivoluzione». Tre mesi dopo la morte di Vladimir Il'ic, Zbarskij e Voriobov potevano iniziare l'imbalsamazione «consapevoli - scrive Il'ja, testimone dell'aria che si respirava in casa - dell'immensa responsabilità: il minimo errore poteva costare loro la vita». Il resto della storia è quello che il mito sovietico ci ha tramandato cone un «esperimento riuscito» e che Zbarskij ci disvela anche in questo macabro particolare: «Al laboratorio ogni collaboratore disponeva per i propri esperimenti di un cadavere di cui ignorava l'identità. Ancora oggi, una specie di museo segreto accoglie un centinaio di questi corpi senza nome. La maggior parte riposa sotto una campana di vetro; altri - i cui capelli sembrano galleggiare come alghe - sono dimenticati da molti anni nel loro bagno di balsamo. Uno spettacolo unico al mondo». Al massimo di venerazione per il cadavere del capo, il regime sovietico accompagnava il massimo di disprezzo per i corpi-cavie delle sue anonime vittime. L'imbalsamatore Zbarskij finì poi in galera (accusato di "cosmopolitismo") nelle ultime convulsioni anti-ebraiche dello stalinismo ed era in carcere mentre i suoi collaboratori applicavano al cadavere di Stalin la sua formula di imbalsamazione. Poi esportata all'estero per leader dei paesi fratelli: Dimitrov, Ho Chi Mitili, Gottwald, Agoslinho Neto, Kim II Song, li ora usata per i capi e i luogotolenenti mafiosi die cadono come mosche nell'evoluzione della specie dell'homosovieticus in corso. Sono i nuovi «eroi»: se un giorno la Russia sarà un paese normale, lo si dovrà anche al loro «sacrificio». E il vecchio professore lo racconta senza scandalo. Ma di Vladimir Il'ic, che ne dobbiamo fare? «Seppellirlo al più presto», dice il figlio dell'imbalsamatore di Lenin. Amen. Stalin voleva la reliquiajrockij e Bucharin erano contrari: una storia grottesca scritta dal figlio del professore che «curò» la salma Qui sopra nel '93, l'ultima grande coda al Mausoleo della Piazza Rossa. In alto la mummia del leader sovietico

Luoghi citati: Berlino, Russia, San Pietroburgo, Urss