«Ora costruiamo il Ppi del Nord»

«Ora costruiamo il Ppi del Nord» L'ULTIMO SEGRETARIO PC RILANCIA LA SFIDA «OGGI DECÌDIAMO Di FARE UN ALTRO PARTITO E SBARACCARE QUESTO» «Ora costruiamo il Ppi del Nord» Martinazzoli: noi non vogliamo morire reportage Pino Corrias inviato a RONCADELLE (Brescia) C'è una grandezza in questo rito vita-morte del partito popolare. C'è prima di tutto la grandezza di Mino Martinazzoli, solitario come un anziano sisha, circondato dal suo proprio fumo e dal silenzio, quando dice: «Siamo qui, in questo caldo boia, perché abbiamo paura di morire. Noi non vogliamo morire». Spirali d'aria tengono l'assemblea in sospeso. Dice: «Noi oggi decidiamo di fare un altro partito, di sbaraccare questo». Ora o mai più, è il tono. «Il partito delle tessere non ci riguarda. Noi stiamo al Nord e ogni scelta, purché radicale, dovrà partire da qui. La domanda sgradevole che dobbiamo porci è: saremo in grado?». Il colpo d'occhio, qui all'Hotel President, periferia autostradale di Brescia, è già tutto. Una sala congressi circolare e sotterranea: 400 facce sudate per lo più anonime, segretari cittadini, provinciali, regionali di un partito che in un paio d'anni, grazie alla pipa ornamentale di Franco Marini, è sparito per due terzi, da 3 a 1 milione di voti. Qui e là anche facce note e doloranti, quella di Castagnetti, naufrago ancora pieno di ossigeno, e Raffaele Morese, il sindacalista, e Maria Pia Garavaglia, tutta in bianco come una novizia, e l'ex ministro Giancarlo Lombardi che aspira il clima di questo pessimismo cosmico, restituendolo con una sola (e vertiginosa) citazione di Dietrich Bonhoeffer: «Siamo stati testimoni di azioni malvagie, ci siamo lavati con molte acque, abbiamo imparato l'arte della mistificazione e del discorso ambiguo. L'esperienza ci ha reso diffidenti verso gli uomini e spesso abbiamo loro mancato nella verità e nella Ubera parola. Conflitti insopportabili ci hanno reso arrendevoli o forse persino cinici. Serviamo ancora a qualcosa?» .> • Tanti piccoli utènsili si sono alternati sul palco, ognuno con la propria vite che gira a vuoto. Come in un'assise leghista, un bel po' di rancori antiromani («i corridoi romani», «il partito romano», «le chiacchiere che fanno i nostri giù a Roma») con il primo applauso quando Martinazzoli, all'inizio dei suoi 75 minuti di omelia lancia il suo «partito popolare del Nord» e propone ai segretari provinciali di «convocare tutti gli organi dirigenti territoriali e scioglierli». Rifondare, dunque, ma davvero e sino in fondo, «tendendoci un gruzzolo di memoria, don Sturzo». Perché, dice Martinazzoli: «Se non faremo scelte radicali, la gente se ne andrà a casa». Via tutto e subito. Via il gruppo dirigente. «Conosco il peso della sconfitta. E perciò immagino la solitudine di Marini. Ma i conti si devono fare e di fronte a uno stato di eccezione sono necessarie scelte eccezionali». Continua: «Si dice che tutto il gruppo dirigente fosse sempre stato d'accordo con lé'scelte di Marini, ma questo non significa che sono tutti innocenti. Significa, al contrario, che sono tutti responsa¬ bili». A spiegare il sottotesto che naviga in questo sotterraneo ci pensa Castagnetti quando mette in fila gli errori di Marini e (dunque) gli errori di partito. La caduta del governo Prodi, prima di tutto. I litigi. Lo smantellamento dell'Ulivo. Gli accordi con D'Alema per il Quirinale, per di più andati a monte. La distanza del partito dal mondo reale («il mondo delle partite Iva, della disoccupazione giovanile, dei mutamenti sociali». «Anche se eravamo innocenti - dice Castagnetti - la gente ci ha considerato corresponsabili della caduta di Prodi, in cambio di un finto accordo per mandare un popolare al Quirinale». Eccola la «roba romana» che ha finito per svuotare un partito illuso di sopravvivere aggrappandosi ai «detriti democristiani» (Martinazzoli), disperso in uh centro polverizzato (Castagnetti: «Ma possibile che il cattolicesimo democratico abbia sei, sette, otto sigle di- verse?») assediato dalla massa gravitazionale di Berlusconi (Garavaglia: «Che sa comunicare eccome, mentre noi siamo rimasti muti») e dalla residualità del proprio ruolo politico. E' Lombardi a dire duro: «L'altro giorno ero con una trentina di amici. Ognuno di loro avrebbe potuto votarci, ma. nessuno l'ha fatto. Ci ho pensato e alla fine ho capilo che avevano ragione loro. Ditemi un solo motivo per cui avrebbero" dovuto votarci». Dall'assemblea: «Giusto!», «Giusto!». Lombardi: «Evidentemente l'ha capito anche il Paese che ci ha giu¬ dicato, giustiziandoci»). Costituente, cambio di leadership. Ritorno all'attualità. Aprire il dialogo al centra. Aprire il confronto a sinistra. Far nascere davvero la gamba moderata della coalizione. Ulivo, Prodi, aggregazione. Dice Martinazzoli: «La via è quella: un dialogo alla pari con Romano Prodi, lasciandoci alle spalle quel tanto di indispettito e di offesa che ha segnato i rapporti tra lui e il partito. Ma se l'Idea di tutti è aggregare e riunire, vorrei chiedere a Prodi: come si può farlo, fondando un partito al giorno? Vorrei chiedergli: sei contento di quel che hai fatto, scalcia bene l'asinelio?». E' solo in fondo alla giornata dopo una decina d'ore di rito - che Martinazzoli, concede un mezzo sorriso, mentre in solitudine fuma e pensa. Ma lei sarebbe disposto a diventare il garante di questa rifondazione? E lui: «L'ho già fatto una volta e ho fallito». E se glielo chiedessero per acclamazione? «Non lo faranno». Quindi? «Quindi, visto che oggi è il nostro 8 settembre, accontentiamoci di tornare consapevoli almeno di una sola cosa, l'identità». Conosco il peso della sconfitta, immagino la solitudine di Marini E se erano tutti d'accordo con lui adesso sono tutti responsabili J p fi 6 Noi stiamo nel Settentrione, ogni scelta dovrà partire da qui E se non faremo scelte radicali la gente se ne andrà a casa p p Interno RE UN ALTRO PARTITO E SBARACCARE QUESTO» ^ ^ del Nord» amo morire o nel Settentrione, vrà partire da qui mo scelte radicali andrà a casa p p o tinazzoli nistra Franco ini, qui ra luigi tagnetti estra nistro «Dialogo alla pari con Prodi, al quale vorrei chiedere: "Sei proprio contento di quel che hai fatto?"» Mino Martinazzoli A sinistra Franco Marini, qui sopra Pierluigi Castagnetti A destra il ministro Enrico Letta

Luoghi citati: Brescia, Roma, Roncadelle