IL RAP EI SUOI FRATELLI di Giuseppe Culicchia

IL RAP EI SUOI FRATELLI MUSICA IL RAP EI SUOI FRATELLI Paolo Ferrari allinea in «Hip Hop» personaggi e filoni di uno stile ESSENZIALE ma fondamentale: nel senso che nel giro di centoventisette pagine troverete tutto ciò che avreste sempre voluto sapere senza aver mai osato chiedere a proposito del rap e dei suoi derivati. «Hip Hop», di Paolo Ferrari (Atlanti Universali Giunti, lire 13.000). spazia a 360 gradi su tutto l'universo dei suoni scaturito tra le case popolari del Bronx a partire dagli Anni Sessanta, mettendo uno in fila all'altro nomi come quelli di Afrika Bambaataa, Beastie Boys, Cypress Hill, Ice-T, Niggers With Attitude, Public Enemy, Run IMC, Stetsasonic e soci, per un totale di ottanta tra singoli artisti e gruppi. Di ciascuno di (pesti, Ferrari ripercorre la stona - senza trascurare nulla, come per il primo singolo di LL Cool J, intitolato «I need a Beat»: sapevate che all'epoca la Def Jam, casa discografica che lanciò di 11 a poco Beastie Boys e Public Enemy, occupava la stanza d'università del suo fondatore Rick Rubin? E che il singolo costò a questi e al sodale Russell Simmons appena 700 dollari? Doveva vendere centomila copie, e dare inizio a un'epoca irripetibile -, preoccupandosi però ancne di fornire utilissime valuta- zioni critiche - se non li avete mai ascoltati, dei Run IMC comprate «Rising Hell» e non «Tougher Than Leather» - shakerate con robuste dosi di autentica passione. Ferrari infatti l'hip hop lo ama, e si vede: non si limita a recensire oltre duecento dischi nell'arco di oltre vent'anni, ma si spinge fin dentro i territori del B-Boying - la break dance - e dell'Aerosol Art - i graffiti -, e non dimentica di soffermarsi sui legami esistenti tra lo stile nato nei ghetti e il cinema, Internet e i videogiochi («Parappa the rapper» è un cartone animato interattivo ideato da Masaya Matsuura per la Sony). Non a caso, il volume prende il via da un'introduzione intitolata «Nebbia al confine tra bene e male»: «Sul fronte della violenza», sottolinea Ferrari, «non si può analizzare l'atteggiamento della scena hip hop senza tenere conto dell'escalation in cui è piombata la società americana negli ultimi vent'anni, quando disagio sociale e libera circolazione di armi da fuoco hanno abbassato sensibilmente il valore della vita umana nel sentire comune»; il tutto, tra mille contraddizioni: «Niente di strano se la fedina penale di un rapper cosciente e afrocentrista ha lo spessore di una guida del telefono, o se il più efferato esponente del filone «gang» si lancia in messaggi di pace». Perché l'hip hop è roba che scotta: viene dalla strada, e non lo si può tenere dentro i confini sicuri del marketing discografico. Giuseppe Culicchia