Lucky boy

Lucky boy Lucky boy ECCO uno nato e cresciuto nel blues. Il padre James Peterson, già responsabile di un importante blues club a Buffalo e tuttora apprezzato, ruvido interprete per proprio conto, gli fece imparare la batteria a tre anni; l'esordio su disco avviene a cinque, tonsille infantili dispiegate e band di Wi Ili e Dixon come accompagnamento. Il fortunato rampollo diventa organista titolare e direttore d'orchestra per Little Milton e poi per Bobby Bland. Appena ventenne, si mette alla guida di una formazione indipendente e scodella una serie di bei dischi per la Alligator, incisi negli studi KingSnake in Florida. La sua precoce autorevolezza, non solo al piano e al torrido Hammond B3, ma anche alla chitarra, scura, volumetrica e chiazzata di rock da ghettoblaster, si è evoluta innestando sulle iniziali influenze di blues chicagoano il soul-funk di Memphis, ù groove da pollaio elettronico di Jimmy Smith e una sorprendente vena chiesastica, esemplificata a fianco di Mavis Staples in un eccellente omaggio alla spettacolare diva del gospel Mahalia Jackson. A 35 anni Peterson è uno dei più attenti e interessanti artisti delle ultime generazioni. Quando non è in tournée (a Torino il «principe del blues» si presenterà col collaudato ottetto) mantiene i contatti con il vicinato, dalla musicalità autentica e dalla fama per ora circoscritta; non è difficile incontrarlo, da semplice, disponibile sideman nei locali neri di South Dallas, ultima residenza conosciuta, [e.f.l

Persone citate: Bobby Bland, Dixon, Hammond, James Peterson, Jimmy Smith, Little Milton, Mahalia Jackson, Mavis Staples, Peterson, South Dallas

Luoghi citati: Florida, Memphis, Torino