Si pronuncia Lacan ma resta u n rebus

Si pronuncia Lacan ma resta u n rebus Si pronuncia Lacan ma resta u n rebus M ,i ss i ni o Ani moniti SONOsl.itì in molti a cercare di sfatare l'alone enigmatico che ha sempre avvolto la figura carismatica dello psicoanalista francese Jacques Lacan. Ma ci si può chiedere se • l'oscurità e l'indecifrabilità, che sono state attribuite al suo personaggio e alle sue teorie, possano veramente appartenere a quegli «enigmi più ardui e più profondi, di quelli che non hanno soluzione» secondo le parole del poeta greco Kavafis dedicate alla mitica Sfìnge di Edipo. Già la storica francese Elizabeth Roudinesco, nella sua recente biografia di Lacan, si era chiesta chi fosse veramente lo psicoanalista francese, interrogativo che viene ora riproposto dal filosofo Mikkel Borch-Jacobsen nel suo libro «Lacan, il maestro assoluto», preparato per la Stanford University! Press come introduzione airópera del maestro francese. E nonostante Borch-Jacobsen scrìva a chiare note nell'avvertenza introduttiva che il libro non vuole dare l'autentica interpretazione di Lacan, l'autore non riesce a liberarsi dal desiderio di trovare le chiavi per aprire questa serratura e far luce nel suo mondo. Ma qual è la tesi di Borch-Jacobsen? Al di là dei prestigiosi compagni di strada, come Jacobson, Levi- M ,i sAni m ni o niti Strauss, Althusser e Foucault, con cui Lacan ha avuto in seguito scambi appassionanti che hanno vivacizzato la cultura francese, bisognerebbe risalire agli inizi degli anni '30 per entrare nelle pieghe del suo mondo. In quegli anni avvenne l'incontro fatale fra il giovane Lacan e il geniale dilettante, Alexandre Kojève. Di origine russa Kojève aveva vissuto, prima di sbarcare a Parigi, nel mondo colto e cosmopolita di Mosca. Alto funzionario di politica internazionale, Kojève dedicava una parte consistente del suo tempo alla filosofìa, a cui voleva contribuire con un'opera monumentale sulla filosofìa pagana. Parlatore instancabile, personaggio inafferrabile e senza radici, o forse con radici tentacolari, Kojève nel suo primo incontro con Lacan gli parlò della speciale arte di Platone di nascondere e allo stesso tempo di rivelare il suo pensiero. Per sei anni Lacan fu un frequentatore assiduo dei seminari di Kojève sulla «Fenomenologia dello spirito» di Hegel. Racconta la Roudinesco nella sua biografìa che Kojève, durante i suoi seminari, «era insolente e pieno di humour, narciso e misterioso; conquistava il suo uditorio con il tono irriverente della voce, che sembrava penetrare al fondo delle cose». Non può sfuggire l'inquietante somiglianza fra Kojève e la figura di Lacan che abbiamo imparato a conoscere, forse frutto di una speciale relazione identificatorìa ed imitativa che lo psicoanalista avrebbe avuto col suo maestro, non tanto basata su uno scambio conoscitivo razionale quanto piuttosto su una comunicazione affettiva immediata. Ma l'identificazione fra Lacan e Kojève è ben più complessa, perché entrambi avevano il gusto continuo e irrefrenabile della dissacrazione e del paradosso. Kojève aveva scoperto ancora giovanissimo il mondo dell'inesistente e della negatività e aveva lanciato la sua sfida a Cartesio con l'affermazione: «Io penso, dunque "io" non sono». Il passo successivo del lavoro di demolizione è la costruzione filosofica di Hegel. L'incarnazione del sapere assoluto viene sbeffeggiata, solo Dio potrebbe rappresentare il soggetto del sapere, ma - affermerà successivamente Lacan - nessuno può essere supposto al sapere, se non l'improbabile «soggetto» dell'inconscio che emerge per poi scomparire nella relazione fra paziente e psicoanalista, nei sintomi, nei lapsus, negli atti mancanti. Se Dio c'è, continua Lacan che ha ben appreso la lezione del suo maestro, non può che essere inconscio, ossia radicalmente e assolutamente ingannatore. Al termine del Libro si ha l'impressione che l'enigma Lacan non sia stato risolto. Il tentativo di trovare delle chiavi per aprire la serratura del suo mondo appaiono piuttosto elusive e sfuggenti, tuttavia ci si può chiedere se esista veramente questa serratura come nel famoso racconto di Edgar Allan Poe «La lettera rubata», che ha ispirato un brillante saggio dello psicoanalista, in cui la lettera che tutti cercano è in realtà davanti agli occhi di tutti. Secondo il filosofo Borch-Jacobsen per entrare nel mondo dello psicanalista francese bisogna risalire agli Anni Trenta, all'incontro fatale con Kojève: per sei anni ne seguì i seminari su Hegel I Mi il f Lo psicanalista francese Jacques Lacan: un magistero nel segno dell'oscurità e dell'indecifrabilità Mikkel Borch-Jacobsen Lacan, il maestro assoluto Einaudi, pp.316, L. 32.000 PROFILOCRITICO

Luoghi citati: Mosca, Parigi