Tolstoj e «quell'ingenuo» di Lombroso

Tolstoj e «quell'ingenuo» di Lombroso Tolstoj e «quell'ingenuo» di Lombroso Genio e sregolatezza: l'incredibile incontro tra l'antropologo criminale, i suoi preconcetti e l'uomo che sta scrivendo «Resurrezione» Che genio e sregolatezza - almeno nei luoghi comuni - procedano abbinati è cosa nota. Anche se questa convinzione negli ultimi tempi sembra aver perso un po' di sostenitori. Forse perché la fiorii uni di Torme di genialità si è ridotta. 0 fa !a sua comparsa in settori meno scontati, con modalità più mimetizzate, rispetto a quando la predicazione pseudosciontifica di Cesare Lombroso faceva di questo fragile assioma una bussola obbligata. Genialità - al giorno d'oggi - in calo, dunque. E, forse, sregolatezza in tumultuosa crescita; ma in formo cosi banalmente massificate da impedire ogni messa a fuoco della frontiera - che cosi tanto ossessiona Lombroso e i suoi contemporanei dove normalità e infrazione si accapigliano. Del resto, nel corso del secolo scorso, l'abbinamento genio e sregolatezza non è affatto un tratto distintivo del nostro Paese. Basterebbe ripercorrere l'immenso saggio di Peter Gay - «The Naked lieart», Norton f>C, New York 1995 sul formarsi delle percezioni o degli umori della classe borghese sin dall'inizio del secolo scorso per ritrovarvi la messa a fuoco di molti degli attrezzi interpretativi, culturali, scientifici, sociali, che da noi affioreranno solo decenni e decenni più tardi. Ma, per quanto riguarda l'Italia, l'abbinamento genio/sregolatezza evidenzia soprattutto l'assillo alla normalità, alla quiete del vivere quotidiano tanto apprezzati dalla classe media dell'Italia umbertina dopo le tempeste risorgimentali. Assillo alla normalità dove il genio diventa una sorta di cuneo, prezioso e pericoloso al tempo stesso, ficcato nel tessuto compatto ed omogeneo dell'ordinata struttura sociale. 0, per dirla con le parole del Lombroso stesso, «L'uomo di genio è una varietà epiletloide della pazzia morale». Così scrive Lombroso nel suo «L'uomo di genio in rapporto alla psichiatria , alla storia ed all'estetico» pubblicato dai fratelli Bocca, a Tonno, nel 1894. K la tesi vici»; ribadita quando ormai il «ciclone Lombroso» comincia a soffiare ben oltre i confini italiani, nell'opera successiva, «Gemo e degenerazione», uscita nel 1897. Il professore - nato nel 1835 e arrivato nel 1876 alla cattedra torinese di medicina legale e di igiene pubblica (poi terrà quella di antropologia criminale) - quando escono queste sue opere ha superato il lungo periodo di freddezza che ha contraddistinto il rapporto con la città e con molti dei suoi colleghi. La sua casa di via Legnano ospita uno dei pochi salotti torinesi capaci di accogliere vivaci incontri intellettuali, là lo spumeggiante Lombroso, affiancato dalla moglie Nina e dalle figliolo Gina e Paola accoglie un'infi- nità di ospiti. La vita quotidiana di Lombroso, cosi come risulta dai ricordi delle figlie, è una girandola mai ferma di lavori editoriali, incontri, ideo in continua evoluziono: «detta al tipewriter, corregge lo bozze, corre da Bocca in tipografia, dalla tipografia alla biblioteca, dalla biblioteca al laboratorio in una frenesia di muoversi, di spendersi e spandersi» scriverà la figlia Paola. E 1 altra figlia, Gina, rammenterà come anche le strade torinesi sianoper il padre, un continuo luogo dscoperte cosicché uscire con il papà era come andare a teatro. Ma tratutte le rappresentazioni che Lom¬ broso mette in scena la più memorabile è certamente quella dell'estate del 1897, a Mosca, quando, all'improvviso, essendo tra i partecipanti al Congresso Medico Internazionale convocato nella capitale russa, decide di fare visita a Lev Tolstoj. La visita di Lombroso all'autore di «Guerra e pace» è ricostruita con ammirevole pazienza e intelligente ironia in un recente libretto di Paolo Mazzarello. Tutto, nel viaggio, è all'insegna dello stilo caotico e abborracciato del professore torinese. Prende la decisione di partire all'improvviso, tornando a Torino dalla vacanza che sta trascorrendo in Val d'Aosta. Parte praticamente senza bagaglio e vestito con un leggero abito di cotone. Durante il viaggio riesce a perdere i documenti, i soldi, il portafoglio. E tuttavia a Vienna, a Budapest, a Mosca basta che la sua identità venga rivelata per metterlo al centro dell'attenzione. A Mosca, appena il governo zarista sa che Lombroso è sceso in un modesto albergo si provvede a mandarlo a prendere con un tiro a quattro e ad alloggiarlo, alla grande, nei principeschi appartamenti del Cremlino. Ma, al di là della partecipazione ai lavori del Congresso è la visita a Jàsnaja Polja- na il clou del viaggio. Non potrebbe essere altrimenti visto che nelle sue opere precedenti Lombroso ha classificato Tolstoj come un classico esempio di gemo prodotto dalla follia. Non solo: nella sesta edizione di «L'uomo di genio» ha riprodotto un ritratto di Tolstoj come esempio di struttura fisiognomica segnata patologicamente. Sì, perché la diagnosi che Lombroso fa dello scrittore russo, è assolutamente in sintonia con le sue teorie. Tolstoj è il «vero genio larvato di alienazione... i cui prodotti, erano, si può dire, tanto più sublimi quanto più era il corpo malato», Ovviamen¬ te si aspetta di incontrare un uomo degno di queste premesse, di «aspetto cretinoso o degenerato». Non sarà così: si trova davanti ad un vecchio imponente, pieno di forza fisica e di vigore intellettuale con cui intreccia - per alcuni giorni - un intenso ma ineguale scambio di idee cercando, invano, di trovare nel dialogo col grande scrittore una conferma alle proprie teorie. Con ironia e intelligenza Tolstoj consente questo contatto ravvicinato e l'unico momento in cui sembra perdere la pazienza e prendersi una qualche vendetta è quando, uscendo da una nuotata nell'acqua gelida di un fiume, «tese la mano e sollevò da terra, a braccio teso, abbastanza in alto, facilmente, come si fosse trattato di un cagnolino, il povero psichiatra italiano che era piccolo ma corpulento ». La sosta a Jàsnaja Poljana si conclude. Lombroso, raggiante della nuova conoscenza, se ne toma a Torino. Tolstoj prosegue nella scrittura di «Resurrezione» dove trova modo di citare con ironica intelligenza le scompigliate teorie del suo occasionale compagno di nuotate. Di quell'incontro nel suo diario scriverà poche righe lapidarie: « E' venuto Lombroso. Vecchietto ingenuo e limitato». DA LEGGERE Lev Tolstoj Resurrezione Garzanti, Milano 1988 Paolo Mazzarello Il genio e l'alienista Bibliopolis, Napoli 1998 Cesare Lombroso L'uomo di genio Torino 1888 Delfina Dolza Essere figliedi Lombroso Franco Angeli, Milano 1990 Tolstoj: l'autore di «Guerra e pace» ricevette la visita di Lombroso nel 1897. L'incontro è ricostruito con pazienza e intelligente ironia da Paolo Mazzarello