Gli inglesi sparano a Pristina in festa

Gli inglesi sparano a Pristina in festa Credendosi attaccati durante le celebrazioni dell'indipendenza: uccisi due albanesi Gli inglesi sparano a Pristina in festa LaJugoslavia all'Onu: consentiteci di mandare truppe, laggiù è il caos Ingrid Badurina ZAGABRIA E' terminata con due morti e due feriti la festa degli albanesi e Pristina per celebrare il none anniversario della proclamazione dell'indipendenza del Kosovo, proclamata nell'estate del '90 in seguito alla revoca dell'autonomia della regione da parte di Milosevic. Migliaia di albanesi sono scesi venerdì sera nelle strade della città per festeggiare la ricorrenza. Scandendo slogan antijugoslavi e bruciando bandiere serbe, la folla ha acclamato il leader dell'Esercito di liberazione del Kosovo, Hashim Thaqi, che è alla guida del governo provvisorio del Kosovo. «E* giunto il tempo per una nuova generazione del Kosovo, l'Uck vincerà ancora», ha dichiarato il ventino venne capo albanese affacciandosi dal primo piano di un edificio governativo. Ma verso mezzanotte soldati britannici della Kfor che stavano di guardia davanti a una casa in cui si erano rifugiate alcune famiglie serbe hanno aperto il fuoco contro un'automobile da cui erano partite raffiche di mitra. «Sentendosi minacciati i nostri uomini hanno sparato contro il veicolo - ha detto il portavoce del contingente di Londra che presidia Pristina - a bordo dell'automobile; c'erano otto persone, alcune delle quali sul tetto. Nei momento in cui sono passati davanti al palazzo hanno cominciato a sparare. Tre dei nostri soldati hanno risposto al fuoco temendo di essere in pericolo». Ma il comandante locale dell'Uck ha accusato i soldati britannici di aver violato le regole d'ingaggio. «L'uccisione dei nostri uomini è stata illegittima: i due sparavano in aria solo per festeggiare». La tensione rimane alta in tutto il Kosovo. A Kosovska Mitro vi ca i militari francesi hanno fermato un serbo accusato di aver organizzato i blocchi strada¬ li in citta per impedire agli albanesi di accedere ai quartieri settentrionali in cui vivono i serbi. Nella casa dell'uomo sono state ritrovate armi e munizioni, comprese decine di granate. E sono salite a 65 le fosse comuni finora scoperte nei settori controllati dai soldati britannici, francesi e italiani: il tragico elenco è stato presentato ieri a Berlino dall'Associazione per i popoli minacciati. Secondo il Foreign Office, in una delle ultime fosse rinvenute sono stati trovati anche i resti di 7 bambini uccisi con colpi alla nuca da distanza ravvicinata. Belgrado ha chiesto ieri provocatoriamente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di consentire che una parte delle sue truppe torni nel Kosovo per far fronte al «disordine» e al «grave deterioramento» della sicurezza nella regione. Il ministro degli Esteri jugoslavo Zivadin Jovanovic ha sottolineato che la Risoluzione approvata dall'Onu prevede il dispie carne rito di un certo numero di forze dell'ordine serbe per proteggere i luoghi sacri, contribuire al controllo delle zone di confine e fornire ufficiali di collegamento per le forze della Nato. E in Serbia si moltiplicano le manifestazioni di protesta contro Milosevic. Diecimila persone hanno preso parte al raduno di Novi Sad, capoluogo della Vojvodina e seconda città del Paese. «La Serbia sta sprofondando nella catastrofe come non era mai successo nella sua storia, perché mai nella storia abbiamo avuto un leader peggiore di Milosevic» ha detto il portavoce del partito socialdemocratico guidato dall'ex generale Vuk Obradovic davanti alla folla che brandiva cartelli con le scritte «Abbasso Milosevic» «Dove sono i soldi? Dove sono i ponti? Dov'è il carburante? Dov'è l'elettricità?». Un altro oratore ha dichiarato che «le bombe sono state lanciate su di noi non perché noi abbiamo colpa, ma perché siamo governati da un pazzo». In piazza sono tornati anche i riservisti serbi che hanno combattuto nel Kosovo chiedendo che vengano loro pagati i compensi promessi. Dopo le manifestazioni della settimana scorsa a Kragujevac e Kraljevo ieri hanno paralizzato la città di Raska, a 200 chilometri a Sud da Belgrado, e bloccato le strade principali della Serbia centrale e meridionale. Per distogliere l'attenzione dalle proteste contro il suo regime Milosevic sta attizzando un nuovo focolaio di guerra nel Montenegro. In questa Repubblica, che insieme alla Serbia costituisce la Federazione jugoslava, si stanno ammassando truppe dell'esercito federale, quarantamila soldati, quattro volte più del normale, sono stati dispiegati negli ultimi giorni sul territorio montenegrino. Il raduno di ieri contro Milosevic a Novi Sad, nella Vojvodlna. In basso la manifestazione albanese a Pristina