Bloccaati i rinforzi russi

Bloccaati i rinforzi russi Bloccaati i rinforzi russi La Nato fa negare il sorvolo a 3 Paesi Giulietlo Chiesa corrispondente da MOSCA Lo Stato Maggiore generale russo aveva finalmente preparato tutto l'occorrente: i soldati, l'equipaggiamento, i mezzi mobili, l'elettronica necessaria. Perfino il kerosene per far volare gli Iliuscin-76 da trasporto verso l'aeroporto di Slatina, cioè verso Pristina. Ma ieri i dieci aerei russi sono rimasti fermi sulle piste, con i paracadutisti in maglietta a righe a crepare dal caldo sull'erba bruciata dell'aeroporto. Da Mosca è arrivato l'alt: non si parte, per ora. Era accaduto che ben tre governi della Nato, o aspiranti Nato, avevano detto no al passaggio dei velivoli russi sui rispettivi spazi aerei. La raffica di dinieghi: prima gli ungheresi, poi i romeni, infine i bulgari, ha colto - pare - di sorpresa il comando russo. «Ma come? Non eravamo d'accordo?» Bucarest, Budapest, Sofia hanno taciuto, limitandosi a confermare che non c'era nessun corridoio disponibile per aerei che non fossero Nato. Cosi alla fine il ministro della Difesa Sergeev pare abbia capito che c'era stato un ordine di squadra. E da chi poteva venire un tale ordine? Ma, ovviamente, dal centro di comando. Washington ha solo fatto finta di digerire l'alzata di testa del generale Zavarzin e degli altri generali russi che stavano dietro alle sue capaci spalle. E adesso, con il gusto di chi assapora il piatto freddo della vendetta, sta facendo pagare ai russi la conquista a sorpresa dell'aeroporto di Pristina. L'ordine agli alleati ed amici è stato perentorio e inequivocabile: altri russi in Kosovo non devono arrivare fino a che noi non abbiamo stabilito dove e come collocarli e a chi debbono rendere conto del loro operato. In realtà i russi agivano in base al presupposto: mandiamo le truppe (dovrebbero essere all'incirca 3600 uomini) e poi definiremo i dettagli. Gli americani hanno agito secondo il presupposto: prima definiamo i dettagli e poi manderete il vostro contingente. La differenza sostanziale consiste nel fatto che gli americani possono realizzare il loro presupposto e i russi possono al massimo ribadirlo nei loro messaggi di protesta. Che ieri, essendo saba¬ to, non sono stati scritti, ma lo saranno senza dubbio domattina. Lo smacco è pesante, e ha fatto infuriare non solo i generali russi. Anche i telegiornali della sera hanno ieri stigmatizzato all'unisono il comportamento dei governi alleati degli Usa, senza tuttavia chiamare in causa Washington. La trattativa va avanti in quel di Helsinki. C'è da temere che potrebbero esserci altre complicazioni se non si riuscirà a portarla a compimento prima dell'arrivo delle navi russe nei porti greci. Per ora quasi tutti i punti di dissenso sono ancora aperti. I russi vogliono tenere il controllo di Slatina, non vogliono sottomettersi al comando Nato e insistono per avere libertà di movimento nei settori che sono già stati assegnati (e che sono occupati) dai Paesi della Nato. Il primo grande «trasporto» russo è nel frattempo partito proprio ieri da Sebastopoli alla volta di Tuapse, sempre sul Mar Nero, dove caricherà la truppa, per poi muovere verso un porto greco. Ci vorranno circa quattro giorni prima che giunga a destinazione. Poi i mezzi bli ndati e il resto delle colonne russe percorrerà via terra, via Grecia e Macedonia, la strada per il Kosovo. Altre cinque navi dovranno seguire, da qui al 7 luglio. Ma c'è da chiedersi cosa accadrebbe se, non essendo stato raggiunto un accordo tra Nato e Russia, le truppe del Cremlino, anche quelle che arriveranno via terra, dovessero essere bloccate alla frontiera. Per intanto Washington - che prepara sorprese e vendette - fa aspettare quelli che avrebbero dovuto arrivare via cielo.

Persone citate: Sergeev