I penitenti della «sbolognata»

I penitenti della «sbolognata» IL FUNERALE CONGRESSUALE TRA ACCUSE E DIMISSIONI I penitenti della «sbolognata» Folena carnefice della platea di sconfitti retroscena Ceccarelll Inviato a BOLOGNA" - ORTODOSSIA nevrotica; blindatura con spifferi e miasmi; unanimità bulgara densa di rancori; un segretario imposto come «garante» per far pulizia in cinque mesi; un po' la resa dei conti, ma i conti non tornano. i Dopo l'«awelenata» dei mesi scorsi, dopo la mazzata del voto europeo e dopo la definitiva tranvata del 26 giugno è dunque l'ora della «sbolognata», ossia del funeralone congressuale dei ds celebrato sul palcoscenico dell'Arena del Sole, con la complicità di drappi nerissimi e luci agghiaccianti che trafiggono i protagonisti come in un quadro di El Greco. «Sbolognata» è termine dall'etimo controverso. Nello straordinario dizionario storico deiger- ?\hi italiani» di Ernesto Ferrerò Mondadori, 1996), oltretutto in bella mostra al mercatino di piazza Maggiore, «sbolognare» sta per «darò via», «liberarsi di qualcosa», «congedare». Nei gerghi giovanili d'area emiliana, guarda caso, «sbolognare» è il tornare in sé dopo qualche esperienza di droga (esempio: «Mi sono sbolognato solo oggi dallo sballo di ieri»). Ecco, qui al congresso lo sbomba Ha me nlo elettorale, niente affatto piacevole, ancora dura. Apre Renato Zangheri, leggendo la contrita lettera di dimissioni del segretario Ramazza. Seguono condoglianze, che per tutta la durata dell'assemblea, nei vari interventi, saranno liturgicamente «stese all'ex sindaco Vitali, che d'ora in poi lavorerà a Roma, e alla candidata sconfitta Silvia Hartolini, che ancora non si sa che cosa farà, e dove, e perché. La platea dell'arena del Sole è piena, abbacchiata e compostissima. Sono quasi tutti quadri di partito, ceto medio di mezza età con sparuti giovani. E' gente che ha lavorato, che ci ha creduto e che merita rispetto. A guardarli, attentissimi perfino nei loggioni su in alto, con qualche solennità letteraria viene in mente l'epigrafe poetica che Conatantinoa Kavalis dedicò agli eroi delle Termopili: «Onore a quanti in vita/ si ergono a difesa di TennopihV E un onore più grande gli è dovuto/ se prevedono (e molti lo prevedono)/ che i Medi finiranno per passare». Ebbene qui il nemico è passato. Ma non c'è nessun onore, per i diessini sconfitti, anzi all'ordine del giorno c'è un mortificante editto - «Bologna vergognai» - recitato per 45 minuti con voce tonante da un dirigente venuto da Roma. La parta dell'«esecutore di giustizia», altrimenti detto carnei!- ce, la svolge infatti Pietro Folena. Dice: «Poteva succedere, ma non doveva succedere oggi e così». Poi entra nel merito: «Scontro interno degenerato», «ambizione personale come faro della vita politica», «lotta selvaggia per le preferenze», «pulizia etnica», «non c'è fondo» e così via. La requisitoria, oltretutto, è ancora più greve e serrata in quanto perfidamente svolta in nome della base, sfogatasi nei giorni precedenti in quella Sala Sirenella che, tanto per inserire un elemento di ueggeressa», ha visto nascere i Pooh. Al culmine dell'accusa Folena trova comunque il modo di evocare il commissariamento della federazione, «e in partenza - rivela magnanimamente - non avevo escluso questo trauma». Se non si è proceduto allo scioglimento dell'ex gloriosissimo pcb (partito comunista bologne- se) è perché i suoi attuali 51 mila eredi o epigoni che siano, con il più dovuto strappo alle procedure e alle garanzie democratiche interne, faranno esattamente quello che ha stabilito il centro — e non per caso Veltroni è seduto al fianco di Zangheri, e alla fine chiederà pure al congresso di riconoscere, evidentemente con un applauso, che per la verità è suonato un po' stento, il lavoro svolto dal compagno Folena. Perciò tutti, senza storie e senza scherzi, voteranno alla segreteria il compagno Mauro Zani, che prende la parola. «Allora — ha quasi bisbigliato a un certo punto Zangheri — se non c'è nessun compagno o compagna che si candida...». No, nessuno. L'ordine del giorno dell'assemblea, che il professor Gianfranco Pasquino, scienziato della politica, mostra quasi incredulo ai giornalisti, reca infatti: «Di¬ missioni del segretario e determinazioni conseguenti». Che significa precisamente: senza storie e senza scherzi tutti voteranno alla segreteria il compagno Mauro Zani, che ora prende la parola. Zani, che nella leggenda comunista Emanuele Macai uso ribattezzò «Zanu», come a Bucuresti, ha una strepitosa maschera che n seconda dei momenti ricalca quella di Charles Bronson, Fred Buscagliene e Clark Gable, è stato l'unico a reggere l'impegnativa prova del palcoscenico, perché oltre alla faccia da burbero benefico il «candidato», si fa per dire, è apparso al tempo stesso spontaneo e concreto. Per quanto affettuoso, il nomignolo rumeno riscliin invero di mettere in ombra la solida «bolognesità» comunista e post-comunista di Zani che nel suo discorso, durante il quale si è più volte definito «il sottoscrìtto», ha spronato alla trinassita* del partito. . A (mesto scopo non basta riconoscere gli errori, ma si deve cambiare, «altrimenti qui non si aggiusta un «bel' nu*Ua». tte premesse sono quello che sono: «La guardia è stanca e l'intendenza non segue». Lui, comunque, reagirà contro chiunque dovesse fare il furbo in vista del congresso: «Non so come, ma reagirò». E l'ha detto con l'aria di chi, stavolta, non 6 disposto come qunlcho mese fa, quando fu bruciato sull'altare dolio risse interne, a sfogarsi con un'accorata letterina. A diversi bolognesi, infino, che 3uesta specie di commissario ha efinito «gente operosa e maliziosa, quindi simpatici», non è sfuggito un accenno polemico a una certa tendenza e a un certo stile in voga nei ds, tipo «Dolce & Gabbana». E qui, malizia per malizia, è parso di cogliere un'allusione all'elegantissimo sottosegretario iper-dalemiano Minniti che il nuovo segretario, notoriamente, non adora. E tuttavia il momento più suggestivo del suo intervento è stato quando ha affrontato il tema di 2naie opposizione faro al centroestra die governa il comune, e qui «Zanu» si è fermato e con una smorfia delle sue ha soffiato nel microfono: «Non mi sembra vero mentre lo dico...». Non solo a lui. Nello «sbolognameli! o» post- dottorale, in effetti, 1* incredibilità è un dato imprescindibile, uno stnto dell'.mimo ehn a volto si combina — vedi il lapsus rivelatore del compagno Ugo Mozza — con inconfessabili, malinconiche voglie di abbandono: «La città l'abbiamo governata e non la dimenticheremo». Addio, addio. Altre volte, o in nitri compa- §ni, la botta è fòsmàrriiikmtbdel opo-olozioni vanno a parare in una specie di lacerazione di natura penitenziale: «Dobbiamo capire, umili e scalzi» è stato l'invito di Diogo Bellocchi, nel marzo del 1977 a cupo di quel collettivo «Jacquerie» che diede l'assalto al tCantunzein*, il canloncùio in italiano, ristorante della grassa e gaudente nomenklalura comunista. Ecco, dopo la sconfitta il congresso è rimasto a digiuno. Veltroni ha parlato allo 21 e 30 e con lu sala cieli'Arena dol Sole piena fino all'ultimo, e perfino con una mamma che s'era portato il bambino appresso, i lavori si sono potuti considerare chiusi soltanto alle 23. Senza che nessuno abbia fiatato. Increduli, quindi, penitenti, angosciati, spaventati, soggetti u una «crisi entropicu», corno l'ha voluta definire con qualche ricercatezza Luigi Marìucci. La Hartolini aveva scrìtto un intervento, ma poi non l'hu pronunciato; Ramazza è rimasto per tutto il tempo a guardare il soffitto, a braccia conserte; Vituli, che oramai ha preso cosa a Roma, pensa di scrìvere qualcosa sulla sua terribile esperienza; Fausto Anderlini rifletteva ad alta voce sulla teorica inevitabilità, por un gruppo dirigente che ho utilizzato metodi stalinisti e settari, di venir sgominato, o «sbolognato» che sia, con sistema altrettanto settori e stalinisti. Ma di tutto le reazioni indivi duali e anche collettive, la più sorprendente, la più inusitata, la più deformante e m fondo la più desolata per un partito cosi orgoglioso, così primo della classe si coglie nel modo m cui i compagni Soriano del loro avversario che a vinto, Giorgio Guazzaloca. E non è solo quando gli fanno gli auguri, o gU promettono opposizione «costruttiva», o rimproverano ai consiglieri comunali ds di aver disertato l'insediamento del nuovo sindaco. No, è qualcosa che va al di là del rispetto per la persona e del riconoscimento politico per un signore che non infierisce con i vinti, si tiene lontano dai partiti del Polo, ha preso a simbolo l'amministrazione di Dozza o ha già cominciato a trattare con i Centri sociali. E' un sentimento più serio e complesso, che forse ha a che fare con la paura dell'Apocalisse. 0 magari con quanto è rimasto dell'antica e celebrata realpolitik del pcb. O con il fatto, infine, che sul serio il Macellaio, al di là di ogni ridondante e sanguinolenta suggestiono letteraria, ai è presa davvero la sua libbra di carne, «il più possibile vicina al cuore» dei OS, Zani: «La guardia è stanca, l'intendenza non segue. Ma io, non so come, reagirò contro i furbi» In alto: Mauro Zani nuovo segretario diessino di Bologna Qui accanto: Silvia Bartolinl e Alessandro Ramazza '1

Luoghi citati: Bologna, Dozza, El Greco, Roma