Venti macabre prove contro Milosevic

Venti macabre prove contro Milosevic Dopo la scoperta di 130 cadaveri nel settore tedesco. Vìsita del sottosegretario Brutti a Pec Venti macabre prove contro Milosevic Scotland Yard trova una fossa comune indicata dall'Aia Francesco Grignettl inviato a PEC Non finiscono gli orrori del Kosovo. Altre fosse comuni, altri eccidi. Nel settore tedesco, nel villaggio di Nogovac, è stata trovata una fossa comune che nasconde i corpi di 130 albanesi. Le operazioni sono complicate dalla presenza di un campo minato. Nel settore britannico, a Bela Crvka, poco distante da Pristina, investigatori di Scotland Yard hanno trovato venti cadaveri : sono la prima traccia di un massacro che era ben conosciuto da^li occidentali, tanto che è uno dei crimini di guerra addebitati a Milosevic. Il 25 marzo scorso, il villaggio fu investito dalle truppe speciali serbe che rastrellarono gli abitanti, li portarono sul greto di un ruscello e li uccisero a colpi di mitragliatrice. Secondo i racconti, furono ammazzati 65 adulti e 12 tra donne e bambini. Continuano anche le vendette: il contadino serbo Streten Zivkovic e stato ucciso perché rifiutava di abbandonare la sua terra nel villaggio di Livadice; lungo una strada, a Lapusnik, sono caduti in un agguato due camionisti serbi che stavano portando fuori dal Kosovo una famiglia. «Di tutte le nostre missioni di militari all'estero - commenta il sottosegretario alla Difesa, Massimo Hi uni, in visita alla Brigata Garibaldi - questa è la più difficile. Si opera in un territorio non pacificato dove si continua a uccidere e bruciare. Dopo due mesi di conflitto, in una situazione di sopraffazioni, prepotenze, torture e odio, c'è bisogno di una forza imparziale che garantisca la pace». I militari della Kfor fanno quello che possono in questo caos kosovaro. Ma sta diventando sempre più grave il vuoto lasciato dall'Onu, che dovrebbe sopperire alla mancanza di un'amministrazione civile. Il senatore Brutti, sentiti gli ufficiali della Brigata, lascia partire una velata polemica: «Bisogna che l'Onu faccia presto. Occorre uno scatto di volontà. Non mi meraviglia che la Nato, con compiti ben delimitati e un'organizzazione rodala, abbia fatto prima dell'Orni a dispiegarsi in Kosovo. Ma i militari da soli non bastano. Ora serve un'amministrazione, una magistratura e una polizia internazionale». Nel vuoto di potere è l'Uck che prova a inserirsi. Ieri mattina, alle 7 in punto, l'autodesignato «prefetto» di Pec, Ethan Ceku, già comandante di brigala dell'Ucic, ha rotto con le sue mani i sigilli alla Prefettura e si è installato nel palazzo. Un gesto simbolico che è stato immediatamente rintuzzato dai militari di guardia. Dopo tre ore di discussioni, Ceku si è ritirato, ma ha garantilo che ci riproverà. E c'è un'altra emergenza che preoccupa i militari. Dopo le case, gli albanesi stanno devastando anche le chiese dei serbi. Il metropolita ortodosso ha chiesto aiuto. Da giorni una squadra di genieri e di catalogatori, al comando del colonnello Lucio Carletti, sta girando per campagne e villaggi con un pope ortodosso come guida. La chiesa di San Giovanni a Dornje Peterec l'hanno trovata mezza distrutta con cariche di esplosivo: si sono salvate soltanto due piccole icone. disarmare il popolo e offrivano le chiese come armeria. Sul salvataggio dell'arte e degli antichi monasteri serbo-ortodossi, nell'incontro con Brutti insiste molto il metropolita Amphilokios. «Questo è il nostro Vaticano. Per fortuna ci sono i bersaglieri, altrimenti il monastero sarebbe stato distrutto. Gli italiani ci salvarono già durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1942, quando ci fu l'occupazione, i fascisti albanesi volevano incendiare tutto. Quella volta intervennero i carabinieri. Il popolo serbo non l'ha dimenticato». Bisponde Brutti: «Noi siamo qui con una posizione di rigida equidistanza tra le due comunità. Bisogna spezzare la spirale dell'odio e delle vendette. Ho detto al Patriarca che tuteleremo i monasteri perché è un modo di salvare una parte di Europa. Abbiamo il dovere di garantire che questi luoghi non siano profanati e che le minoranze siano salvaguardate. Se riusciremo, avremo tenuto fede a quei principi che ci hanno guidato nelle scelte difficili di questi mesi». Manifestazione serba a Pristina per chiedere la protezione dell'Onu contro ('«aggressione» albanese e la liberazione di 1500 persone ancora nelle mani dell' U ck

Persone citate: Brutti, Ceku, Ethan Ceku, Lucio Carletti, Milosevic, Milosevic Scotland Yard, Patriarca, Zivkovic

Luoghi citati: Europa, Kosovo