Una molecola ferma-raggi
Una molecola ferma-raggi ABBRONZATURA 1999 Una molecola ferma-raggi Mantiene nel tempo la sua efficacia FRATELLO Sole, pregava san Francesco. Ma a proposito di fratelli: anche Caino e Abele lo erano, e si sa com'è andata a finire. Mettete i raggi ultravioletti di «frate Sole» nella parte del cattivo, e la nostra povera pelle indifesa nel ruolo della vittima predestinata, e avrete una buona illustrazione di quanto ci aspetta in spiaggia o sui monti quest'estate, se non prendiamo precauzioni adeguate. I rischi, in generale, sono piuttosto noti, ma forse non è così diffusa la consapevolezza di quanto siano seri. Un filtro con fattore 6, o soltanto 3, magari senza nemmeno verificare se protegge solo dagli UvB o anche dagli UvA e se dà garanzie di fotostabilità, ci fa già sentire pronti per la tintarella. Pericolosa illusione. Il rapido invecchiamento dell'epidermide è in agguato. Per tutelarsi ci vuole ben altro. Per fortuna sono disponibili, da quest'anno, prodotti che se ben scelti danno una garanzia totale. Fermo restando che lo scotto da pagare, se ci si copre «troppo», è un'abbronzatura che tarda o non arriva mai... Insomma costi e benefici vanno ben bilanciati, e farlo resta una questione di scelte personali. Prendiamo dall'armadietto del bagno o dal borsone da mare la crema solare di cui ci siamo dotati e diamo un'occhiata all'etichetta. Non c'è uno standard che permetta di confrontare i vari prodotti, ma almeno un'indicazione è su una scala uguale per tutti: il fattore di protezione dai raggi UvB, che sono quelli con una lunghezza d'onda di 290-320 nanometri, penetrano la pelle solo in super- fide e ne provocano l'arrossamento (quando va bene: tumori quando va male). Un fattore 12 significa, ad esempio, che a provocare un eritema equivalente, con quella protezione, ci vuole, a parità di irradiazione, un tèmpo uguale a quello senza protezione moltiplicato per 12. Facile e intuitivo. Un po' più compUcato è indicare la protezione dai raggi ultravioletti più subdoli, gii UvA (frequenza 320-400 nanometri), che penetrano la pelle in profondità e fanno danni che non sono così immediatamente visibili come l'arrossamento; danni comunque seri, alcuni certi (degenerazione e invecchiamento accelerato) altri eventuali (cancro alla pelle, come gli UvB). Esistono due scale su cui misurare la protezione dagli UvA, cioè la Ipd e la Ppd. Ma per non frastornare il consumatore con una cascata di numeri, le case produttrici le segnalano esclusivamente nei prodotti da farmacia, mentre quelli comuni riportano solo (se la riportano) la percentuale di UvA filtrata. Che deve essere almeno del 90 per cento. Il problema è che raggiungere questo risultato «puntuale» in laboratorio non è difficile, più complicato è avere la persistenza della protezione nel tempo, perché i filtri vengono progressivamente degradati dalla stessa luce del sole. E senza questa indicazione sull'etichetta non sappiamo se dobbiamo spalmarci di nuovo la crema dopo tre ore, due ore o mezz'ora soltanto. Il centro di ricerca dell'Oréal, che aveva brevettato nel '93 la prima molecola fotostabile anti-UvA (Mexoril Sx), ha lanciato quest'anno - solo in alcuni prodotti - la nuova Mexoril XI, che filtra insieme anche gli UvB, garantendo la fotostabilità in entrambe le lunghezze d'onda. Che cosa cambia per chi prende il sole? «I filtri con Mexoril xI permettono di proteggersi con una sola applicazione» spiega Cristina Emanuel, responsabile della direzione scientifica del gruppo per l'Italia nei laboratori di Settimo Torinese. Poi, per scrupolo, la scienziata mette in guardia: «La crema se ne va anche per cause diverse dal diretto degrado del sole: la sabbia, l'acqua del mare o della piscina, ù sudore. Quindi, per proteggersi bene, è comunque consigliabile spalmarsi più di una volta. Ma molto più di rado e senza assilli». Il suo consiglio è di usare creme con fattori di protezione alti (UvB 35, senza paura, e per il viso addirittura un Ipd 60) e questo sempre, dal primo giorno di esposizione al¬ l'ultimo. Naturalmente, cosi non è garantito che la tintarella risulti intensa... ma sana, sì. La dottoressa Emanuel lui anche partecipato alle ricerche condotte nei laboratori L'Oréal a Parigi sui capelli della mummia del faraone Ranises e su reperti del Louvre, in particolare cosmetici, da cui è risultato che nella difesa dal sole gli antichi egizi avevano già compiuto notevoli passi. Dopo tremila anni, raggiunta la protezione totale, resterà qualcosa da inventare? Luigi Grassia Di solito i filtri non sono fotostabili e lasciano presto la pelle indifesa Gli antichi egizi avevano già capito il pericolo delle scottature Creme solari: impariamo a leggere le scale di protezione Q Sezione di pelle non ancora esposta al sole: la parte sopra (scura) è l'epidermide, quella sotto il derma composto da fibroblasti (macchie scure) e collagene noUV Dopo 24 ore di esposizione al ragg UVB (29(0-320 nm a •? limitata penetrazione, raffigurati dalla freccia nera) compaiono nell'epidermide cellule scure (sun bum celi) Dopo 24 ore di esposizione agli UVA (320-400 nm) i fibroblasti sono distrutti dalla penetrazione in profondità dei raggi (freccia chiara) Effetto combinato di 24 ore di esposizione UVB=UVA COSI1 LA PELLE SI DISTRUGGE UVA+UVB
Persone citate: Cristina Emanuel, Luigi Grassia
Luoghi citati: Italia, Parigi, Settimo Torinese
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