L'UOMO CHE RUBA VITE PER VIVERE

L'UOMO CHE RUBA VITE PER VIVERE L'UOMO CHE RUBA VITE PER VIVERE l d ARTIN Arkenhout è un Ladro di vite. La sua prima, l'ha rubata quasi per caso. Da giovane. Lungo un'autostrada della Florida. Dove il fato lo aveva trascinato dalla sonnolenta patria olandese verso più voluttuosi studi universitari yankee. Lungo la strada, a bordo di un sudato Grayhound in faticosa discesa verso Sud, incontra Seth ditt l di idiri U ,ebreo newyorkese - pure lui studente, diretto al medesimo indirizzo. Una serie di rapidissimi flash ad illuminare l'arrivo della notte: la fiamma di una pallida ed ambigua amicizia che sembra accendersi improvvisa; una sosta troppo lunga ad un grill; il pullman che se ne va; i due a terra; un tentativo di autostop; l'auto pirata che sopraggiunge veloce e travolge Seth fuggendo nel nulla; Martin che osserva il compagno morente ed insaguinato cogliendo - come in uno specchio del destino - profonde somiglianze con se stesso: l'altezza, lo sguardo, il portamento, i vaghi lineamenti destinati a confondersi nei contorni incerti di una vecchia carta d'identità trovata in fondo alle tasche. Così, invece di soccorerlo, impugna una pietra appuntita e lo finisce devastandogli il volto, i denti, gli occhi, ogni tratto capace di portare ad un'identificazione, facendo poi perfezionare l'opera ai coccodrilli gli occhi, ogni tratto capace di portarperfezionare l'opera ai coccodrilli della vicina palude. Appropriatosi dei suoi documenti, della sua carta di identità, dei suoi soldi, dei suoi vestiti va dunque a denudare la morte di «Martin Arkenhout» per poter finalmente cominciare a vivere la vita di un altro. Attimi di ebbrezza: la sensazione di rinascere, di cancellare un passato impostato da un padre e da una madre amorevolmente rigidi, quasi bigotti nella loro religione di appartenenza borghese alla società, poco propensi a concedere lampi di fantasia e di improvvisazione. Presto però i problemi diventano superiori al divertimento di impersonificare Seth, di dare una sterzata alla sua storia, di costruirgli un nuovo impensato futuro. Ed allora Martin ruba un'altra vita. Ed un'altra ancora. All'infinito. Fino ad imbattersi - ormai uomo, ormai Christopher Hart, professore d'arte - in quella sbagliata di John Costa, conservatore di un museo londinese. E' questo il prologo travolgente di uno straordinario romanzo IH ladro di vite) - una sessantina di pagine in terza persona, quasi cronaca impersonale dei pirotecnici furti di altrui interiorità - immaginati da uno strano ed indocile narratore, Michael Pye, la cui biografia spiega abbondantemente le inquietudini esistenziali dei sui protagonisti: storico e giornalista, inglese di nascita ma 'con ampi studi e soggiorni italiani, ora dimorante nei bagliori lusitani di Coimbra. Quando le fortune di John Costa incrociano quello del Ladro di vite, tutto sembra d'incanto fermarsi: il racconto cambia ritmo, diventa una sorta di diario intimo annotato in prima persona dal nuovo protagonista, sopraggiunto quasi inatteso, col carico delle sue pene e dei suoi affanni. Il padre di John è un emigrante portoghese misteriosamente fuggito ai tempi di Salazar che, cresciuto un figlio britannico fin nel midollo, decide di tornare inaspettatamente in patria. John, il cui matrimonio si trascina stan¬ camente nella palude educata di una relazione stanca ed ormai priva di fuochi, è in breve costretto a seguirlo perché le tracce di alcune preziose tavole del Liber Principis sottratte al museo dal professor Hart (appena prima di essere ucciso da un Martin Arkenhout inconsapevole ladro di vite beffato da un ladro di immagini, quelle cioè del pittore che seguendo ì Conquistadores disegnava i contorni del Mondo Nuovo) lo portano proprio su quelle colline aride ed assolate, ombrose soltanto di stenti di ulivi, dove il suo vecchio ha deciso di andare a morire. Inutile dire di più. Anche perché il romanzo è ben altra cosa di un pur elegante e raffinato giallo psicologico: e infatti una continua indagine di vite più che di fatti, a cui partecipa un presepe di personaggi maestosi anche nelle loro piccolezze (il capitano Mollo, l'avvocatessa Maria, i pastori ed i contadini di un sonnacchioso borgo bianco abbarbicato sul precipizio). Statuine di legno nodoso scavate in profondità, sullo sfondo di panorami immensi, immobili nella calura. Presente e passato ad intrecciarsi come voli di rondini. A costruire tracce di sogni e realtà in un cielo corrusco e luminoso nello stesso tempo. Mutevole sempre. In divenire ora lento, ora tempestoso. Mai banale o scontato. Pieno di profumi e di incendi. Di amore e di rimpianti. Piero Sotta IL LADRO DI VITE Michael Pye Tropea pp.36l L 32.000

Persone citate: Christopher Hart, Coimbra, John Costa, Martin Arkenhout, Michael Pye, Piero Sotta, Salazar

Luoghi citati: Florida