UNA SOLITUDINE SICILIANA PIÙ VELOCE DELLA LEPRE di Bruno Quaranta

UNA SOLITUDINE SICILIANA PIÙ VELOCE DELLA LEPRE UNA SOLITUDINE SICILIANA PIÙ VELOCE DELLA LEPRE ndo degli addii così i MILANO A sacralità della vita? Piuttosto è la sacralità dei riti della morte a dominare la società siciliana». Giovanni Chiara esordisce a cinquantadue anni con una storia insulare, tenebrosamente ovattata, di una lentezza atavica, che non intacca mai la tensione, il colpo sempre in canna, sempre vicino a esplodere, a inneifiiti ì lti il ppscare il girotondo degli addii, così infiniti, così avvolgenti, una spirale inesorabile come la mantide. L'agghiaccio, ovvero il giaciglio della lepre ferita a morte («In un avallamento erboso che stava accanto alla catasta di legna distinse una macchia di pelo colore del terreno macchia di pelo colore del terreno infogliato, vasta, allungata come le orecchie che sembravano cenci...»). «Un vocabolo raro, agghiaccio, intonso o quasi, più di ali ri lo userebbero i cacciatori bolognesi». Giovanni Chiara, natali milanesi, abita non lontano dalla stazione. Insegna matematica e scienze in una scuola media - e affina il vizio di scrivere. «Un vizio che va e che viene, ora lo smetto ora lo riprendo. Vorrei usare l'imperfetto, a dire il vero, vorrei d'ora in avanti pubblicare dimenti¬ cando l'ansia». Un premio l'ha dissolta, il Falazzolo al Bosco per l'inedito: «Non lo conoscevo, vi ho partecipato casualmente, inaspettatamente l'ho vinto. Pamela Viuoresi ne ha letto un capitolo, alla cerimonia, offrendomi un'emozione che continua». «Don Gaetano, che conosceva tutte le paure della terra, mi sentiva di non avere più nulla da perdere...». Ecco l'anima arata da Giovan¬ ni Chiara, condotta lungo un sentiero irreclimibile, mille volte e mille volte ancora battuto, inciso, suggellato. Già direttore di un ufficio postale, vedovo, «fedele al proprio personaggio di normanno freddo e indecifrabile», fronteggia giorno dopo giorno la discesa nel gorgo del figlio Corrado. «Debiti di gioco, debiti d'onore» io assillano, via via lo stringono d'assedio, fino a stritolarlo, e con lui il genitore. E' il soffio della mafia a scandire L'agghiaccio. Echi di Sciascia? «Sciascia era didascalico, lo caratterizzava un passo pedagogico, la necessità di istruire... Io, semplicemente, o drammaticamente, respiro un clima e lo deposito sulla pagina». Respiro d'antan: «E' dagli Anni Sessanta che non scendo m Sicilia. Né prima vi ero stato molte volte. Villeggiature di due, tre settimane, nel paese-presepio paterno, non lontano da Caltanissetta. Assorbivo, spugneggiavo sguardi, fatti, umori. Recitavo il locale copione, Come le visite ad amici e parenti, che mi venivano restituite alla vigilia della partenza. Come la giacca di rigore nonostante il caldo estremo, una tortura comunque, figurarsi per un ragazzo. Gustavo la libertà all'alba: padrone assoluto della campagna, in fuga dagli obbligati itinerari, geografici e no». Ieri e oggi. Immutabile la mentalità mafiosa. «Vigono regole ancestrali - spiega Giovanni Chiara -, sedimentatesi quando ancora non esistevano le leggi, vitalissime di là d'ogni codice». Ilprogresso beninteso c'è, filtra, cambia la gente, ma non cessa di obbedire ai richiami barbari, ai tremendi impeti del sangue: «Da queste parti col cemento non si fanno solo viadotti e gallerie, ma anche bare». Don Gaetano e la lepre. L'agonia li affratella, in forza del comune, tragico (o inevitabile?) destino si riconoscono, fino a condividere «un precipitare di nubi e cielo, un rimescolarsi di rami e fronde, e un morbido caldo». Ma perché il dolore, lo sdegno, la rabbia non esplodono, dilaniando omertà, consuetudini, crudeltà? Perché a premere il grilletto non è il dito, ma il fato. «In molti luoghi la vita è come una partita a dama, che è un gioco praticabile da qualunque bambino di sei anni, le sue regole si apprendono con facihtà. In Sicilia, invece, si vive come si giocasse a scacchi, che è un gioco che qualche bambino di sei anni potrebbe saper giocare, ma resta da vedere come e di che bambino si tratta. Per chi sbaglia, c'è la pena (...) La pena può sembrare la morte. Non è. La morte rappresenta l'appendice ultimai...). La vera pena per chi sbaglia, invece, si chiama solitudine». Don Gaetano la incarna, la nobilita, la nutre, la eleva a pietra angolare di un riscatto che aspetta d essere incoronato dal Fato. Bruno Quaranta L'esordio di Giovanni Chiara: debiti di gioco e d'onore in un paese-presepe dove le regole ataviche sono più forti delle leggi L'AGGHIACCIO Giovanni Chiara Marsilio pp. 185 L 25.000 Giovanni Chiara, insegnante, esordisce a 52 anni con una storia di mafia (foto Cerchio!!)

Persone citate: Fato, Giovanni Chiara, Giovanni Chiara Marsilio, Pamela Viuoresi, Sciascia

Luoghi citati: Caltanissetta, Milano, Sicilia