SCRITTORI, PRENDETE IL BESTSELLER A MODELLO

SCRITTORI, PRENDETE IL BESTSELLER A MODELLO Parliamone SCRITTORI, PRENDETE IL BESTSELLER A MODELLO IL successo di Andrea Camilleri, ormai da più di un anno tra i primi nel top ten non solo con i romanzi, di nuova fattura ma anche con quelli scritti dieci, vent'anni fa (allora non riconosciuti), ci induce a fare qualche riflessione sulla natura del best-seller. Si dice che il romanzo che vende centinaia di migliaia di copie (comunque che ha successo di pubblico) appartiene alla paraletteratura, cioè a una scrittura commercialmente interessante ma priva (povera) di valori letterari. E' una affermazione che è difficile contestare ma ncn dal punto di vista del principio che esprime ma dell'esperienza di cui è deduzione. In altre parole è vero che in genere i best-sellers sono libracci per il gusto facile del pubblico ma non è sempre così. E per quelli che non è così i motivi (del successo) sono opposti a quelli (sopra) denunciati. Prendiamo per esempio La concessione del telefono di Camilleri o // nome della rosa di Eco (che hanno reso i loro autori miliardari). Certo anche per questi due romanzi la critica italiana anzi l'umanità (italiana) che scrive non rinuncia a esercitare con sufficienza il giudizio, sospettandoli di furbizia mercantile. Ma in tanta severità non è difficile cogliere un atteggiamento di difesa nutrito di sentimenti non nobilissimi e di volontà di non turbare i propri sonni tranquilli. In realtà tanto La concessione che La rosa se di una colpa possono essere accusati è di esibire un eccesso di letteratura, la prima impegnata in una rivoluzione linguistica che non ha uguali nella storia attuale della nostra letteratura, la seconda frutto maturo (e felice) di una tecnica combinatoria raccomandato dalla riflessione estetica più avanzata. E altre prove di forti impegni formali premiati dal successo possiamo trovare in un passato un po' meno recente: sto pensando allo stesso Pasticciaccio che alla sua prima uscita in volume vendette oltre cinquantamila copie (per allora un trionfo) e a Se una notte d'inverno... di Italo Calvino che profittò di una sorte non diversa. Ma allora perché in Italia nascono così pochi romanzi di successo e quei pochi sono in genere romanzacci? Perché gli scrittori italiani mancano di talento e di cultura: intanto non sanno scrivere romanzi (che è il limite della nostra tradizione letteraria più versata nella poesia che nella narrativa) e poi sono estranei alle pratiche della conoscenza critica. Dire loro che un testo, qualsiasi testo letterario (di valore durevole) è comunicazione di rapporti l'orinali, non di significati equivale a insultarli (anzi a essere insultati di velleitarismo o, al meglio, di provocazione). Dire loro che un testo si fa, si costruisce secondo obiettivi e regole - secondo una intenzionalità formale - vale dire una triviale bestemmia. Loro sono seri e sinceri: e allora poche chiacchiere: quando scrivono è per raccontare le povere storie del loro cuore afflitto, dell'io dolente, dei loro avari sogni. E' per esplorare il loro più stretto sei/scambiandolo per il mondo. Per questa strada non solo non scriveranno mai best-seller ma nemmeno libri appena leggibili (che ha qualche senso pubblicare). Angelo Guglielmi

Persone citate: Andrea Camilleri, Angelo Guglielmi, Camilleri, Eco, Italo Calvino

Luoghi citati: Italia