Serbia, in diecimila alla protesta vietata

Serbia, in diecimila alla protesta vietata e da Belgrado il Presidente promette riforme, mercato e la ricostruzione entro novembre Serbia, in diecimila alla protesta vietata La prima manifestazione contro Milosevic a Cacak Ingrid Badurina ZAGABRIA Malgrado il divieto della polizia, diecimila persone hanno partecipato ieri pomeriggio alla prima manifestazione di piazza contro il regime di Milosevic dopo i bombardamenti della Nato nella città di Cacak, cento chilometri a Sud di Belgrado. Organizzato dall'Alleanza per il cambiamento, coalizione di diversi partiti dell'opposizione, il raduno si è svolto senza incidenti, anche se l'improvvisa esplosione di un ordigno sistemato sotto una macchina ha fatto temere il peggio. Poco prima un petardo lanciato in mozzo alla folla da un probabile sostenitore di Milosevic aveva seminato il panico tra i manifestanti. Relativamente pochi gli agenti di polizia che presidiavano la piazza, ma tutte le strade di accesso a Cacak sono stato bloccato da ingenti forzo dell'ordine che hanno rimandato indietro decine di pullman con i dimostranti provenienti da Belgrado e da altre località della Serbia. A un posto di blocco è stato fermato anche un autobus con i giornalisti stranieri che volavano seguire la manifestazione. Poche oro prima de) raduno la polizia aveva convocato in questura Milan Kandic, uno degli organizzatori della protesta, «sollecitandolo» a rovocaro la manifestazione. Uno dopo l'altro i capi dell'opposizione sono sfilati davanti al microfono criticando duramente il presidente jugoslavo. «L'intera responsabilità por questa miseria è di Slobodan Milosevic. E' il maggiore responsabile; par la catastrofe bollica od economica e della fame», ha affermato Vuk Obradovic, ex generale dell'esercito jugoslavo e leader del partito socialdemocratico. Dopo 43 giorni in cui e rimasto nascosto per sfuggire alla polizia jugoslava, è riapparso in pubblico Velimir Ilic, sindaco di Cacak, città che conta settantamila abitanti. «Milosevic ha fatto sì che la Serbia si vergogni del suo stesso nome», ha detto Ilic, che durante i bombardamenti della Nato aveva accusato le truppe jugoslave di piazzare i loro armamenti nei pressi dei centri abitati per farsi scudo con la popolazione civile. 11 coordinatore dell'Alleanza per il cambiamento, Vladan Batic, ha annunciato che dopo la manifestazione di ieri dal 5 luglio verranno organizzati raduni di protesta ih altre venti città della Serbia Centrale. «Comincerà inoltre la raccolta di firme per chiedere le dimissioni di Milosevic. Abbiamo due obiettivi: il suo allontanamento e la rapida organizzazione di elezioni libere e democratiche», ha detto Batic, aggiungendo che bisogna convogliare la grande insoddisfazione dei cittadini serbi in una direzione positiva per «non lasciare che questa rabbia prenda strade sbagliate». Da Belgrado è arrivata quasi in contemporanea una risposta a sorpresa dallo stesso Milosevic. Annunciando imminenti riforme, il Presidente ha promesso a tutti coloro che hanno perso la casa sotto le bombe alleate che avranno un alloggio nuovo entro novembre. «Entro quella data ricostruiremo tutte le abitazioni, le strade e i ponti distrutti», ha detto, sottolineando chela priorità del suo governo sarà quella di sviluppare l'economia di mercato e di riallacciare i rapporti economici e culturali con tutti, e in particolare con i Paesi democratici e progressisti. «L'unità mostrata nell'eroica difesa della nostra nazione rappresenta una grande eredità che dev'essere riaffermata in questo periodo di ricostruzione e di riforme», ha continuato, lanciando un appello all'unità di tutti i partiti politici. Poche ore prima aveva ottenuto il tacito appoggio di Vuk Draskovic, capò del Partito del rinnovamento serbo, considerato da sempre il principale leader dell'opposizione serba. «Bisogna dare un'altra chance a Milosevic a condizione che effettui un rimpasto di governo», ha detto Draskovic continuando il suo gioco dell'altalena, prima contro e poi con il potere. «Abbiamo deciso come partito di offrire un'opportunità alla ragione, al senso comune e all'accordo politico per avviare immediatamente la costituzione di un governo democrati co riformista di transizione». La grande manifestazione contro il presidente jugoslavo nella città di Cacak

Luoghi citati: Belgrado, Cacak, Serbia