IL TORTO DELLA STORIA di Igor Man
IL TORTO DELLA STORIA IL TORTO DELLA STORIA Igor Man LA (scontata) condanna a morte di Abdullah Ocalan, detto Apo, è uno sputo nell'oceano della Storia. Annega, dissolvendosi subito, nell'immenso mare del tempo, ma là dove arriva colpisce, ancorché nell'effimero dell'onda mediatica. Colpisce e fa male. Perché priva up uomo del bene più alto: la vita. Il fatto che Caino non abbia saputo mai rispondere direttamente all'interrogativo terribile del Padre: «Cosa ne hai fatto di tuo fratello Abele?», è la dimostrazione netta di come togliere la vita a un uomo (con una sentenza di tribunale ovvero esercitando «violenza privata»), sia il più -,■' un ,„ sacrilego dei delitti. Ciò detto va preso atto che: a) la legge turca prevede la condanna a morte, per altro non eseguita da più di 10 anni almeno, b) Che Apo per il governo (legittimo) di Ankara e per non pochi turchi è soltanto un miserabile ribelle assassino; un traditore della patria combattendo egli, alla testa del Pkk, contro la Turchia un'annosa guerra senza misericordia; se non bastasse, Ocalan è un comunista dichiarato. Dal punto di vista dei turchi, per tanto, la cattura del leader curdo (mollato dai siriani su esortazione del Cremlino, venduto dai kenyoti ai Servizi di Ankara grazie ai buoni uffici della Cia e del Mossad) fu, ieri, una azione militare dettata dallo «stato di necessità», e la sua condanna è, oggi, «un atto di giustizia». Che, poi, all'Italia, all'Europa, al Vaticano eccetera la condanna a morte ripugni è Un altro discorso. (Ricordando, tuttavia, come noi la condanna a morte l'abbiamo abolita solo l'altro ieri). D'altra parte, il fatto che in diversi Stati dell'America venga comminata la pena di morte con varianti di metodo che la rendono se possibile più turpe, non cancella la nostra gratitudine verso il Paese che ci ha liberato dal nazifascismo. Ma ci consola che fino a non molto tempo fa i ladri di cavalli, negli Stati Uniti, li impiccavano a un albero mentre oggi il dibattimento penale è un giusto processo. Né ci stupisce che per non pochi turchi (non parliamo dei IL DIRITTOUn principioa chi bussaGiovanni Marialupi grigi o jene nere) Apo e i suoi guerriglieri siano «delinquenti comunisti». Anche noi, giovani partigiani d'ogni colore politico, eravamo per i tedeschi «sporchi comunisti-badogliani». (Per non parlare di Garibaldi, un brigante per i Borboni e non soltanto per loro). Quel che fa la differenza è che a noi della Resistenza (piccola, minoritaria, senz'altro enfatizzata ma in ogni caso una spina nel fianco della Wehrmacht) la Storia ha dato ragione, così come l'aveva data a un altro fenomeno storico italiano, anch'esso di minoranza, enfatizzato la sua parte: il Risorgimento. Ai curdi, invece, la Storia ha dato sempre torto. Una nazione orfana di se stessa, un Paese che non c'è: ecco i curdi. Un po- ALLA VITA da ricordare a Bruxelles ck A PAGINA 6 polo di 25 milioni di persone aggrappate alla loro terra d'origine e tuttavia senza patria, benché unite da una lingua propria, da una cultura severa: dalla musica alla poesia. Musulmani ma di ceppo indopersiano; ariani della montagna. Una disgrazia antica, un tradimento eterno. Di •seguito allo sfascio dell'Impero ottomano, il trattato di Sèvres (1920) «previde» un Kurdistan indipendente. Resterà lettera morta per la vittoria di Mustafà Kemal. Ancorché appoggiato dai curdi nella sua lotta di indipendenza, il futuro Atatùrk costruirà uno Stato «essenzialmente turco e moderno» le cui prime vittime saranno proprio i curdi. Infine, nel 1923, col trattato di Losanna, il Kurdistan viene smembrato in cinque parti. E comincia una disperata lunghissima, confusa battaglia irredentista. Il Pkk è il movimento che più accanitamente combatte «per un Kurdistan libero», anche se alla fine, come ha detto Apo in tribunale, basterebbe «una giusta autonomia». Ma per i turchi i curdi non esistono. Sono semplicemente «turchi della montagna» e vien negato loro perfino di parlare la propria lingua. Giusta la lezione di Atatùrk, l'esercito turco, «custode della nazione», sembra deciso a sterminare gli irredentisti curdi, in particolare quelli del Pkk. La condanna di Apo non chiude la partita. Rischia, al contrario, di moltiplicare selvaggiamente la negazione dei diritti umani, col risultato di allontanare sempre di più la Turchia dall'Europa.
Persone citate: Abdullah Ocalan, Borboni, Mustafà Kemal, Ocalan
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