Ma l'astensionismo non ha colore di Raffaella Silipo

Ma l'astensionismo non ha colore Di sinistra a Bologna, di destra a Milano. E il calo al ballottaggio è fisiologico Ma l'astensionismo non ha colore Raffaella Silipo PER l'ampio schieramento che va dalla Radio Vaticana al padre nobile del manifesto Valentino Parlato non ci sono dubbi: l'astensionismo di domenica (41,7%, nuovo record) ha «sicuramente» influito sul voto, tanto più che molte sfide si sono decise per poche migliaia di voti. E siccome altrettanto «sicuramente» ad avvantaggiarsi del voto è stato il Polo (che di tre province che aveva se ne ritrova 16, nonché 5 Comuni partendo da zero) sembra che stavolta il flusso elettorale dissangui il centrosinistia, vera diserzione «gauchiste» dall'urna. Ma è davvero così? E' proprio vero che, come dice Parlato, «la perdita di passione politica penalizza soprattutto a sinistra, dova gli elettori erano tradizionalmente più motivati»? E che, come sostiene il direttore di Datamedia Enrico Crespi, «l'astensionismo è soprattutto progressista perchè oggi in Italia la sinistra tutto è meno che di sinistra»? Oppure ha ragione il presidente Directa Giorgio Calò, per cui «l'astensionismo non ha colpito nessuno in particolare, è un fenomeno trasversale»? L'analisi dei dati, dice Stefano Draghi di Explorer, non permette generalizzazioni: «Domenica l'astensionismo ha colpito sia a destra che a sinistra. Dove le coalizioni non avevano una proposta politica convincente i cittadini, pur di non cambiare schieramento, non hanno votato». Il calo, oltretutto, è fisiologico al ballottaggio «perchè chi si riconosce nei candidati eliminati al primo turno non ha forti motivazioni per votare». I leghisti, per esempio - eccettuata Bergamo dove erano direttamente coinvolti -, avranno di certo fatto «fughino», nonostante gli appelli bossiani a sostenere questo o quel candidato: «Appelli che lasciano il tempo che trovano - commenta Draghi -, perchè i cittadini non ascoltano più i leader», Se dunque a Bologna e Bergamo si è astenuta la sinistra, a Torino e Milano ha «bigiato» la destra, in una mappa complessa e variegata del voto e del non voto. A Bologna, dove ha votato il 67,7% dei rittadini (con un calo dell'11,2% rispetto al primo turno), «l'astensionismo è stato certamente di sinistra - dice Draghi - altrimenti non si spiegherebbe come Silvia Bartolmi abbia perso i 5 punti di vantaggio che aveva al primo turno su Giorgio Guazzaloca, in assenza di "terzi incomodi" come la Lega. Evidentemente la candidatura non convinceva a fondo i bolognesi». A Torino, invece, dove ha votato solo il 36,1% dei cittadini, Mercedes Bresso ha considerevolmente aumentato, da 5 a 10, i punti di vantaggio su Alberto Ferrerò. «Il che significa - continua Draghi - che innanzitutto non ha funzionato l'asse PoloLega e i leghisti a votare non ci sono proprio andati. Poi c'è stato anche un astensionismo nel Polo, per le identiche, e speculari, ragioni che giocavano contro Bartolini a Bologna: nei ballottaggi la scelta della persona giusta è fondamentale». Astensionismo di destra anche a Milano (dove ha votato il 37,2%) nonostante Ombretta Colli abbia vinto il duello con Livio Tamberi. «Ma molto, troppo di misura - nota Draghi - al primo turno aveva più di cinque punti di vantaggio, ha vinto solo per una manciata di voti. Anche qui è stata peri sicuramente scarsa la partecipazione leghista». Cosa che invece non è accaduta a Bergamo, votanti in media nazionale (41,7%), dove i quattro punti di vantaggio del Polo sulla Lega si sono trasformati in 1500 voti di scarto. «I leghisti ai sono mobilitati in massa - dice Draghi ma non è bastato. L'astensionismo, qui, è stato soprattutto a sinistra: d'altronde perchè l'elettore di sinistri! dovrebbe sentirsi motivato a scegliere tra Polo e Lega?» Del resto, nota anche il direttore dell' Abacus Nando Pagnoncelli, «non votare è una precisa scelta politica». Una scelta che, lentamente ma fisiologicamente, conquista sempre più italiani, vuoi per il crollo delle ideologie, vuoi per il distacco dalla cosa pubblica vissuta come puro gioco di potere. «E il minor coinvolgimento, oggi, penalizza la destra come la sinistra - conclude Draghi -, non è più vero che l'impegno è solo progressista. Con Berlusconi settori del Paese tradizionalmente "freddi" hanno scoperto la passione politica». Medaglia che, naturalmente, ha il suo rovescio. L'elettore è esigente e la sua delusione si paga subito. Cash. Draghi: non si può generalizzare I leghisti hanno disertato le urne a Torino ma hanno votato a Bergamo