«toro sono stati più bravi»

«toro sono stati più bravi» «toro sono stati più bravi» L'autocritica nel clan azzurro Gianni Blslo «Cosa vuol farci? Loro sono più bravi, portano la gente a votare, noi no». Alberto Ferrerò, nel quartier generale della sua campagna elettorale, in via Lamarmora, non nasconde la delusione quando, poco dopo le 23, riceve dai suoi collaboratori i primi dati sulla città e sulla provincia. Già al primo turno aveva espresso qualche dubbio siili'«attivismo» di qualche partito che componeva la sua coalizione. Le sezioni sono ancora poche, ma il risultato è indicativo. «Lo scarto ancora superiore a quello del primo turno, anche se quel che stupisce è la bassa percentuale dei votanti», aggiunge. All'inizio, quando erano arrivati alcuni comuni piccoli, c'era stato un momento di euforia. Ma la città ha ridimensionato: 55,3 contro 44,7. Soprattutto, secondo Ferrerò, è stata la scarsa affluenza a penalizzarlo: «La gente ha preferito andare al mare che cambiare registro». Su un tavolo c'è la celebre poesia dei «se» di Rudyard Kipling. La moglie di Ferrerò, Vanda Pendoli, a lungo presidente dell'Aidda, l'associazione delle donne dirigenti d'azienda, principale sùpporter del candidato presidente, ne sottolinea un passo: «Se sai incontrarti con il successo e con la sconfitta e trattare questi due impostori proprio allo stesso modo ». L'«im- nestore» che esce dalle urne del ballottaggio per Alberto Ferrerò è la sconfitta. Che cosa ha trovato di positivo in questa lunga e difficile campagna elettorale? Il mancato presidente risponde senza esitare: «Il contatto con la gente, gli amici che si sono fatti vivi, che mi hanno aiutato. Aver capito che la candidatura era condivisa: talvolta coso assurde agli occhi dei più, come la mia uscita in politica, appaiono poi comprese dagli altri». E l'elemento peggiore della campagna elettorale? Questa volta Alberto Ferrerò esita un po', poi si sfoga: «Aver visto dei risvolti della politica che non mi aspettavo e che poi mi hanno spiegato essere normali. Come gli attacchi personali che certamente non interessano a chi deve votare». Il riferimento è quello che eufemisticamente è stato defunto una «ca¬ duta di stile» sulla vicenda di Torino 2006, la corsa all'attribuzione dei meriti, ma soprattutto gli attacchi sull'inchiesta aperta sul Coni che ha visto Ferrerò autosospeso ma che è servita, soprattutto al senatore Di Pietro, ex magistrato, per lanciare l'ombra del sospetto. Ma Ferrerò vuole ancora precisare che l'indagine è partita sul Coni provinciale e non sul regionale: «La commistione può aver ingenerato errori». Prima di partecipare a questa corsa elettorale aveva mai sentito parlare dell'ente Provincia? Sia sincero fino in fondo. Ferrerò sorride: «Molto poco come privato attedino, forse di più come presidente del Coni regionale». Aveva già pensato a come formare una giunta? La risposte è immediate: «No, per scaramanzia». Ma è una cosa importante... «Prima si sceglie l'uomo, poi la squadra, soprattutto per un ente come la Provincia che ha sempre maggiori competenze e funzioni». Lei è un commercialista: è più facile avere a che fare con il «modello Unico» o con la politica? «Per me è più semplice interpretare l'Unico, la politica mi sembra cosi confusa». Siederà sui banchi dell'opposizione o abbandonerà del tutto l'avventura della politica? «Faremo un'opposizione molto tecnica, ma l'impegno con gli elettori lo manterremo». «Hanno portato la gente alle urne. I nostri invece hanno preferito andare al mare»

Persone citate: Alberto Ferrerò, Di Pietro, Rudyard Kipling

Luoghi citati: Torino