■Parolaio- di Pierluigi Battista

■Parolaio- ■Parolaio- Pierluigi Battista LA DONZELLETTA. Ma che nostalgia del pudore di una Volta, della modestia del tempo che fu, dell'autoironico non prendersi troppo sul serio di quando la Berta filava. Il caso di Mogol, per esempio. Bruno Lauzi ha mandato una lettera al Foglio manifestando tutto il proprio comprensibile sconcerto perché «il Centro di studi leopardiani di Recanati ha solennemente dichiarato che Mogol è l'erede diretto di Giacomo Leopardi». E che fa il grande paroliere di Lucio Battisti: forse con un minimo, ma solo un minimo di rossore prende la cosa con divertito understatement? Mostra un pizzico di imbarazzo per l'incauta genealogia? Esprime un po' di garbato dissenso con lo sgradevole zelo postmodernista messo in luce dagli estrosi loopardisti di Recanati? Macché, senza pudore, senza understatement, senza autoironia, il fortunato vincitore della lotteria di Recanati manda alle agenzie un piccato comunicato contro Lauzi: «Mi dispiace che questi primi riconoscimenti alla cultura popolare siano accolti con tanto dispiacere da coloro che la rappresentano». I maestri sono sempre meglio degli epigoni: non era molto più simpatico Leopardi? (E forse anche più bravo?) CHI FA LA SPIA, La Repubblica dedica un ampio articolo di Paola Sorge all'uscita del nuovo libro della scrittrice tedesca Christa Wolf, che un tempo, si legge, «era considerata la regina della cosiddetta letteratura della Repubblica Democratica Tedesca». Si legge anche che laGiulio Rapetti Wolf, a lungo collaboratrice con il lezioso nome in codice «Margarete» della Stasi, la potente e temibile polizia segreta della Germania Est, non smette un momento di «criticare, di deplorare il vuoto di idee e di ideali del nostro tempo, né di sperare in una società migliorare». Sacrosanta la speranza «in una società migliore». Giusta la deplorazione del «vuoto di idee e di ideali» del nostro tempo. Ma non sarebbe anche giusto, ancorché sacrosanto, che chi ha collaborato con una delle più terribili polizie segrete mai conosciute interponesse un congruo periodo di autoespiatorio silenzio prima di lanciarsi in apocalittiche prediche sulla y corruzione mora¬ le dei nostri tempi? Solo per una elementare questione di stile e buon gusto, beninteso. O no? Mogol LIBRO E CORSETTO. Il Secolo d'Italia, organo di Alleanza Nazionale, fa decisamente il tifo per il romanzo Ricordati di dimenticarla di Corrado Calabro, avversario nella cinquina finalista per il premio Strega della favorita Dacia Marami, beniamina, a leggere il quotidiano di An, di un tenebroso «potere editoriale». Il curioso della faccenda è che, dato il contenuto decisamente «spinto» e insomma pure un po' «sboccato» di taluni passaggi del romanzo di Calabro, il Secolo si lancia in una filippica ideologica a favore non solo del libro, ma soprattutto dei contenuti «spinti» e pure un po' «sboccati» di cui sopra: «cosa c'è da scandalizzarsi? Scagli la prima pietra chi non ha cercato un rapporto di passione come Calabro ce lo racconta. Scagli il primo masso chi non ha sognato, e non una volta, di essere protagonista, in una scena che si legge nel romanzo». Non una volta, per carità. jy Giulio Rapetti, «Mogol

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