Il fantasma di Ghino insegue ancora Bettino

Il fantasma di Ghino insegue ancora Bettino Nel romanzo storico dell'ex leader Psi sul brigante di Radicofoni l'autobiografìa di un uomo sconfìtto Il fantasma di Ghino insegue ancora Bettino Fabrizio Rondollno GHINO di Tacco, lo ricorderanno tutti, era lo pseudonimo con cui Bettino Craxi firmava i suoi corsivi sull'.4vanfi.' A Ghino l'ex leader socialista ha dedicato un romanzo storico (Ghino di Tacco. Gesta e amistà di un brigante gentiluomo, Koiné, pp. 141, L. 21.000) che riserva qualche sorpresa. La storia è presto riassunta: figlio di Tacco, senese di fede ghibellina e, per questo, giustiziato dal Comune guelfo, Ghino decide di darsi alla macchia: per vendicare il padre, e per non disperderne l'eredità politica. Raduna intorno a se una banda di ribelli ed espugna la rocca di Radicofani, ai cui piedi scorre la via Francigena, che conduce a Roma: Ghino impone il proprio «pedaggio» a chiunque vi transiti. Il sogno di Ghino è ricostituire la forza e lo splendore dei ghibellini sconfìtti e dilaniati da lotte intestine; nel frattempo esercita le virtù del buongoverno sul villaggio di Radicofani. Quando Bonifacio Vili, finallora suo nemico, gli offre un incarico di prestigio a Roma, Ghino lascia Radicofani e s'installa per tre anni nella capitale. Al suo ritorno troverà una Radicofani molto diversa: «Una volta - è Ghino stesso a parlare - quando ci si impadroniva dei beni dei guelfi lo si faceva per rendere un atto di giustizia pei soprusi subiti. E ora? Che fa Nerio, il mio luogotenente? Continua a taglieggiare, ma non dà alla lotta, né ai poveri. Ci sarà, statene certi!, qualcuno che dirà prima o poi: "I ghibellini di Ghino di Tacco sono solo dei volgari ladroni". Questo si dirà, ed è questa una cosa drammatica che mi disarma e mi distrugge». Ghino di Tacco è giunto in libreria nel più grande silenzio. In un paese profondamente cattolico come il nostro, che conosce le virtù lenitive dell'oblio e che è sempre pronto al perdono, non si riesce a collocare un uomo così strutturalmente e caratterialmente renitente al pentimento come Craxi; il quale a sua volta, quasi inebriato dal ruolo di capro espiatorio che il naufragio della Prima repubblica gli ha inconfessabilmente assegnato, non sembra far nulla, ma proprio nulla, per addolcire d'un poco il giudizio per nulla lusinghiero che l'opinione pubblica na pronunciato su di lui. Vale però la pena leggere questo libro perché ne esce un ritratto dell'autore non del tutto allineato alla pubblicistica corrente. O come se Craxi, ripercorrendo attraverso le vi- cende di Ghino le sue proprie, si trovasse oggi su un crinale psicologicamente decisivo. O come se Craxi sentisse di dover spezzare un cerchio magico che lo risospinge ogni volta verso un passato di cui, intorno a lui, nessuno sembra più curarsi davvero: ma fatica a riuscirci, e ci riesce soltanto in parte. Da qui il tono malinconico del libro. Il solo amore di Ghino è Gemma, nobile senese. Quando s'incontrano per l'ultima volta Ghino amaramente riflette: «Desiderava forse una vita comune fra uomini comuni, senza più fughe, battaglie, razzie e senza gli intrighi e le malvagità della politica. Avrebbe potuto vivere in modo semplice e sereno. (...) Poi i due innamorati si lasciarono. Gemma si diresse verso nord per tornare a Siena, e Ghino verso sud-est alla volta di Radicofani». In questo addio si compie un destino: Ghino non avrà mai una vita «semplice e serena», prevarranno invece le «malvagità delle politica». A Ghino, naturalmente, la politica e il potere e la ricchezza piacciono: però in quell'incontro furtivo - non importa se e quanto autobiografico - c'è la chiave di tutto il libro. Perché però Craxi - o Ghino per lui - non si chiede come mai i ghibellini son finiti così male? La dinamica dei fatti, per dir così, è chiara: Craxi ripete più volte che «le idee di progresso camminano purtroppo anche sul selciato dei denari», ed è vero. Bisognerebbe chiedersi se davvero le «ruberie» siano il solo mezzo per finanziare la «lotta». Ma non è questo il punto. Il punto è che i ghibellini dopo un po' cominciano a rubare per «avidità» e addirittura per «semplice ladroneria cialtrona». Ghino se ne accorge, ma fa finta di nulla perché «temeva le divisioni e la debolezza che ne sarebbe derivata». Però l'unica spiegazione che ci vie¬ ne data è psicologica, solcata dal pessimismo, ma un poco riduttiva: «Gli uomini fanno presto a cambiare, a tradire anche gli ideali quando non vengano trattenuti, guidati o spronati da chi conosca le debolezze umane e sappia trattarli con la durezza dell'esempio». Il Ghino di Craxi è un eroe romantico, forte e burbero, generoso e intrepido, leale e persino ingenuo, che ama la battaglia e la giustizia. La malinconia profonda che attraversa queste pagine, tuttavia, ne stempera gli aspetti più irritanti o stonati, e alla tragedia sostituisce piuttosto un'altra immagine, un'altra tonalità: la vanità delle vicende umane, il capriccio del caso, o del destino, che infine fa giustizia del titanismo delle idee e dei gesti, riconsegnandoci un uomo come tanti, «solo con i suoi sogni», stanco e sconfitto ed espulso da un gioco molto più grande della piccola Radicofani. SOLO per leggere i nuovi temi di maturità ci vuole una discreta manciata di minuti. E quanti degli esaminandi sanno leggere una tabella, come quella acclusa con dati e numeri? La nostra scuola non insegna a calcolare dati, confrontarli, gestire il tempo di un esame. Ma almeno i ragazzi del '99 potranno a lungo sfottere i fratelli maggiori «Noi abbiamo dato tutte le materie, non solo due come voi, mollaccioni». Sono i pionieri, e nessuno toglierà Jorp. questo titolo; non è poco. h II monumento dedicato a Ghino di Tacco a Radicofani, nel pressi di Slena. Nella foto In alto l'ex segretario del Psi Bettino Craxi. Il leader socialista firmava i suoi corsivi politici suli'oAvanti!» con lo pseudonimo del brigante medievale

Persone citate: Bettino Craxi, Bettino Fabrizio Rondollno, Bonifacio Vili, Craxi