Un flirt a distanza tra Assad e Barak di Aldo Baquis

Un flirt a distanza tra Assad e Barak Due interviste affiancate su un giornale arabo riaprono la speranza di un accordo Un flirt a distanza tra Assad e Barak «Ha creato una Siriaforte», «E'un uomo di pace» Aldo Baquis TEL AVIV Fra Siria e Israele inizia il grande disgelo. In un'intervista concessa al suo biografo britanni'"* Patrick Sealo, il presidente Hafez Assad ha riconosciuto al neo eletto premier israeliano Ehud Barak di essere «un uomo forte e sincero, che appare intenzionato a fare la pace con la Siria a un ritmo ben studiato». Complimenti senza precedenti da parte del leader siriano verso qualsiasi dirigente dello Stato ebraico. Due settimane fa Barak, ricevendo Seale a Tel Aviv, aveva da parte sua fatto l'elogio di Assad rilevando che questi «ha saputo edificare una Siria forte, indipendente, sicura del fatto suo». «La mia politica - aveva confidato al giornalista britannico - consiste nel rafforzare la sicurezza di Israele mettendo fine al conflitto con la Siria. Dobbiamo sforzarci di fare una pace da coraggiosi». Ieri Seale ha creato un dialogo diretto fra Barak e Assad pubblicando le due interviste, fianco a fianco, sul quotidiano internazionale arabo «Al-Hayat». «Israele e Siria non sono mai stati così pronti a raggiungere un accordo», ha commentato Seale. Ma a Gerusalemme Barak è da settimane invischiato nel tentativo di costituire una coalizione di governo solida ed estesa il più possibile. I suoi emissari stanno adesso concentrando gli sforzi sul Likud. Ariel Sharon, leader provvisorio del partito dopo le dimissioni di Benyamin Netanyahu, ha già dato un assenso di principio in cambio della sua nomina a un incarico di rilievo: probabilmente, ministro delle Finanze, dato che Barak ha promesso il ministero degli Esteri a David Levy. Dietro la sorprendente intervista di Assad c'è un lungo e paziente lavorio diplomatico intrapreso da numerosi mediatori fra i quali l'europeo Miguel Angel Moratinos e - ancora nei giorni scorsi - dall'ex segretario di stato James Baker e dall'ex ambasciatore Edward Djeredjan. «Abbiamo la forte impressione - ha concluso Assad • che la porta si sia largamente aperta». In seguito alle elezioni in Israele, a suo parere, «si è verificato un cambiamento, c'è un volontà reale di pace» che è corrisposta dalla Siria, la quale - ha assicurato «vuole la pace anche subito». Fra Israele e Sina i negoziati di pace sono congelati da quasi quattro anni. Negli anni scorsi, ha confermato ieri per la prima volta Assad, Benyamin Netanyahu gli ha inviato ripetuti messaggi: «Ma era solo una perdita di tempo». La Siria - ha ricordato ieri il quotidiano di Damasco «Ath-Thawra» - insiste per un ritiro israeliano dalle alture del Colar, fino alle linee del 4 giugno 1967. Israele perderebbe così il controllo del monte Hermon (da cui si domina lo spazio aereo di Damasco), esporrebbe la Galilea occidentale a una minaccia convenzionale siriana e rinuncerebbe a preziose risorse idriche. Nei colloqui israelo - siriani di Wye Plantation, i generali delle due parti discussero ùi dettaglio un pacchetto di misure di sicurezza, fra cui la smilitarizzazione delle zone di confine e l'installazione di stazioni di preallarme. Della delegazione israeliana faceva parte anche Barak, in qualità di comandante dell'intelligence militare. La decisione di un ritiro dal Golan, ha detto Barak nella campagna elettorale, non potrebbe essere presa dal solo governo: necessiterebbe di certo un referendum popolare. Nel suo ufficio le dichiarazioni di Assad sono state accolte ieri con grande soddisfazione. Più scettico si è mostrato il ministro della difesa Moshe Arens, secondo il quale i negoziati non potranno decollare fintanto che la Siria esige, come preoondizione, un impegno di principio israeliano a ritirarsi dall'intero territorio del Golan. Addirittura gelida, poi, la reazione di Yitzhak Shamir: «Assad è sempre stato disposto a elargire complimenti - ha detto l'ex premier del Likud - pur di ricevere in cambio generose porzioni di terra». La svolta mentre il premier tenta di coinvolgere il Likud nel governo